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 2013  giugno 06 Giovedì calendario

TOKIO, IL MERCATO NON CREDE A PROMESSE DI CARTA

Dopo qualche giorno di montagne russe, il mercato azionario giapponese si è assestato. L’aumento del 50 per cento fatto registrare nell’ultimo anno dal Nikkei, l’indice della borsa giapponese, si è infatti dimezzato in due sole settimane. La frenetica corsa al rialzo ha lasciato il posto ad una robusta correzione al ribasso. Perché il boom prima e perché il tracollo ora? Come è possibile che la borsa oscilli tanto in poche settimane durante le quali sono usciti pochi e relativamente insignificanti dati sull’evoluzione dell’economia giapponese? Tra le possibili risposte, una che va per la maggiore è lapidaria: «Market mood» - umori di mercato. E’ la risposta offerta da Koichi Hamada, il consulente economico più ascoltato del primo ministro giapponese Shinzo Abe. Hamada intende dire che - nel bene e nel male - di questi tempi i mercati azionari sono dominati dalle aspettative degli operatori sulle decisioni future delle banche centrali in materia di liquidità, più che dai profitti realizzati e dall’andamento dell’economia reale. A riprova di questo, la borsa giapponese ha invertito il suo rialzo dopo che il governatore della Federal Reserve Bernanke ha pronunciato poche parole sulla possibile data di fine del suo programma di acquisti di titoli del Tesoro americano - programma che ha dato un sostegno significativo ai mercato obbligazionari mondiali e ai bilanci delle banche che di obbligazioni di questo tipo sono piene. La Fed non fa, ma dice che farà: ciò basta. Qualcosa di molto simile al «farò quello che serve per tenere in piedi l’euro» di Mario Draghi. Sembra che le parole dei governatori siano sufficienti per orientare l’andamento dei mercati finanziari di tutto il mondo. Ma ridurre tutto a imprevedibili umori di mercato a fronte di mezze frasi dei banchieri centrali è una diagnosi incompleta. Se non altro perché solo due giorni dopo le parole di Bernanke, Wall Street aveva già ripreso la sua corsa, mentre il Nikkei ha continuato a scendere. Vuol dire che quello sperimentato dalla borsa giapponese in queste settimane è qualcosa di più profondo. La correzione del Nikkei di questi giorni è una cartina di tornasole sulla fiducia dei mercati negli effetti reali delle promesse del primo ministro Abe subito dopo la sua elezione. Dopo gli entusiasmi iniziali, ora i mercati stanno facendo i conti. In particolare, si chiedono se la liquidità promessa dalla banca centrale giapponese e i programmi di maggiore spesa pubblica in campo sanitario e nella politiche sociali del governo produrranno davvero i risultati auspicati. Sono domande molto plausibili sulla capacità effettiva della politica di realizzare i suoi obiettivi. Evidentemente, nel caso del Giappone, gli obiettivi del primo ministro - un aumento del Pil del 40 per cento in dieci anni, il raddoppio dei redditi agricoli, il raddoppio degli introiti turistici e il triplicarsi delle esportazioni grazie alla attesa svalutazione dello yen - sono sembrati ai mercati incredibili promesse di carta. Per questo, dopo la sbornia, la borsa giapponese si è corretta, e probabilmente continuerà a farlo.
Francesco Daveri