Anicée Gaddis, Rolling Stone 1/6/2013, 1 giugno 2013
LA PARTITA DEL CUORE
E una tranquilla serata domenicale, al Neita Sports Complex di Portmore, un quartiere popolare a 45 minuti di macchina da Kingston, destinato a diventare entro breve la 15esima “parish” (area distrettuale) giamaicana.
Mentre il Portmore United e l’Humble Lions si scaldano, un soundsystem spara pezzi di Mavado, Beenie Man e Serani. Un gruppo di biker arriva e parcheggia le moto lungo la staccionata. Alcune donne aprono un chiosco che vende birra Red Stripe e succo d’arancia Tru. Cala il sole, si accendono i riflettori e le finestre verdi e rosse di una chiesa poco distante si illuminano. Sembra di essere a una partita della Coppa d’Africa, ma in scala ridotta e in un ambiente più raccolto, che ricorda vagamente il South Bronx.
Le squadre che scenderanno in campo sono un’unica grande famiglia, mi spiegano alcuni tifosi: «Immagina dei fratelli che giocano l’uno contro l’altro». Portmore United e Humble Lions sono squadre di prima categoria del campionato giamaicano. Entrambe provenienti da Clarendon, un distretto nel profondo sud dell’isola, anni fa furono separate a tavolino, per una serie di ragioni che sono un mix di burocrazia, distribuzione geografica e desiderio del quartiere di Portmore di avere una propria squadra. Il presidente di quest’ultima è un membro della Jamaican Football Federation. Quello degli Humble Lions, invece, è il Ministro dei Trasporti e del Lavoro. Le due squadre sono cresciute in perfetta simbiosi, tanto da scambiarsi di continuo staff tecnico, dirigenti e giocatori, e il risultato è una curva di tifosi in preda a una vera e propria schizofrenia calcistica. Dove non c’è nessuno che voglia davvero vincere questa sfida fraterna.
Il pubblico si alza in piedi mentre risuona l’inno nazionale, le squadre si schierano in campo una di fianco all’altra. Portmore in divisa bianca, con le mani dietro alla schiena, i Lions in verde e rosso, braccia incrociate e mani a formare il saluto Rastafan. Moderno contro antico, West Coast contro East. Tre giocatori, il numero 34 Adrian Reid, il numero 8 Eric Vernan e il portiere Sean Sawyer militano anche nella Nazionale. Il pubblico è caldo. Non si capisce chi stia tifando chi. E la (non) partita ha inizio. Un’occasione mancata fa saltare in piedi i tifosi di una curva, poi li fa cadere in ginocchio. La palla vola in gradinata, una foresta di braccia si alza per prenderla. Un altro gol sbagliato, e un raccattapalle si butta a terra e fa finta di morire.
Durante l’intervallo, il soundsytem invade il terreno di gioco con Nah Sell Out di Khago. Le riserve del Portmore, che si stanno scaldando a bordo campo, iniziano a ballare. Fuori dai cancelli, un gruppo di persone ha appoggiato una scala al muro, creando la propria tribuna d’onore personale, con la vista migliore di tutto lo stadio. Nel secondo tempo, l’atmosfera si scalda. I cori dei tifosi sono sempre più mtensi, compaiono delle vuvuzela fatte in casa.
Riesco tranquillamente a parlare con l’allenatore degli Humble Lions, Lenworth “Teacher” Hyde, mentre osserva il suo team dalla panchina. Ha giocato a calcio fino al 1991 e, dopo il ritiro, ha allenato diverse squadre giamaicane. «Ai miei giocatori dico: perseverate, allenatevi, giocate e cogliete tutte le opportunità. Se usate il cuore, non conoscerete limiti».
Non ha vinto nessuno. Non è stato segnato neanche un gol. E torna a essere una normale domenica sera: cena, doccia e poi a dormire in attesa della settimana lavorativa. Il campo si svuota. I tifosi, i venditori, persino i cani randagi se ne vanno. Restano due giocatori, seduti uno di fianco all’altro, in panchina. La maglia rossoverde e quella bianca. Due fratelli rivali incapaci di sconfiggersi.