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 2013  giugno 06 Giovedì calendario

LA ROAD MAP ANTI-GIUDICI DEL CAVALIERE

«Senza presidenzialismo non ci sarà mai alcuna riforma elettorale, se lo mettano in testa ». A chi tratta per cambiare la Costituzione, Silvio Berlusconi ha iniziato a intimarlo perché il concetto sia ben chiaro. Elezione diretta del capo dello Stato, subito. Ma ancora una volta, la svolta istituzionale nei piani del Cavaliere finisce col coincidere con una personale via di fuga dai guai giudiziari, nel momento in cui la situazione per lui si fa assai complicata. «Sono l’unico che può farcela, se riuscissimo a votare col nuovo sistema, anche tra uno o due anni, posso ancora spuntarla e salvarmi».
Ne è convinto e lo ha ripetuto martedì notte nel vertice di Palazzo Grazioli col segretario Alfano, il coordinatore Verdini, i capigruppo Schifani e Brunetta, pochi altri dirigenti tra i quali Gasparri, Cicchitto e Fitto. Squadra ristretta per parlare di partito da snellire e rilanciare. Di governo da tenere in vita, salvo contrordine. E di possibile voto a ottobre. Tira aria pesante, al quartier generale del capo. L’ex premier al loro cospetto non fa mistero di essere «molto preoccupato» per il doppio appuntamento processuale che lo attende a fine mese, la Consulta sul legittimo impedimento il 19 e la sentenza Ruby il 24. «Lo vedete? L’attacco della magistratura è concentrico, picchiano forte su più fronti, dobbiamo restare uniti».
Così, anche la strategia politica del Pdl nel cammino delle riforme appena intrapreso ne risulta condizionata. «E ora elezione diretta del presidente della Repubblica» è il refrain nelle interviste registrate alle cinque tv locali per sostenere Alemanno e pochi altri candidati al ballottaggio di domenica. «Il presidenzialismo è stato sempre il nostro cavallo di battaglia, la gente lo capisce, è una roba concreta, non come la riforma elettorale» spiegava l’altra notte l’ex premier ai suoi. E nei suoi piani proprio la via del semipresidenzialismo alla francese costituirebbe l’approdo più sicuro. Non solo perché il Pd sarebbe disposto a concedere con maggiore facilità la soluzione col doppio turno. Ma anche perché gli articoli 67 e 68 della Costituzione francese, viene fatto notare, stabiliscano come il presidente «può essere processato nell’esercizio delle sue funzioni solo in caso di alto tradimento» e «non può durante il mandato e di fronte a nessuna giurisdizione venir richiesto di testimoniare né essere oggetto di nessuna azione, atto di informazione, di istruzione o processuale ». Con una chicca finale: durante il mandato, i tempi di prescrizione vengono sospesi. Se il blocco fosse così recepito — e questa è l’indicazione del Cavaliere — si tradurrebbe nel famoso salvacondotto a lungo agognato e mai per pudore invocato in modo esplicito.
Ma l’elezione diretta è lontana. Intanto c’è il doppio scoglio giudiziario di giugno da evitare per non affondare. «Se non è legittimo impedimento presiedere un Consiglio dei ministri, non so cosa possa esserlo, se la Consulta non lo riconosce è un fatto grave» argomentava al vertice un Berlusconi agguerrito. In ogni caso, ripetendo ai falchi in sala che il governo Letta per ora «non si tocca, deve andare avanti» e continuando a definirlo nelle interviste un evento «epocale». Parla anche di «fine della guerra civile», il leader Pdl, laddove la fine dovrebbe passare attraverso garanzie di salvaguardia dai processi e in un intervento degli «arbitri» istituzionali. Un fedelissimo come Sandro Bondi lo dice in tv: «La pacificazione consiste anche nello stop
all’accanimento giudiziario».
Se tutto dovesse precipitare, poi, c’è l’opzione voto a ottobre: a Palazzo Grazioli viene tenuta in alta considerazione. Ecco perché al vertice notturno Verdini illustra il nuovo progetto di rilancio del partito leggero in cui perfino i parlamentari si trasformano in agenti di raccolta, stile Publitalia. Causa taglio finanziamenti pubblici, non solo i coordinatori regionali ma anche i parlamentari avranno a breve un budget di fondi privati da raggranellare. Pena la mancata ricandidatura. E dopo l’addio di fine mese alla costosa sede di via dell’Umiltà, il Pdl trova casa in Piazza San Lorenzo in Lucina, a due passi da Montecitorio.