Simone Paliaga, Libero 5/6/2013, 5 giugno 2013
LA DECADENZA DEL CLUB BILDERBERG
Solo Lilli Gruber ci può salvare? Sembrerebbe di sì se si scorrono i nomi degli invitati italiani alla riunione del Club Bilderberg che si terrà in Inghilterra a Hertfordshire tra domani e il 9 giugno.
Stando all’Huffington Post nel corso delle sedute del gruppo dei potenti sfileranno ben sei esperti nostrani. L’ex premier Mario Monti che da anni frequenta i circoli della terra che contano: da Goldman Sachs alla Commissione europea; poi è il turno dell’ad di Telecom Italia, Franco Bernabè, a cui seguono Enrico Tommaso Cucchiani, amministratore delegato di Intesa San Paolo, Alberto Nagel, il CEO di Mediobanca e Gianfelice Rocca, presidente di Techint Group. E siamo a cinque. Il sesto nome è l’assoluta sorpresa, il coniglio estratto dal cappello. Dovrebbe essere l’asso nella manica, il fuori quota capace di trovare la soluzione della crisi, il primus inter pares tra gli esperti di economia e finanza, il rabdomante dei trend dello sviluppo: eppure si tratta solo della giornalista e pasionaria rossa, di nome e di fatto, Lilli Gruber fresca fresca da Otto e mezzo su La7. Certo che se per cogliere le linee di evoluzione della crisi e individuare le linee di fuga ci si affida a un giornalista la situazione in cui navigano o meglio naufragano i potenti della terra è davvero disastrosa… e, diremmo, perfino preoccupante!
Sui poteri, presunti o reali, del Club Bilderberg si vocifera da anni. I finti incappucciati che si ritrovano privatamente e discutono sui destini del mondo assomigliano in tutto a quei Savi di Sion, protagonisti del pamphlet antisemita inventato dalla polizia politica zarista Ochrana, che si sarebbero ritrovati nel cimitero di Praga all’oscuro del mondo per pianificare il prossimo futuro dominio sul pianeta. Gli attuali potenti della terra si riunirebbero per decidere quali sono i paesi da affossare e quelli su cui speculare, sul costo del denaro e sulle valute da cavalcare, sulle risorse su cui investire e i fondi da gettonare con acquisti e vendite di azioni…
L’esistenza di queste associazioni ristrettissime, a cui si accede solo su invito, sollevano una valanga di problemi. Non sono pochi i premier, i banchieri centrali che vengono ascoltati durante le sue sessioni. Nulla di illegale in tutto questo. Come pure è legittimo che un gruppo di privati, per quanto potentissimi e con incarichi pubblici, si incontrino per discutere e parlare delle evoluzioni del mondo. E forse anche per assumere delle decisioni le cui conseguenze pioveranno sulla testa di tutti. Eppure, se avvengono entro i limiti di legge, anche se non proprio alla luce del sole, perché l’esito delle discussioni non è reso pubblico, suscitano numerosi problemi per la tenuta delle democrazie.
La mancanza di trasparenza o anche solo il sospetto che banchieri centrali o primi ministri possano farsi influenzare da alcune scelte o decisioni non suggellate dal suffragio popolare lascia aperti molti interrogativi. È legittimo, solo perché invitati, che governanti si rechino in questi consessi e non divulghino le considerazioni che vi vengono fatte? E’ ammissibile che, qualora al loro interno si disegnino scenari prossimi venturi non se ne rendano partecipi i cittadini che hanno permesso con il loro voto a premier o cancellieri di prender parte a questi meeting?
Al di là della letteratura complottistica a scoperchiare il lavoro di queste élite transnazionali ci ha pensato, tra i primi in maniera documentata e con buona eco sulla stampa, lo scrittore russo Daniel Estulin con il suo libro Il Club Bilderberg (Arianna Editrice). E non è da meno, per rigore e documentazione, il volume che è da poco in libreria, di Domenico Moro Il club Bilderberg, Gli uomini che comandano il mondo (Aliberti Editore, pp. 180, euro 16). Non è una novità degli anni della globalizzazione del XXI che si allestiscano incontri dove partecipano solo le oligarchie che pesano davvero. «Da sempre» ricorda Moro « sin dagli optimates della Repubblica romana, i gruppi economicamente dominanti, per affermare i propri obiettivi e difendere le proprie prerogative, si sono dati forme organizzative specifiche, spesso di tipo oligarchico ed in antitesi a quelle di forma democratica. Tra la fine del Medioevo e l’inizio dell’epoca moderna si è verificato un mutamento in queste élites che sono diventate sempre più internazionali e interconnesse, un po’ come lo era stata la vecchia nobiltà europea con cui in effetti si sono fuse».
Che questa élite che si ritrova per discutere e decidere le sorti del mondo si senta in dovere di invitare al proprio consesso anche Lilli Gruber, donna intelligente ma certo non esperta di finanza né di scenari geopolitici, lascia ben poco sperare sulla perspicuità delle scelte che verranno prese.