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 2013  giugno 03 Lunedì calendario

IL BOOM DEL MAROCCO: I VU COMPRA’ SIAMO NOI

"Il mondo sottosopra”. É sorpreso perfino Hein de Haas che di immigrazioni se ne intende. É condirettore dell’International Migration Institute dell’università di Oxford e autore di uno studio sui flussi di migranti negli anni della crisi. Ne parla anche la sezione dedicata alle notizie dall’Africa del settimanale americano Christian Science Monitor: “Cresce l’immigrazione spagnola in Marocco”. Di quanto? Sarebbe quadruplicata tra il 2003 e il 2011 con un’impennata soprattutto a partire dal 2008, l’anno di inizio della crisi economica. Karis Hustad, collaboratore del sito d’informazione statunitense, che ha studiato il fenomeno vivendo in Marocco per alcuni mesi, lo spiega così ai suoi concittadini: “É come se domani gli americani cominciassero ad andare in Messico a cercare lavoro”.
I numeri e il fenomeno
I numeri non sono clamorosi, ma il fenomeno sì. I primi segnali erano già comparsi alcuni mesi fa in un rapporto Ocse sulla crisi economica spagnola. Gli emigrati spagnoli che ufficialmente vivono e lavorano nel nord del Marocco sono tremila. Ma si calcola che in nero questa nuova emigrazione, che capovolge i flussi tradizionali, sia molto più ampia: sarebbero almeno diecimila i lavoratori spagnoli entrati in Marocco nell’ultimo anno, senza registrarsi e lavorando illegalmente, spesso solo per periodi brevi. A questi bisogna aggiungere i figli dei marocchini nati e residenti in Spagna, che la crisi risospinge verso la terra delle origini, e anche molti immigrati della comunità marocchina in Spagna, calcolata in ottocentomila persone, che potrebbero decidere, se non c’è una inversione dell’economia europea, di tornare a casa.
Del resto non è difficile per uno spagnolo entrare in Marocco. Per i marocchini che vogliono emigrare è necessario il visto d’ingresso, tutt’altro che facile da ottenere, come dimostrano le forti polemiche sollevate dal governo Zapatero e dalla sua linea dura contro l’immigrazione. Secondo le associazioni non governative che assistono i migranti dal 2005 sarebbero quattromila, provenienti da diversi paesi africani, i morti in mare nel tentativo di raggiungere la costa spagnola, di superare i pochi chilometri che separano Tangeri da Gibilterra o da Tarifa. Per gli spagnoli che vanno in Marocco, invece, non serve nessun permesso, nessun visto particolare per soggiorni fino a tre mesi. É solo necessario che tornino sul suolo spagnolo per far ripartire un nuovo periodo di tre mesi di soggiorno. E non occorre riattraversare lo stretto: la madrepatria è anche di là dal mare, nelle città spagnole in terra marocchina di Ceuta e Melilla.
Da Tarifa, pochi chilometri a ovest di Gibilterra, il punto dell’Europa più vicino all’Africa, partono ogni ora traghetti di diverse compagnie che con 25 euro portano a Tangeri in meno di mezz’ora. E si può iniziare l’avventura. Spesso partendo proprio dei ristoranti spagnoli di Tangeri, dove hanno bisogno, soprattutto durante la stagione turistica, di chef e camerieri spagnoli. I nuovi migranti lavorano infatti soprattutto nel turismo, ma anche nel settore delle costruzioni e nei call center. Sono quasi sempre lavori precari, pagati di solito intorno ai tremila dirham, l’equivalente di meno di 300 euro al mese. Ma nel paese del Maghreb il costo della vita è molto inferiore a quello della Spagna e con questa cifra si può vivere, soprattutto per un giovane solo. Hustad però racconta anche la storia di un meccanico di 36 anni, precipitato nella crisi un anno fa a Vigo in seguito ai licenziamenti della società elettrica per la quale lavorava. Dopo sei mesi di inutile ricerca di un nuovo lavoro in Spagna, Marcos Martinez decise di emigrare in Marocco per ricominciare facendo il meccanico in Nord Africa. Ma ha dovuto lasciare a Vigo la moglie e due figli. E in questi casi non è facile tirare avanti, con una famiglia da mantenere.
La disoccupazione in Spagna
Le storie come la sua sono tante, perché la disoccupazione in Spagna ha superato il 27 per cento. C’è stata, è vero, una leggera flessione ad aprile. Ma è un dato stagionale, legato al turismo. Secondo l’Ocse un giovane su due non studia né lavora. Una recessione profonda. I numeri dell’economica marocchina invece sono ottimi: il Pil, che negli ultimi anni è cresciuto in media del 5 per cento all’anno, dovrebbe tenere anche in questa fase di crisi con un più 4,3 per cento nel 2013, sostenuto soprattutto dal boom dell’agricoltura (più 5,8 per cento) e da un buon dinamismo nelle altre attività economiche: più 4,1 per cento, con una componente forte dell’industria, che cresce del 4,9. É uno dei simboli di una economia in crescita che stimola molti spagnoli a tentare la fortuna oltre lo stretto di Gibilterra.