Roberto Giardina, ItaliaOggi 5/6/2013, 5 giugno 2013
I TEDESCHI ATTRAVERSANO COL ROSSO
È finito in manette qualche giorno fa a Düsseldorf il famoso pittore Markus Lüpertz. Quale la sua colpa? Attraversa di sera a piedi un incrocio con il rosso. Lo sorprende una pattuglia della polizia in bicicletta, una giovane agente gli intima l’alt, lui prosegue. La poliziotta non esita, e Lüpertz, 72 anni, si trova ammanettato, con la faccia schiacciata contro un muro, come se fosse un pericoloso killer, mentre l’agente chiede rinforzi.
«Avrò fatto il primo passo con leggero anticipo, prima che scattasse il verde, ma mi sembra esagerato», racconta il pittore alla Bild.
L’artista sostiene che lei, la giovane Polizistin, ha impugnato anche la pistola: «Che vuole fare?, le ho detto, uccidermi perché sono passato con il rosso?». Se volete acquistare una tela di Lüpertz dovreste sborsare quanto per una Ferrari, almeno 200 mila euro. È amico dell’ex cancelliere Gerhard Schröder e dell’ex ministro degli interni Otto Schily. Ha dipinto per la Cancelleria un grande affresco, Le sei virtù, s’intende prussiane, che secondo la polizia lui non possiede.
Typisch deutsch, tipico tedesco, per la gioia di chi non sopporta Frau Merkel e i suoi connazionali? Ma i tedeschi stanno cominciando a cambiare, come dimostra paradossalmente quanto è capitato a Lüpertz. Qualche anno fa, neanche lui avrebbe osato violare un semaforo. Il rosso a un incrocio è una cosa seria, e se vogliamo esagerare possiamo citare anche Lutero e l’imperativo categorico: un ordine è un ordine e non si discute, non si interpreta come facciamo noi italiani. Ricordate Il principe di Homburg? Il padre lo vuole condannare a morte perché ha disobbedito a un ordine, benché grazie alla disobbedienza abbia vinto la battaglia. Da von Kleist si finisce direttamente a Hitler e ai campi di sterminio. Perché pochi tedeschi si ribellarono? I congiurati del 20 luglio 1944 contro il Führer, al processo non si difesero, schiacciati dal senso di colpa di essersi ribellati contro chi deteneva il potere. Anche se avevano ragione, e sapevano che sarebbero finiti impiccati a un gancio da macellaio.
Molti anni fa, in un sabato deserto nel quartiere del governo a Bonn (solo i giornalisti italiani lavorano nel weekend), mi trovai davanti a un semaforo rosso. Non c’era un’auto fino all’orizzonte; appena divenne giallo mossi il primo passo, come il pittore. Un anziano signore che mi veniva incontro, insieme con una madre e il figlioletto, mi apostrofò: «Aber nicht vor einem Kind», fai quel che vuoi, criminale sconsiderato, ma non davanti a un bambino. Se un giorno quel pargolo, che oggi sarà magari padre a sua volta, finirà sotto un’auto sarà colpa tua. Non gli risposi, perché il mio accento mi avrebbe tradito come straniero, confermando i suoi pregiudizi da pedone renano.
Le cose cambiano, almeno nella Berlino in cui vivo, metropoli multikulti, come si dice, e dove gli italiani continuano ad aumentare. Sarà per merito o colpa nostra, ma i berlinesi che attraversano con il rosso sotto il mio naso continuano ad aumentare. Prima erano esitanti, timorosi, oggi sempre più spavaldi.
Si guardano, si scrutano, poi il primo passa. Con il rosso. E un altro lo imita. Altri restano immobili, fingono di non vedere, per non cadere in tentazione. Di passare, o di rimproverare. Io non passo. Non pensate male, o bene, come vi pare. Non sono diventato tedesco. Non passo perché medito, e attendo. Passerò con il rosso solo innanzi a un bambino, merce rara a Berlino. Perché mi guardi, e impari a decidere con la sua testa.
Quando gli italiani avranno imparato che non possono sempre passare con il rosso, quando i tedeschi avranno imparato che a volte si può anche passare con il rosso, il mondo sarà migliore, sia pure di poco.
Però se venite a Berlino, da turisti o da esuli, state attenti. Si rischia la vita ad avere cieca fiducia nelle virtù prussiane. Nei semafori è rimasto l’unico simbolo superstite della scomparsa Ddr: un ometto verde con il cappello in testa che invita ad attraversare. Un giorno, diligente, quando apparve l’ometto, attraversai e un’auto mi sfiorò a velocità folle, bruciando il semaforo. Quando lo racconto, gli amici locali insinuano che al volante ci fosse un turco, un italiano, insomma uno straniero. Chissà, anche un prussiano.