Antonio Socci, Libero 4/6/2013, 4 giugno 2013
PIÙ STATO SOCIALE E MENO TASSE: LA RICETTA FORSE C’È
Forse il premier Enrico Letta, per il suo governo, potrebbe trarre preziosi suggerimenti dalla lettura dell’ultimo libro - appena uscito - di Luca Ricolfi, La sfida (pp. 80, Feltrinelli). Il promettente sottotitolo suona così: «Come destra e sinistra possono governare l’Italia».
Ricolfi è uno straordinario analista dei dati (è la materia che insegna all’università): carte alla mano ribalta spesso luoghi comuni e versioni propagandistiche dei fatti, aprendo scenari sorprendenti. Stavolta è andato al di là dell’analisi e ha voluto cimentarsi con un’ipotesi di soluzione dei problemi.
Lo studioso è partito dalle due bandiere ideologiche-programmatiche di Pd e Pdl, quelle che hanno visto competere i due partiti in questi anni, le stesse che in tutto il mondo contrappongono liberali e socialisti. Programmi-simbolo che oggi, dovendo coabitare in uno stesso esecutivo, rischiano di paralizzarsi reciprocamente.
Da una parte (quella del centrodestra) c’è la battaglia contro la soffocante tassazione, dall’altra (quella del centrosinistra) la bandiera dello stato sociale e di una politica keynesiana contro la disoccupazione e la povertà.
Il fatto è che entrambe le formazioni politiche hanno un po’di ragione, perché in effetti - spiega Ricolfi - da una parte va detto che «la pressione fiscale complessiva è più alta di quella media dei Paesi avanzati» e «quella sui produttori» è addirittura «la più alta dei paesi Ocse: il TTR (Total Tax Rate) raggiunge lo stratosferico livello del 68,3 per cento». Un salasso che ammazza l’economia.
Dall’altra parte bisogna riconoscere che «il nostro Stato Sociale è largamente incompleto» su questioni fondamentali come «asili nido, ammortizzatori sociali universali, politiche per i poveri, gli anziani e i non autosufficienti». Mentre altre voci, come la sanità, hanno stanziamenti più bassi degli altri Paesi europei (in Francia e Germania «la spesa sanitaria pro capite è del 30-40 per cento superiore alla nostra»). La gente oggi soffre davvero col rischio di non farcela.
IL MURO DA ABBATTERE
Qual è il problema? Che le due strade – abbassare le tasse e rafforzare lo stato sociale - sembrano in via di principio incompatibili.
Infatti «la sinistra vuole proteggere e potenziare lo Stato sociale, e per questo obiettivo è disposta ad aumentare le tasse. La destra vuole alleggerire le tasse su famiglie e imprese, e per questo obiettivo è disposta a ridurre la spesa pubblica».
Nessuna delle due parti ha avuto la forza politica per prevalere, del resto in entrambi i casi ci sarebbero stati forti squilibri e contraccolpi e alla fine risulterebbe insostenibile sia l’una politica che l’altra. Così destra e sinistra hanno preso la scorciatoia di un «piano B» e le vediamo dunque accomunate nel «fare più deficit pubblico o comunque rallentare il risanamento dei conti dello Stato».
Ricolfi spiega: «La destra lo ha già attuato nel 2001-2005, quando i risparmi negli interessi sul debito non furono usati per migliorare i conti pubblici, la sinistra sembra intenzionata ad attuarlo ora, con la doppia richiesta di allentare il patto di stabilità europeo e quello interno».
Il paradosso è che nell’ultimo anno sia destra che sinistra sono state «costrette» a fare l’opposto, cioè a sostenere e votare le politiche di rigore “tedesco” decise dal governo Monti. Il doppio paradosso poi è chetali politiche hanno conseguito un risultato opposto rispetto alle attese: l’aumento del debito e l’affossamento ulteriore dell’economia.
Come se non bastasse - triplo paradosso - destra e sinistra si trovano oggi unite proprio nella critica alla politica del rigore tedesco e hanno un giudizio identico sull’attuale situazione della Ue (che impone un’unione monetaria soffocante senza un vero federalismo politico) e sulla sua politica economica.
Sembrerebbe una situazione senza via d’uscita. Perché alla fine il problema con cui tutti devono fare i conti è quello degli “sghei”.
Essendo impraticabile sia l’imposizione di nuove tasse, sia l’aumento del debito, dove si possono trovare i soldi che non ci sono né per abbassare la pressione fiscale e far ripartire l’economia, né per finanziare il welfare e una politica keynesiana?
DOVE SONO I SOLDI
Intanto bisognerebbe chiedersi se è proprio vero che i soldi non ci sono. Su questo si può discutere. Per esempio, cominciando a considerare i fiumi di denaro dei fondi strutturali europei che l’Italia - a causa di una pubblica amministrazione inefficiente - non riesce a spendere o spende male (ci sarebbero anche stanziamenti di miliardi, come quelli per gli F35, che, secondo alcuni, andrebbero rivisti).
Ma Ricolfi indica due enormi giacimenti da cui attingere. E sui quali sia la destra che la sinistra hanno finora sbagliato tutto. Infatti l’Italia - spiega - ha una «evasione fiscale e contributiva fra le più alte del mondo sviluppato… Il gettito totale evaso, secondo la maggior parte delle stime, si aggira intorno ai 130 miliardi di euro l’anno». D’altra parte «gli sprechi nella Pubblica amministrazione - sanità, istruzione, giustizia, burocrazia, assistenza - ammontano ad almeno 80 miliardi di euro l’anno». Per avere il consenso del Paese questi due colossali problemi possono essere aggrediti solo contemporaneamente, con una sorta di nuovo patto sociale nazionale. E un esecutivo come quello attuale - che costringe destra e sinistra a governare insieme - è paradossalmente il governo ideale per attaccare sui due fronti e trovare insieme le risorse economiche e finalmente sviluppo ed equità.
LA SVOLTA CHE SERVE
C’è però una svolta culturale e politica che Ricolfi ritiene necessaria. Infatti finora sinistra e sindacati hanno sbandierato la lotta all’evasione per finanziare lo stato sociale e la spesa pubblica, mentre la destra e gli imprenditori hanno sbandierato la lotta agli sprechi per ridurre le tasse.
Il risultato è che sul fisco si è prodotto un clima da stato di polizia senza però raggiungere lo scopo del recupero dell’evasione (anzi aumentando l’op - pressione burocratica). Mentre - dall’altra parte - si sono fatti tagli e blocchi della spesa pubblica che non hanno affatto diminuito gli sprechi, ma hanno ammazzato settori importanti o bloccato l’economia (vedi i debiti dello Stato alle imprese), anziché far diminuire le tasse.
Ricolfi fa un’osservazione importante. Poniamo che riuscissimo a disporre dei 130 miliardi dell’evasione fiscale. Sembrerebbe la soluzione di tutti i problemi. Main realtà quelle risorse sarebbero sottratte al settore privato con effetti devastanti: «se non è accompagnata da un drastico abbassamento delle aliquote» scrive lo studioso «una lotta all’evasione fiscale condotta con successo farebbe chiudere centinaia di migliaia di attività e distruggerebbe milioni di posti di lavoro».
Così anche il drastico attacco agli sprechi (anche in questo caso di sapore giacobino) proposto dal centrodestra e da Oscar Giannino - col recupero di 80-100 miliardi (5-6 punti di Pil) in cinque anni - «produrrebbe danni» perché si risolverebbe in un ulteriore colpo al traballante Stato sociale e alle condizioni di vita di molti.
La soluzione di Ricolfi suggerisce di non mettere più in competizione reciproca le tasse e le spese. Idealmente lo studioso vorrebbe affidare la lotta all’evasione alla destra e quella agli sprechi alla sinistra. La destra potrebbe proporre un patto sociale che prevede in contemporanea l’eliminazione dell’evasione insieme a un drastico abbassamento delle aliquote. La sinistra un parallelo patto che dalla lotta agli sprechi ricavasse un «tesoretto» con cui costruire un vero e completo Stato sociale. Sarebbe anche una svolta culturale per le due formazioni.
Svolta salutare e salvifica per il Paese. Sembrerebbe possibile, specialmente con questo governo (per il quale Ricolfi ha pure una serie di altre proposte concrete). È un’idea semplice, che però produrrebbe una grande rivoluzione. Perché no?