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 2013  giugno 05 Mercoledì calendario

SIGARETTA ELETTRONICA, UN BUSINESS DA 250 MILIONI ALL’ANNO

Unica controindicazione certa: nuoce gravemente al fisco. In attesa di capire il livello di tossicità della sigaretta elettronica, possiamo tranquillamente affermare che – oltre al mercato delle “bionde” tradizionali – la cosiddetta “e-cig” ha già travolto le entrate dello Stato e non è quindi un caso che si cominci a ragionare sull’ipotesi di una tassazione ad hoc. Sul totale di 11 milioni di fumatori in Italia, secondo le stime dell’Anafe (l’Associazione nazionale fumo elettronico) i convertiti, o “svapatori”, sono ormai circa mezzo milione. Cifra che potrebbe lievitare entro la fine del 2013, arrivando a superare di gran lunga il milione. Millecinquecento negozi sul territorio nazionale, decine di brand registrati (Smoke, Smooking, E-Smoke…), 4mila posti di lavoro e oltre 250 milioni di fatturato nell’anno trascorso. “Svapano” sia i giovani (il 18% degli e-fumatori ha tra i 30 e i 40 anni) sia gli over 45 (20%). A questa tendenza, per non chiamarla rivoluzione culturale, è corrisposta una progressiva erosione delle casse di tabaccai, produttori di sigarette e fisco: basti pensare che in tre mesi (da dicembre allo scorso febbraio) lo Stato ha incassato 200 milioni in meno dalle imposte sui tabacchi. Colpa della crisi e dell’aumento del contrabbando, certo. Ma anche del nuovo apparecchio elettronico inventato in Cina, con la brace sostituita da una piccola luce rossa, che emana vapor acqueo. Secondo le stime, infatti, almeno il 40% di questi 200 milioni sarebbe imputabile alle sigarette elettroniche.
Stando ai dati del Dipartimento delle Finanze, nei primi 2 mesi del 2013 l’Erario avrebbe messo in cassa 1,607 miliardi contro i 1,730 dello stesso periodo del 2012, con un calo del 7,6%. Se a questo si aggiunge la contrazione di 71 milioni registrata nel mese di dicembre, si arriva appunto a 200 milioni in soli tre mesi. Insieme al fisco piangono, com’è ovvio, le multinazionali del tabacco che cercano di organizzarsi diversificando la produzione e aprendosi all’elettronica. Ma soprattutto piangono i tabaccai, tanto che una delle principali associazioni di operatori di settore, l’UniontabItalia di Confimprese ha presentato settimana scorsa un ricorso al Tar del Lazio - il primo di questo genere nel nostro Paese - per bloccare la vendita dell’ormai diffusissimo inalatore a batteria.
La premessa dell’associazione (che conta 5.320 operatori) è appunto che in Italia, fino ad oggi, esiste «un vuoto legislativo» in materia e quindi la sigaretta elettronica va fermata perché è «un surrogato o, meglio, un modo di consumare nicotina, quindi di produrre sigarette senza cartina e in forma liquida» come ha denunciato il presidente dell’associazione Enzo Perrotta.