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 2013  giugno 04 Martedì calendario

ITALIA GERMANIA 4-3 PER SETTE

Mercoledì 17 giugno 1970 allo stadio Azteca di Città del Messico si gioca la semifinale di Coppa del Mondo tra Italia e Germania.

Formazione dell’Italia: Albertosi, Burgnich, Facchetti, Bertini, Rosato (91’ Poletti), Cera, Domenghini, Mazzola (46’ Rivera), Boninsegna, De Sisti, Riva. Ct: Ferruccio Valcareggi Germania: Maier, Patzke (dal 63’ Held), Schnellinger, Schulz, Beckenbauer, Grabowski, Overath, Vogts, Seeler, Muller G., Loehr (dal 53’ Libuda). Ct.: Schon. Arbitro: Yamasaki (Perù).

In vantaggio all’8’ con Roberto Boninsegna, gli azzurri sono raggiunti nel recupero del secondo tempo da un gol di Karl-Heinz Schnellinger. Tedeschi in vantaggio al 4’ del primo tempo supplementare con il bomber Gerd Müller, all’8’ arriva il pareggio di Tarcisio Burgnich. Italia di nuovo in vantaggio al 14’ del primo tempo supplementare con Gigi Riva, i tedeschi ripareggiano a dieci minuti dalla fine con Müller, dopo un minuto Gianni Rivera (di nuovo subentrato a inizio ripresa in staffetta con Sandro Mazzola) segna il definitivo 4-3 spiazzando il portiere Sepp Maier con un tiro di piatto dal dischetto del rigore (su cross di Boninsegna).

Nel 1970 Saragat è presidente della Repubblica, Rumor presidente del Consiglio, il Papa è Paolo VI, in America comanda Nixon e in Unione Sovietica Breznev. Sanremo è stato vinto da Celentano con Ventiquattromila baci e il Campionato di calcio dal Cagliari di Gigi Riva.

Con i Mondiali del ’70 debuttano i cartellini colorati (giallo o rosso) per segnalare l’ammonizione o l’espulsione. Per la prima volta c’è la possibilità di effettuare due cambi durante la partita.

Giocandosi le partite a 2.000 metri di altezza, molte nazionali fecero preparazioni specifiche per non soffrire: la Svezia realizzò cabine pressurizzate; i cecoslovacchi si allenarono sui Pirenei, i bulgari sui duemila metri di Belkemen, dove ospitarono anche i sovietici; gli israeliani, per la prima volta al Mondiale, ad Addis Abeba. L’Italia non fece nulla di particolare.

Il terzo portiere italiano, Lido Vieri, si fidanzerà con la figlia del vice presidente messicano.

Ancora prima che i Mondiali comincino i tifosi italiani sono spaccati tra Rivera o Mazzola. Rivera annusa l’aria e capisce che non tira dalla sua parte, così si accapiglia con Valcareggi. Il ct viaggia con un tutor, Walter Mandelli, presidente della commissione tecnica. Rivera punta i piedi, la Federcalcio manda Nereo Rocco e Franco Carraro, allora presidente del Milan, per tenerlo buono.

La mitica “staffetta”: «Cominciava Mazzola (il cui impiego era caldeggiato dai difensori) e finiva Rivera (invocato dagli attaccanti, Riva in particolare)» (Gianni Mura).

La nascita della staffetta Mazzola-Rivera raccontata dallo stesso Mazzola: «Era il 14 giugno: dovevamo giocare a mezzogiorno i quarti ad eliminazione diretta contro il Messico padrone di casa, a Toluca, 2.668 metri di altitudine. Nella notte che precede la gara, leggo Papillon sul letto, ma stranamente ho sonno. Mi addormento alle 11, all’una mi sveglio. Un attacco di dissenteria. Montezuma aveva colpito. Una notte d’inferno, con Puja, il mio compagno di stanza, che dopo un’ora mi dice: qui non si dorme, almeno giochiamo a carte. Valcareggi il giorno dopo mi chiama e mi dice: ce la fai a giocare almeno il primo tempo? Poi ti cambio. Accetto. Alla semifinale con la Germania tocca ancora a me; entro in campo convinto di giocare tutta la partita. Non andrà così. Per fortuna».

Allo stadio 103 mila spettatori, umidità altissima, temperatura percepita sul campo: 50 gradi.

Orario d’inizio della partita le quattro del pomeriggio locali, in Italia è mezzanotte.

Telecronaca di Nando Martellini, subentrato pochi giorni prima a Nicolò Carosio (silurato dalla Rai per aver chiamato in diretta «negraccio» il guardalinee etiope che ha annullato un gol a Riva contro Israele). Le immagini televisive sono ancora in bianco e nero.

Si gioca con il Telstar, il primo pallone bianco e nero nella storia dei Mondiali, firmato Adidas.

«Non ricordo nessuna pressione prima della partita. Era un’altra epoca. La federazione ci passava solo l’acqua, le altre bibite ce la dovevamo pagare noi. Si telefonava a casa una o due volte a settimana» (Burgnich).

Beckenbauer, che si lussa la spalla destra in uno scontro con Cera e gioca parte della partita con un braccio fasciato lungo il corpo.

«I tedeschi arrancano grevi. Sono proprio tonti: ecco perché li abbiamo quasi sempre battuti. Nel calcio vale anche l’astuzia tattica non solo la truculenza, l’impegno, il fondo atletico e la bravura tecnica...» (Gianni Brera).

Partita brutta per 90 minuti, l’Italia segna quasi subito, poi si chiude in difesa e resiste agli attacchi tedeschi, fino all’ultimo minuto.

Il difensore milanista Karl Heinz Schnellinger, stremato, si è avvicinato agli spogliatoi in attesa del fischio finale. Voleva risparmiarsi un po’ dei fischi dei tifosi tedeschi, ammetterà poi. Si trova così casualmente nell’area di rigore italiana. Segna l’1-1. Sono passati due minuti dopo il 90esimo.

«Schnellinger dopo aver pareggiato torna verso centrocampo e incrocia Rivera, suo compagno al Milan, che gli dice: “Quando torni a Milano ti facciamo saltare in aria la macchina...”» (Roberto Boninsegna).

«Sta diventando un supplizio, appena scoprono chi sono mi tocca raccontare come una scimmietta ammaestrata gli episodi di una partita che in realtà tutti conoscono a memoria» (Karl-Heinz Schnellinger).

«Sul 3 a 2 per noi la mia strepitosa deviazione in angolo. Rivera si avvicina al palo. Non capisco. Non fa per lui. Gli urlo di stare attento. Sul colpo di testa di Müller si ritrae goffamente e lascia sfilare la palla in rete. Lo avrei divorato. “Stronzo, figlio di puttana! Sei venuto sul palo per toglierti dalla mischia e guarda che hai combinato!”. Rivera si abbracciò al palo, quasi in lacrime. “Ora posso solo segnare” mi disse» (Albertosi, che sul 3-3 ebbe una mezza crisi isterica).

La versione di Rivera: «Credevo che la palla andasse fuori, cercai di deviarla con l’anca. Non mi venne neanche in mente di deviarla con il braccio».

La leggenda narra che per paura dell’enormi mani di Albertosi lo stesso Rivera sia avanzato nell’area tedesca, per segnare subito dopo la rete decisiva».

Poco più di sessanta secondi dopo il 3-3, sul cross di Boninsegna, Rivera sceglie di prendere in contropiede Maier. «Ebbi la visione del portiere che si spostava e si tuffava. Anche se poi non si era ancora spostato e stava per prenderla! Più che una visione è stata una premonizione». E fu 4-3.

«I tedeschi sono battuti. Beckenbauer con braccio al collo fa tenerezza ai sentimenti. Noi abbiamo rischiato l’infarto, non per ischerzo, non per posa. Il calcio giocato è stato quasi tutto confuso e scadente, se dobbiamo giudicarlo sotto l’aspetto tecnico-tattico. Sotto l’aspetto agonistico, quindi anche sentimentale, una vera squisitezza, tanto è vero che i messicani non la finiscono di laudare (in quanto di calcio poco ne san masticare, pori nan)» (Gianni Brera, Il Giorno 18 giugno 1970).

«Per noi fu un Risorgimento. Ma io l’ho capito solo anni dopo, quando quella partita smise di essere solo un gioco a pallone per diventare altro, una rivincita di carattere, una prova di unità e d’identità. Finalmente un’Italia che le suonava ai tedeschi» (Burgnich, autore del 2-2).

«Sono nato nel 1943 e non lo potevo percepire, ma per la generazione dei miei genitori aver battuto la Germania nel 1970 in una partita così importante, fu psicologicamente la liberazione da una paura, anche fisica, di quel popolo» (Gianni Rivera).

Dopo la partita gli azzurri festeggiano nella piscina dell’albergo. «Ma niente di che. Abbiamo mangiato bistecche alla brace. E sempre pagando le bibite. Poi tutti in camera mia, che era sempre la più affollata, a fare scherzi. Dall’Italia nessun segnale. Era l’alba. Non c’erano né fax né stampa. Anche se i giornalisti che vennero a trovarci dissero che in Italia c’era un clima euforico» (Gigi Riva).

«Un banchiere italiano, che seguiva la partita per televisione a Montevideo, cadde fulminato da un infarto. In Italia molti andarono a coricarsi, sconsolati, quando Schnellinger aprì il fuoco nei tempi supplementari, ma alla rete di Burgnich un urlo lanciato in centinaia di case e l’esito finale della pugna spinsero migliaia di appassionati nelle strade e nelle piazze... » (Antonio Ghirelli, Storia del calcio Italiano, Einaudi 1972).

«El Estadio Azteca rinde homenaje a las selecciones des Italia y Alemania, protagonistas en el Mundial de 1970 del Partido del Siglio» (la targa che commemora Italia-Germania 4-3 nello stadio Azteca di Città del Messico).

Saranno poi dedicati alla partita un film (Italia-Germania 4-3 di Andrea Barzini, 1990) e due canzoni, di Mina (Ossessione ’70, 1972) e di Claudio Baglioni (Da me a te, 1998).

L’Italia perderà poi in finale malamente, 4-1, contro il Brasile di Pelè. Al ritorno in patria a Fiumicino Valcareggi e l’accompagnatore Mandelli furono coperti di insulti, pomodori e uova.

La coppa Rimet (l’allora Coppa del Mondo) vinta dal Brasile fu rubata nel 1983 e fusa in lingotti d’oro da una banda criminale brasiliana.