Davide Colombo, Il Sole 24 Ore 2/6/2013, 2 giugno 2013
«TERAPIA SHOCK DA 22 MILIARDI»
[Renato Brunetta]
L’Italia deve ottenere dall’Ue lo scomputo dal calcolo del nostro deficit degli effetti prodotti dai due terremoti dell’Aquila del 2009 e dell’Emilia Romagna dell’anno scorso. Due eventi straordinari che hanno fatto perdere all’Italia almeno due punti di prodotto interno. In questo modo piuttosto che chiudere il 2013 con un deficit/Pil pari a -2,9% (2,4% + 0,5% dovuto al pagamento dei debiti della Pa), il disavanzo si fermerebbe a -1,4%, liberando così risorse per 22 miliardi di euro senza sforare la «fatidica» soglia del 3 per cento. È la proposta che avanza il capogruppo alla Camera del Pdl, Renato Brunetta.
Una strategia in netta discontinuità con quella prospettata dal ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni nell’intervista al Sole 24 Ore del 31 maggio e mirata a ottenere il riconoscimento di un consistente "spazio di bilancio" che può consentire al Governo il lancio di una terapia shock concentrata sul secondo semestre dell’anno.
Onorevole Brunetta perché la Commissione Ue dovrebbe riconoscere all’Italia un "effetto terremoto" su Pil e deficit?
Prima di tutto perché i due terremoti che hanno colpito l’Italia nel 2009 e nel 2012 hanno avuto un impatto sociale ed economico che è misurabile e dimostrabile. Facendo una stima prudenziale ricavata dagli scostamenti tra le previsioni macroeconomiche della stessa Ue e i consuntivi dei due anni si può quantificare in due punti il Pil perduto, ovvero circa 32 miliardi. L’effetto trascinamento di quella mancata crescita sul deficit 2013 equivale a un punto di Pil: 16 miliardi. Se a questo aggiungiamo i sei miliardi cumulati di spesa corrente utilizzati per avviare la ricostruzione l’effetto complessivo sul deficit di quei due eventi eccezionali è di un punto e mezzo di Pil, ovvero 22 miliardi.
Sarà una trattativa difficile.
Sarà difficile ma si deve fare. Due giorni fa il presidente del Consiglio, Enrico Letta, ha riconosciuto a Bologna che la caduta del Pil nel 2012 è anche figlia del terremoto. E io aggiungo che lo scomputo dal calcolo del deficit degli effetti dei due terremoti si può ottenere facendo valere quello che prevede il Trattato dell’Unione nel caso di “special circumstances” all’articolo 3, comma 4 del Regolamento 1467 del ’97.
L’Europa intanto ci ha appena rinnovato sei raccomandazioni sull’attuazione delle riforme, dopo l’uscita dalla procedura per deficit eccessivo aperta proprio nell’anno del terremoto dell’Aquila.
E io dico che quelle raccomandazioni le sottoscrivo in pieno, a differenza di quanto hanno deciso di fare Francia e Olanda chiedendo altri due anni di tempo per l’allineamento dei saldi. Non solo, dico anche che confermiamo in pieno il nostro obiettivo di rispetto del pareggio in termini strutturali del bilancio. Ma ottenendo quello "spazio di bilancio" di oltre 20 miliardi potremo fare di più, puntare realisticamente a una crescita vicino allo zero a fine anno invece che negativa con il lancio di una terapia shock tutta concentrata nel secondo semestre e capace anche di innestare una crescita sostenibile e superiore alle previsioni attuali, con un trascinamento positivo sul 2014 e passare da un rimbalzo dello 0,7% a una crescita di almeno un punto e mezzo.
Come si dovrebbero utilizzare quelle risorse?
Agendo contemporaneamente con misure sul fronte fiscale, del lavoro e delle semplificazioni amministrative, della digitalizzazione della Pa. Con un pacchetto d’insieme, lo ripeto, da varare per il secondo semestre dell’anno, quando cominceranno a essere restituiti i primi 20 miliardi di debiti della Pa alle imprese, operazione che parte in giugno e che secondo stime prudenziali dovrebbe dare un impatto positivo sul Pil di circa 0,2-0,5 punti percentuali controbilanciando la tendenza attuale che è in peggioramento.
Scontato il blocco dell’Iva al 22%, in questa prospettiva.
Certo: blocco di Iva e Imu sulla prima casa. Ma anche, subito, risorse per finanziare la decontribuzione e la defiscalizzazione sulle nuove assunzioni e ulteriori misure per facilitare la contrattazione di prossimità e per incentivare la produttività. Si utilizzi l’articolo 8 della manovra 2011 di Sacconi, e si aumenti da 4mila a 10mila euro la soglia di ammissione alla detassazione legata al risultato.
Quindi una forte leva fiscale per far ripartire l’occupazione?
Fiscale ma non solo. Dobbiamo dare un segnale ancora più forte al mercato del lavoro, che passa per una netta deregolamentazione in entrata e in uscita. Io dico anche una sospensione dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, per due anni, da qui a Expo 2015, una misura di carattere sperimentale e con un fortissimo monitoraggio, come quelle sui contratti a termine semplificati in entrata. Dobbiamo dimostrare ai mercati che l’Italia vuole crederci davvero a una possibile inversione forte di tendenza nel breve termine, capace di riattivare quel milione di posti di lavoro che sono andati perduti. Lo ripeto, avendo come target Expo 2015.
Misure temporanee a costo zero sulla legislazione lavoristica, e sul fronte fiscale?
Si deve attivare una riforma della tassazione sugli immobili che preveda, oltre all’eliminazione dell’Imu sulla prima casa, la rimodulazione dell’imposta di registro e delle imposte ipotecarie e catastali. E ancora, rimodulazione della tassazione sugli affitti e revisione della disciplina della Tares. Ma penso anche all’eliminazione di alcuni regimi di esenzione fiscale attualmente previsti per fondazioni bancarie, fondi immobiliari, casse rurali.
Riforme che chiedono tempo.
Una parte molto importante di lavoro è già stato impostato dai precedenti Governi. Si deve andare avanti con velocità dando per certe corsie preferenziali per l’approvazione dei provvedimenti alle Camere. La delega fiscale è stata recuperata in commissione Finanza dal presidente Capezzone e noi contiamo di calendarizzarla entro giovedì prossimo. Ma sul fronte fiscale si devono attivare subito anche misure per dare più margini a coloro che devono fronteggiare debiti tributari in questa fase recessiva che passano per una revisione dei poteri di Equitalia: penso all’aumento della rateizzazione dei debiti tributari da 72 a 120 mesi, la possibilità di rateizzazione dei debiti tributari fino a 200mila euro e l’aumento da 2 a 5 del numero delle rate consecutive non pagate a partire dal quale il debitore decade dal beneficio della rateizzazione del debito tributario.
Lei propone una strategia legislativa di estrema discontinuità. Può funzionare?
Ho fatto riferimento, prima, a Expo 2015 come obiettivo. E ho anche detto che saremo ben felici di rispettare in toto le sei raccomandazione con cui Bruxelles ha chiuso la procedura anti-deficit. Quelli sono l’orizzonte da rispettare e i binari da seguire e dobbiamo farlo con tutta la credibilità possibile perché è sulle aspettative degli attori economici e dei mercati che dobbiamo puntare. Cambiare la fiducia sulle possibilità dell’Italia di uscire da un blocco vizioso, che vuol dire stagnazione, è fondamentale. E lo "spazio di bilancio" che dobbiamo contrattare con l’Europa va utilizzato con un approccio, come dice lei, di assoluta discontinuità responsabile. Deve valere davvero per una situazione come questa la massima ex malo bonum.
Prima parlava anche di semplificazioni e agenda digitale.
Altri due grandi processi di riforma che vanno rafforzati. Molte semplificazioni sono state lanciate e implementate altre devono aggiungersi. I settori chiave sono quello della giustizia, della sanità, del welfare e dell’urbanistica. Ridurre drasticamente i tempi del processo civile si può fare con la digitalizzazione nella sanità e nel welfare si possono recuperare margini di risparmio e di efficienza per non parlare dell’urbanistica e dell’edilizia. L’agenda digitale è un booster potentissimo se attivato, uscendo dal folle blocco in cui era finita per responsabilità del ministro Passera. Per le semplificazioni bisogna procedere con la misurazione egli oneri amministrativi da cancellare, passare al principio dell’autorizzazione ex post sulle nuove attività d’impresa. Bisogna fare di più sull’edilizia, un comparto strategico della nostra economia, dove i posti di lavoro perduti e da recuperare sono oltre 300mila.
Nelle raccomandazione europee si parla anche di liberalizzazioni e si chiede di riattivare il credito alle imprese.
La liberalizzazione della public utilities rappresenta un obiettivo strategico. Dobbiamo liberare i comuni da società che garantiscono servizi locali con asimmetrie troppo forti rispetto a logiche e soprattutto ai valori di mercato. Sul ripristino del credito alle imprese il pungolo deve essere posto alle banche, anche con l’iniziativa Bce a favore delle Pmi. Io rilancio anche in questa sede l’attivazione del Fondo previsto nella legge di stabilità 2013 per la concessione del credito d’imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo o per la riduzione del cuneo fiscale da finanziare mediante la progressiva riduzione dei trasferimenti alle imprese.
Oltre alla terapia shock l’Ue ci chiede continuità anche di più lungo periodo sui saldi di bilancio.
Giusto. E qui si innesta la nostra strategia di più lungo respiro, la stessa proposta in campagna elettorale. Taglio della spesa corrente, che vale 800 miliardi, di due punti l’anno per cinque anni liberando un margine di 16 miliardi annui da utilizzare per ridurre il carico fiscale su famiglie, con l’avvio del quoziente familiare, e sulle imprese, con l’azzeramento dell’Irap entro il 2019, anno in cui la pressione fiscale complessiva potrebbe collocarsi al 40% contro il 45% attuale. E poi c’è l’attacco al debito. Possiamo anche accontentarci dei 15-16 miliardi di dismissioni l’anno inserite nel Programma nazionale di riforma dall’ex ministro Grilli. Ma si devono fare davvero.
Il ministro Saccomanni ha detto che dobbiamo uscire dalla logica del "siamo sotto tutela" della Commissione europea.
Condivido a tal punto quella sua osservazione che avanzo qui questa proposta forte di richiesta all’Ue dello scomputo dell’effetto terremoti da Pil e deficit. Dobbiamo essere in grado di confrontarci con la Commissione in termini più dialettici e anche più critici sulle previsioni macroeconomiche che vengono effettuate e che non sempre si rivelano corrette, come è avvenuto l’anno scorso sull’ipotesi di pareggio delle partite correnti dell’eurozona, che invece hanno registrato un surplus dell’1,8% che diventerà pari al 2,5% nel prossimo biennio. Anche per questa ragione l’euro si è rafforzato a discapito del nostro export, una delle cause, come ha rilevato il Governatore Ignazio Visco, del calo di due punti di Pil, il doppio di quanto è attribuibile all’austerità di bilancio. I compiti a casa li abbiamo fatti e anche troppi. Adesso abbiamo la forza e la credibilità per porci come interlocutore forte e serio nei confronti di Bruxelles. Mettere l’Italia su un sentiero di crescita fa bene all’Italia e fa bene all’Europa.