Raffaella Polato, Corriere della Sera 04/06/2013, 4 giugno 2013
GLI AGNELLI CEDONO SGS PER DUE MILIARDI —
Non ne avrebbe bisogno. E non ne avrà, in effetti, per Fiat-Chrysler: lì saranno sufficienti le risorse che già aveva in cassa. Da ieri in ogni caso la liquidità di Exor è ancora più elevata. Quasi il triplo — da 1,2 a 3,2 miliardi — grazie a Sgs e alla classica offerta «irrinunciabile». Firmata Groupe Bruxelles Lambert, porterà alla holding di casa Agnelli 2 miliardi e una plusvalenza in proporzione persino più ricca: 1,530 miliardi. John Elkann ne ha dunque più che a sufficienza per garantire da un lato i mezzi di cui l’auto prima o poi avrà necessità, senza perciò dover aumentare il capitale della finanziaria, e dall’altro per mettersi a caccia di nuove occasioni.
Con Sgs, ceduta ieri a sorpresa dopo un mese di trattative tutte nell’ambito del capitalismo familiare internazionale (gli azionisti di controllo di Bruxelles Lambert sono i Frére e i Desmarais: rapporti diretti con Elkann, trait d’union nell’operazione Gerardo Braggiotti), la holding torinese «perde» la sua seconda partecipazione per valore economico. Lo fa guadagnandoci tantissimo non soltanto in cifre assolute, ma soprattutto in termini di rendimento: in portafoglio a Exor dal 2000, il 15% della società in cui Umberto Agnelli «scoprì» Sergio Marchionne si è rivalutato mediamente del 17% ogni singolo anno (compresi quindi quelli della tempesta perfetta sui mercati globali).
È tuttavia impensabile che l’intera liquidità ora in cassa — i famosi 3,2 miliardi — venga destinata alla sola Fiat-Chrysler. Primo: come lo stesso Elkann ha dichiarato appena giovedì scorso, all’assemblea della holding, se «è presto per dire di cosa avrà bisogno» l’auto post-fusione «di sicuro» già sarebbe bastato (ovvero basterà) il cash che la finanziaria aveva anche prima della cessione Sgs. Secondo: il numero uno di Exor non ha nessuna intenzione di mettere a repentaglio la diversificazione del portafoglio, concentrandolo in appena tre grandi partecipazioni (a parte gli investimenti minori ora rimangono, in ordine di capitalizzazione, Industrial-Cnh, Fiat-Chrysler e l’immobiliare di Cushman & Wakefield).
La caccia quindi comincia. E, sebbene Elkann sia stato prevedibilmente vago in assemblea, qualche traccia l’ha offerta. Ovvio che il sogno, guardando allo straordinario turnaround di Auburn Hills, sarebbe «avere tante opportunità come Chrysler». Altrettanto ovvio che non sia facile. Queste in ogni caso le caratteristiche di massima che Exor cerca: leadership di settore (escluso esplicitamente solo il biotech e l’alta tecnologia in genere), naturalmente potenzialità di crescita, base in Europa o negli Usa ma dimensioni globali.
È un quadro che piace a Piazza Affari. Non solo per le prospettive della holding, premiata con rialzi vicino al 3% anche nella fase peggiore del listino e fissati poi, in chiusura, all’1,38% (24,9 euro). È chiaro che al centro dell’attenzione c’è sempre più l’auto, in piena fase «grandi manovre». Il sostegno garantito dall’azionista di controllo, intenzionato a non diluire il proprio 30%, si riflette a specchio su entrambi i titoli. E, allo stesso modo, a trainare sia l’uno sia l’altro è stata ieri, di nuovo, la performance di vendite messa a segno pure in maggio da Chrysler. In Italia, in serata, i dati diranno che Fiat perde l’11,7% in un mercato in calo dell’8%: e il Lingotto poi, con riferimento implicito al contenzioso con la Selmat, spiegherà che «sono quasi 3 mila le vetture vendute ma che non è stato possibile consegnare ai clienti» per il blocco di alcune forniture. Se anche per questo, da noi, la quota di Torino scende al 30,24%, negli Stati Uniti continua la lunga corsa del gruppo. Sale ancora — e fanno 38 mesi consecutivi — l’intero gruppo Chrysler, che mette a segno un +11%. Ma sale anche Fiat, grazie alla 500, che supera il traguardo delle 100 mila auto vendute dallo sbarco negli Usa (nel 2011). E sono proprio le performance americane, annunciate in mattinata, a fornire altra benzina al titolo: +3,2%, ormai a quota 6,3 euro.
Raffaella Polato