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 2013  giugno 02 Domenica calendario

VALORI SUPERMARKET

Oltre che un filosofo della politica è un genio della comunicazione. Per dimostrare che oggi quasi tutto è in vendita, comincia il suo libro con questo tariffario: «Una cella di categoria superiore in un carcere americano: 82 dollari a notte. I servizi di una madre surrogata indiana per portare a termine una gravidanza: 6.250 dollari. Il diritto di immigrare negli Stati Uniti: 500.000 dollari. Il diritto di sparare a un rinoceronte nero in via d’estinzione: 150.000 dollari. Il diritto di emettere una tonnellata di anidride carbonica nell’atmosfera: 13 euro».
Michael Sandel è l’unico docente di Harvard il cui corso, intitolato “Giustizia”, è diventato un fenomeno virale su YouTube. Quasi nella categoria del video pop “gangnam style”. Usa esempi chiari, paradossali e tremendamente efficaci per dimostrare che il mercato sta invadendo ogni sfera, i valori più sacri sono ormai negoziabili, nulla è veramente al di sopra del potere del denaro: gli organi per i trapianti, l’istruzione, la guerra, i programmi dei partiti. È solo questione di prezzo. Oggi Sandel è al Festival dell’economia di Trento dove presenta il suo libro, Quello che i soldi non possono comprare. I limiti morali del mercato (Feltrinelli, pagg. 230, euro 22). Una denuncia tanto più autorevole perché pensata nel cuore della nazione che ha esportato l’ideologia mercatista nel mondo intero. In questa intervista partiamo da una grande delusione: da questa crisi economica non è nato un nuovo sistema di valori, capace di ricacciare indietro il dominio del mercato.
In molti avevamo sperato che lo shock del 2008 avrebbe fatto pulizia del pensiero unico neoliberista, egemone negli ultimi trent’anni. Non è andata così: lei come lo spiega?
«Anch’io ho creduto che poteva segnare la fine della fiducia acritica nei mercati. Invece c’è stata solo una discussione molto angusta, sulle regole della finanza. Non abbiamo avuto un dibattito pubblico sul tema fondamentale: in che misura i mercati servono l’interesse generale. Il potere del pensiero mercatista, la sua forza anche nell’immaginazione popolare, non si limita alla convinzione che il mercato crea benessere. C’è di più: lo si associa a un’idea di libertà. È un inganno. Ci illudiamo che le due parti in un contratto siano libere di negoziare sul valore del loro scambio. Anche se si tratta di un rene, di un organo per un trapianto: se uno lo vuole comprare e un altro lo vuole vendere, e tra loro trovano l’accordo sul prezzo, in certe legislazioni questo può essere sufficiente.
Come se il mercato fosse davvero neutro. Abbiamo bisogno di un vigoroso dibattito pubblico che affronti il significato di una vita buona, ne abbiamo bisogno eticamente».
Una ragione della timidezza nel contrastare il mercato può essere questa: abbiamo conosciuto un’alternativa che ci ha lasciato pessimi ricordi, il comunismo reale; oppure lo statalismo all’italiana. Se ricacciare indietro i mercati significa sostituirvi l’arbitrio dei politici, la pesantezza di burocrazie costose, molti non ci stanno.
«Lo capisco, è importante trovare un’alternativa, tra lo strapotere dei mercati e il vecchio statalismo. Non piace neanche a me, lo statalismo. Ma occorre un dibattito pubblico nelle nostre società civili, sul valore dei beni pubblici. La famiglia, la procreazione, l’educazione dei figli, la salute, la legge: tutto viene invaso dalla logica di mercato».
C’è un altro problema. In tempi di austerity gli Stati sono sempre più poveri di risorse. Ben lungi dal ridimensionare il ruolo del mercato, siamo costretti a invocare l’intervento privato per sostituire i servizi pubblici in ritirata.
«Molti criticano l’austerity su basi puramente economiche, come una cura sbagliata in tempi di recessione. Io aggiungo a quelle critiche un altro punto di vista, che guarda ai limiti morali del mercato. L’austerity è ancora più dannosa in quanto corrode gli spazi pubblici, tutti quei luoghi che uniscono i cittadini, quelle istituzioni dove avviene la nostra condivisione di una vita comune ».
Se tutto è in vendita, se con i mezzi adeguati si può passare sempre davanti alla fila, i ricchi si sentiranno sempre meno coinvolti da quel che accade alla maggioranza dei loro concittadini?
«Questo è uno dei fenomeni più corrosivi. Tre decenni di fede trionfalista nei mercati hanno prodotto diseguaglianze crescenti. I ricchi stanno sempre meglio, si distrugge ogni solidarietà sociale. Ci sono due conseguenze molto negative. Primo, più il denaro invade ogni aspetto della nostra vita, più le diseguaglianze diventano dolorose. Finché col denaro potevi comprarti un grande yacht, amen. Ma oggi ti compri anche una sanità di serie A, un’istruzione di élite per i tuoi figli, un quartiere più protetto dalla criminalità, e un’influenza politica maggiore, tutti beni essenziali nella vita. La diseguaglianza ferisce molto più di prima. Seconda conseguenza: il deperimento della comunità. Ci sono sempre meno istituzioni che “mescolano” classi sociali diverse. I privilegiati si chiamano fuori ».
Lei usa una metafora efficace: le tribune chiuse per i Vip negli stadi sportivi americani, gli esclusivi salottini “skybox”.
«Trent’anni fa non esistevano, oggi ci sono in tutti gli stadi. Sono una realtà e al tempo stesso alludono a qualcosa di più generale. Un tempo alla partita di baseball o football i tifosi di ogni ceto sociale condividevano le stesse emozioni. E quando pioveva si bagnavano tutti. Oggi i salotti skybox separano i ricchi. È quel che sta accadendo anche alla nostra democrazia. I ricchi non hanno più dei momenti di esperienza condivisa con il resto della comunità, perdono la capacità d’interessarsi del bene comune».
L’Italia sta abolendo il finanziamento pubblico dei partiti, sotto il peso degli scandali e per la rivolta dei cittadini contro sprechi e abusi. Andremo verso un sistema di donazioni private più simile a quello americano: che lei in questo libro contesta vigorosamente.
«Non conosco i dettagli della situazione italiana. Come americano, ci sono molte cose che ammiro della nostra democrazia, ma certamente non il sistema di finanziamento delle campagne elettorali. I poteri forti acquistano un’influenza dominante attraverso il denaro, i cittadini fanno fatica a far sentire la loro voce. Tra le dimensioni della nostra vita che vengono messe in vendita, c’è anche la politica».