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 2013  giugno 02 Domenica calendario

GLI ITALIANI SONO MEGLIO DEI PM

Avevo perso ogni spe­ranza in me stesso, nel mio gene italiano e perfino arcitaliano, nella capacità del mio popolo di di­scernere il vero dal falso, non dico il bene dal male (attività ad alto rischio) quanto l’ipocrisia dalla sincerità, ed ecco che torno ottimista no­nostante le piogge e il freddo di giugno. Ecco che mi ritro­vo a pensare che Ennio Flaia­no non è morto, che Federi­co Fellini vive e lotta insieme a noi, che Alberto Arbasino è più rilevante della Ilda Boccassini, per non dire di Ma­chiavelli e Guicciardini, grandi moralisti del Cinque­cento; in fondo possiamo ce­lebrare in allegria la nostra sfacciata intelligen­za, magari sulla colonna sonora della Quarta sinfonia di Beetho­ven o con l’accompagnamento di Valentino Liberace. Farà bene Berlusconi a infischiarsene del­l’assalto guardonista del pm del Ruby bis, della puerile inquisitio generalis contro le cene «orgiasti­che» e dello sputazzamento mo­ralistico sul «corpo delle donne» e sulla libertà e socievolezza dell’amicizia, perché gli italiani so­no superiori alla rappresentazio­ne meschina, procuratizia e fal­samente devota, che ne offrono i media asserviti alla menzogna.
La prima notizia consolatoria me la dà nientemeno che il Fatto quotidiano, il giornale che trasforma con losca abilità la merda inquisitoria in romanzaccio po­polare. Luigi Bisignani, l’uomo che sussurra ai potenti, vende in libreria tre, quattro, cinque volte di più dei libri narcisisti e convenzionali di un Matteo Renzi e di un Walter Veltroni. I politici «de sini­stra» che sussurrano all’opinio­ne pubblica, che squadernano sempre nuove idee vecchie, so­no giudicati meno interessanti di questo memorialista delle mille p2 p3 p4, un concentrato chimico di bonario cinismo, di ge­nuini rancori, di chiacchiere e sfondi da set cinematografico an­ni Sessanta, di questo sublime sceneggiatore del potere scambiato­ regolarmente per uomo ne­ro e dato in pasto alle patrie gale­re, ai processi e all’orgia (qui ci vuole) del perbenismo naziona­le. Bisignani sarà smentito serial­mente, e come ogni memoriali­sta potrà incappare nella disavventura del ricordo impreciso, più qualche umanissima panza­na, ma il suo spirito è quello illuministico del diradare le ombre, è quello machiavelliano di sfron­da­re l’alloro ai regnatori e metter­li un po’ in mutande, ma senza rabbia, senza indignazione, rivelandoli nelle loro metamorfosi mitiche per quello che sono.
Finalmente un botteghino vendicatore si eccita per la curiosità di un racconto non malsano, non prescrittivo, non censorio, non disperato e invidioso, e si di­verte a sapere quel che si è sem­pre saputo. Che i Woodcock e i de Magistris e tutti gli altri arrest­a­tori dello sviluppo intellettuale e morale della nazione non sanno nulla delle cose di cui si occupa­no, e si occupano solo delle cose che non sanno, sia come inqui­renti sia come «intellettuali generali» di un’Italia pura e nobile che non esiste, come non esiste da alcuna parte un mondo terra­gno puro e nobile. Dopo tante or­dinanze di cattura, dopo milioni di intercettazioni pruriginose, dopo lo sfrenato pettegolismo anticasta, uno della casta, e dei più riservati e segreti, dei più ca­paci e ricchi di talento, ce ne rive­la tra Argentina, Vaticano e Italia tutti quei dettagli che fanno la piccola storia dei poteri civili o ec­clesiastici, frammisti come sempre è st­ato all’intrigo e alla mano­vra d’influenza, senza odio, sen­za falsa coscienza, senza ideolo­gia.
Ma non basta alla mia gioia una vittoria editoriale così sorprendente e avvincente, conse­guita da un libro che si divora in tre ore, pagine di buona fattura morale nonostante le loro mali­zie e le loro pecche. C’è altro su cui non abbiamo riflettuto abba­stanza. Grillo ha restituito 42 milioni di euro, lanciando dall’eli­cottero la grande elemosina de­magogica all’opinione indigna­ta e antipartito, e ha subito di­mezzato i suoi voti. Gli elettori non si comprano così a buon prezzo. L’intelligenza del popo­lo costa cara, come ha potuto ca­pire un Bersani lanciatissimo verso il vuoto della serietà al go­verno, e ivi spiaccicato. A Siena, dove il rais di Genova pensava di fare il pieno in ragione del dub­bio o falso scandalo del Montepa­schi, ha a stento superato l’8 per cento dei consensi. Alleluia per la grande sottigliezza degli italia­ni! Applaudono e ridono e con­fortano il tribuno del popolo quando vuole offrire loro la testa della partitocrazia, ma poi giusta­mente ci riflettono su e decidono che nell’urna la verità e l’interes­se ti vedono, ti controllano, ti sor­vegliano occhiuti, Grillo no.
Come se non bastasse, Bisigna­ni rivela nel suo libro, con detta­gli non smentiti, che il grillismo è la solita manovretta tragicomica innescata dai conversarii d’am­basciata e di Cia con l’amiko amerikano, la stessa puzzonata che fu alle origini delle celebri in­chieste sulla corruzione di Mila­no, inizi anni Novanta, roba da consolato di Milano. I poteri ve­ri, ma non sempre capaci di di­stinguere, scommettono sull’italiano di scorta, e l’italiano di scor­ta, ieri un Di Pietro che è finito co­me è finito, oggi un Grillo che sta finendo come sta finendo, rendo­no loro bassi e riservati servigi. E questo Paese non la beve. Berlu­sconi si rassicuri, si riposi, si mobiliti e faccia il comodo suo di lea­der politico immarcescibile: po­tranno emettere qualunque sen­tenza morbosa, fondata sul nul­la probatorio, sulla percezione laida di proiezioni guardone e origliatrici, ma tutto questo agli occhi del Paese sapientemente immoralista, mai sazio di vera intelligenza delle cose, preoccupa­to dell’essenziale che è la crisi del­la società e della capacità di go­verno, non vale un fico secco.