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 2013  giugno 03 Lunedì calendario

APERTURA DEL FOGLIO DEI FOGLI DEL 3 GIUGNO 2013


Gianni Alemanno, anche detto Aledanno, Retromanno (perché spesso cambiava idea), Alemagno (Alè, Magno! con gesto di forchetta che si arrotola), Malemagno (secondo Pietrangelo Buttafuoco) e pure Brancalemanno (per gentile concessione di Dagospia). [1]

Giovanni Alemanno, detto Gianni, nato a Bari il 3 marzo 1958, politico, del Pdl, Sindaco di Roma dal 2008 al 2013, candidato per il secondo mandato nel 2013, al primo turno delle amministrative del 26 e 27 maggio 2013 ha ottenuto il 30,2% dei voti, dietro al candidato sindaco del centrosinistra Ignazio Marino (42,6), andando così al ballottaggio del 9 giugno e 10 giugno. «Nasce culturalmente incendiario e matura tessitore» (Alessandro Giuli). [2]

Diploma di maturità scientifica, imprenditore, già dirigente della federazione giovanile del Msi-Dn, membro della direzione nazionale di An, deputato dal 1994. Ministro delle Politiche agricole nel Berlusconi II e III. Perna: «Pugliese da tutti i lombi, ma a Bari è nato casualmente. Dai suoi 13 anni, Gianni fu nel Fronte della gioventù fino a diventarne il capo, subentrando a Gianfranco Fini. Ammirò Giorgio Almirante finché visse. Appena Fini lo sostituì alla guida dell’Msi (1987), si schierò con l’estrema destra di Pino Rauti che aiutò a diventare capo del partito scalzando l’altro (1990-91). Ne sposò la figlia Isabella Rauti nel 1992. Ne ebbe Manfredi». [3]

Passato barricadero, due arresti: nell’82 per aver lanciato una molotov contro l’ambasciata russa e nell’89 per aver cercato di bloccare la visita di Bush senior (Sergio Mariani lo ricorda ragazzo mentre sta in questura «legato con le manette al termosifone e picchiato selvaggiamente»), tanto da meritarsi il soprannome di Lupomanno. [2]

È diventato sindaco di Roma il 28 aprile 2008: avendo costretto Rutelli al ballottaggio (il 14 aprile il candidato del centro-sinistra prese il 45,5% contro il 40 di Alemanno), risultò primo quindici giorni dopo grazie anche a 55 mila elettori che, dopo aver votato Rutelli al primo turno, si spostarono su di lui (ebbe il 53,6%). È stato il primo ex missino a salire sul Campidoglio: al Quadraro, quartiere periferico storicamente antifascista, conquistò 19 seggi su 20. La vittoria fu salutata dai clacson di centinaia di taxi (Alemanno aveva difeso i conducenti nella lunga vertenza per le cosiddette liberalizzazioni). [2]

Tra le decisioni più importanti prese da sindaco: il no al parcheggio sotterraneo dentro il colle del Pincio (previsto dall’amministrazione Veltroni), ribadito da lui personalmente ai collaboratori in giunta e soprattutto alla potentissima lobby dei costruttori romani (Fabio Martini sulla Stampa raccontò che la riunione decisiva, il 9 settembre 2008, si aprì con queste parole di Alemanno: «Io sono nettamente contrario e ora troviamo la formulazione migliore per rigettare il progetto»); e la decisione di infliggere fino a 500 euro di multa alle donne sorprese ad adescare e ai loro clienti. [2]

Alemanno ha anche promesso: di abbattere la teca dell’Ara Pacis e di «radere al suolo» (da Cortina) Tor Bella Monaca, nonché di costruire due stadi, insediare il Parco Fluviale, la Disneyland della Romanità e, visto che c’era, anche un paio di isole a largo di Ostia. Di concluso, per la verità, resta solo la problematica statuona di Giovanni Paolo II, cui un giorno fu appeso il cartello: «Wojtyla, perdona Alemanno perché non sa quello che fa». [1] E ancora: di voler puntare a una Festa del cinema «con meno star americane e più spazio ai film italiani»; di voler contenere il Gay pride («il problema non è omosessuale sì, omosessuale no: è esibizionismo sessuale sì, esibizionismo sessuale no»). Istinti demolitori poi in parte corretti: il Gay pride passò scostumato come sempre per le vie del centro, i divi del cinema furono riammessi sul tappeto rosso con tanto di lettera di spiegazioni all’ambasciatore americano e la teca dell’Ara Pacis deve essere ancora finita di pagare, per cui Dagospia cominciò a chiamarlo Retromanno. [2]

Raffica di ordinanze di divieto: anti-lavavetri («Turbano il traffico» e spesso «sono violenti»), anti-borsoni (anche per una questione di “igiene”), anti-movida (bocciata dal Tar), anti-writers («Una forma di sporcizia»), e tolleranza zero per i panini grazie all’anti-bivacco. [1]

A leggere gli slogan dei megacartelloni che Gianni Alemanno ha fatto piazzare in giro per la capitale sembra che a Roma si viva meglio che a Zurigo. “Meno 14 per cento di reati”, “90 mila famiglie esentate dal pagamento della tassa dei rifiuti”, “Un milione di euro per le start-up” dei giovani, "“5.000 aree bonificate e 11 mila tonnellate di rifiuti rimossi”. [4]. E ancora, a Piazza Pulita ha dichiarato, «il debito di Roma è pari a zero» e «Roma, sono convinto, sarà la prima città ad uscire dalla crisi».

Se nel 2012 il ministero dell’Interno dà una diminuzione dei delitti commessi a Roma dell’11,6 per cento (e non del 14), rispetto al 2007 tutti i reati predatori sono in aumento: i casi di omicidi «a scopo di furto o rapina» sono quasi raddoppiati, idem le lesioni dolose, in netta crescita anche le percosse, minacce, ingiurie, per non dire delle violenze sessuali sui minori, dei furti e le rapine nelle case, dello spaccio di droga e via elencando. La task force strapagata capeggiata dal prefetto Mario Mori, in pratica, sembra sia servita soprattutto a limitare i furti di auto e motorini. [4]

Nell’ultimo lustro la tassa sui rifiuti (come le altre imposte comunali) è aumentata a livelli record per centinaia di migliaia di cittadini, mentre la raccolta differenziata media del 2012 (dati Ama) si è fermata al 25,6: una percentuale di un punto più bassa rispetto a quella certificata a Napoli. [4]

Fittipaldi: «Per quanto riguarda i giovani, poi, nei suoi spot Alemanno ammette involontariamente che per l’avvio di nuove imprese il Comune ha investito la miseria di 547 euro al giorno. Una somma più bassa di quella guadagnata quotidianamente da decine di dirigenti amici assunti con contratti esterni e non sufficiente a contrastare l’aumento della disoccupazione giovanile: secondo l’ultimo rapporto di Confindustria Lazio il tasso a Roma è salito al 36,1%, tra i peggiori d’Italia, mentre a Milano – dice Assolombarda – è fermo a poco più del 20%». [4]

Secondo l’ultimo rapporto del Sole 24 Ore il Pil pro capite medio dei romani è sceso dai 34 mila euro del 2007 ai 29.400 del 2011, perdendo il 13,4 per cento della ricchezza. La disoccupazione viaggia a tassi doppi rispetto a quelli registrati a Milano, mentre in quattro anni l’indice Foi dell’Istat (che registra l’andamento del costo della vita) è cresciuto del 64 per cento, raggiungendo il valore più alto tra le grandi città. [4]

Il debito di Roma Capitale ammonta «a un importo complessivo di 3.124 milioni di euro con un incremento rispetto alla consistenza iniziale di 609,1 milioni» (la Ragioneria Generale del Rendiconto alla Gestione approvato il 23 aprile del 2013). Di questi una parte sono debiti di funzionamento (debiti verso i fornitori) e una parte debiti di finanziamento (verso le banche). Nel 2008 i debiti di finanziamento ammontavano a 51 milioni di euro. Nel 2013: 1 miliardo 225 milioni. Se non ci indebiteremo ancora, finiremo di pagare nel 2036. [5]

C’è poi la gestione delle Municipalizzate. L’Ama, dichiara Alemanno sui cartelloni, ha chiuso quest’anno con un utile di 2,3 milioni. Verissimo. Ma spulciando i bilanci consolidati del 2007 e del 2011 ci si accorge che il passivo totale è cresciuto di 431 milioni di euro, mentre il costo del personale (salito di 793 unità) è aumentato di 50 milioni di euro, a cui vanno sommati i 60 in più spesi nel biennio 2009-2010 e i 51 registrati nel bilancio d’esercizio appena approvato. Diminuiti di 26 milioni, invece, i prestiti con le banche, che restano però creditrici di 669 milioni. [4]

L’Atac, il cui bilancio è stato approvato il 24 aprile 2013, chiude con un saldo negativo di 156 milioni di euro. L’assemblea capitolina ha approvato il documento nonostante il collegio sindacale abbia indicato al socio di maggioranza (il Comune) alcune criticità, tra cui: l’operazione Us Cross Boarder Lease, un leasing incrociato che ha fatto perdere ad Atac 28 milioni di euro e per cui il comune ha promosso un’azione di responsabilità; la gara di appalto per il servizio pulizie, il cui importo è aumentato del 30% rispetto agli anni precedenti e vinta da una Ati che ha offerto un ribasso anomalo; la controversia con la società Tevere Tpl; la gara sui titoli di viaggio (annullata in autotutela per elementi contrari alla normativa nazionale ed europea); l’attività di pulizia contabile («per conti “fatture da ricevere” e “fatture da emettere” di indubbia confusione ed incoerenza»); l’operazione finanziaria Bank of Ireland, acquisto avvenuto secondo il collegio sindacale ad un valore del tutto incongruo (un sovrapprezzo di 7,5 milioni di euro); anomalie sulla Trambus Open Spa; ecc. [6]
Diversi gli scandali durante il suo mandato. Tra gli indagati: Don Ruggero Conti, già collaboratore di Alemanno per la Notte della solidarietà, tra i Garanti del programma con cui il sindaco vinse le elezioni nel 2008, accusato di aver abusato di sette bambini affidati alle sue cure nell’oratorio e nei campi estivi tra il 1998 e il 2008, condannato in primo grado a 15 anni e 4 mesi di reclusione [7]. Alemanno rinunciò espressamente a costituirsi parte civile e poi si giustificò così: «Ho firmato quella lettera senza leggerla. È stato un grande errore» [8]; Franco Panzironi, segretario generale dell’Unire, l’istituto dell’Unione nazionale incremento razze equine, tra il 2002 e il 2007, chiamato poi ad amministrare l’Ama, rinviato a giudizio insieme ad altri sette dirigenti per aver pilotato 841 assunzioni tra il 2008 e il 2009 [9]; Francesco Maria Orsi, consigliere Pdl, già delegato del sindaco Alemanno per il decoro urbano e l’expo di Shangai 2010, rinviato a giudizio il 10 maggio 2012 con l’accusa di «riciclaggio, reimpiego di proventi frutto di reato, corruzione, cessione di sostanze stupefacenti in occasione di festini con prostitute». Avrebbe venduto case mai costruite incassando anticipi dagli 80 mila euro in su rappresentando, «contrariamente al vero, che i progetti avevano un’elevata possibilità di realizzazione» facendo leva «sulla sua qualità di consigliere comunale, espressione della maggioranza e molto vicino al sindaco» [10]; Samuele Piccolo, emerito delegato alla Sicurezza del sindaco e vicepresidente del Consiglio comunale, agli arresti domiciliari con l’accusa di associazione a delinquere e finanziamento illecito ai partiti [11]; Adalberto Bertucci, Antonio Marzia, ad rispettivamente di Trambus, Metro Spa e Luca Masciocola e Vincenzo Tosques, direttori risorse umane di Trambus e Metro Spa, e Marco Visconti, assessore all’Ambiente del Comune, tutti indagati per abuso d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta del pm Francesco Dall’Olio sulle assunzioni in Atac [12]; Riccardo Mancini, tesoriere di Alemanno durante la corsa al Campidoglio del 2008, ex ad di Eur Spa, arrestato per concussione e corruzione. Secondo il pm Paolo Ielo avrebbe incassato una tangente euro nel 2009 per l’appalto alla Breda Menaribus per la fornitura di 45 filobus al Comune di Roma. [13]

Nel provvedimento di 60 pagine il giudice descrive il rapporto tra l’ex ad di Eur Spa Riccardo Mancini e Alemanno e cita una conversazione in cui il manager dimostra «di essere in totale subordinazione» rispetto al Sindaco. «La telefonata in questione conferma, in definitiva, che Mancini è un uomo di Alemanno» e anche se le telefonate, secondo il giudice, sono «irrilevanti per dimostrare una diretta partecipazione» del sindaco «all’illecita azione», «tuttavia sono idonee a dimostrare l’esistenza di un rapporto con Mancini che va ben oltre quello personale», tanto che Mancini riceveva i suoi ospiti anche «presso l’assessorato ai trasporti». [13]
Franco Morelli, condannato dal Tribunale di Milano in primo grado nel febbraio 2013 a 8 anni e 4 mesi nell’ambito di un processo sulle infiltrazioni dell’ ’ndrangheta nel Comune di Milano. Nell’ordinanza firmata dal gip Giuseppe Gennari emerge chiaramente la vicinanza non solo politica tra Morelli e Alemanno. Nell’aprile del 2008, a Roma, al Café de Paris (poi sequestrato perché riconducibile alla ‘ndrina Alvaro), si tiene un incontro alla presenza di Alemanno, allora ministro delle politiche agricole, organizzato da Giulio Lampada, boss di ’ndrangheta arrestato come capo dell’organizzazione mafiosa. Scrive il gip: «Che Alemanno – così come è – non avesse idea alcuna di chi fossero in realtà i Lampada conta poco o nulla. Quello che conta è che il gruppo mafioso riesca ad accedere a determinate relazioni personali di favore alle quali mai avrebbe potuto avvicinarsi se non beneficando della rete di compiacenze mafiose». [14]

«Se soltanto si fosse fatto conoscere un po’ meno» (Andrea Marcenaro). [15]

(a cura di Lucrezia Dell’Arti)

Note: [1] Filippo Ceccarelli, Repubblica 28/5; [2] Catalogo dei Viventi 2009; [3] Giancarlo Perna, il Giornale 24/12/2012; [4] Emiliano Fittipaldi, L’Espresso 17/5; [5] Relazione alla Gestione di Roma Capitale approvata il 23/4 dall’Assemblea Capitolina; [6] Bilancio di Atac Spa approvato con delibera dell’Assemblea Capitolina il 24/4; [7] Corriere.it, 3/3/2011; [8] Adnkronos 18/6/2009; [9] Paola Boccacci, la Repubblica 19/10/2012; [10] Repubblica.it 7/12/2012; [11] Il Messaggero 13/7/2012; [12] Il Messaggero 25/9/2012; [13] Corriere della Sera, 13/3; [14] Repubblica.it, 6/2; [15] Andrea Marcenaro Il Foglio 28/5.