Laura Galvagni, Il Sole 24 Ore 31/5/2013, 31 maggio 2013
[2 articoli di Laura Galvagni del Sole separati da ***] EXOR SOSTERRÀ LA FUSIONE FIAT-CHRYSLER di Laura Galvagni TORINO
[2 articoli di Laura Galvagni del Sole separati da ***] EXOR SOSTERRÀ LA FUSIONE FIAT-CHRYSLER di Laura Galvagni TORINO. Dal nostro inviato Fiat ha le risorse per affrontare l’acquisto di Chrysler ed Exor ha i mezzi per supportare il maxi riassetto. John Elkann, presidente del Lingotto e della finanziaria di casa Agnelli, non lo dice apertamente ma la famiglia sembra meno disposta rispetto al passato a rinunciare al controllo del colosso dell’auto, tanto più ora che si prospetta l’integrazione con il gruppo di Detroit. «Nel 2008, come azionisti di Fiat - ha esordito il manager all’assemblea di bilancio della holding tenuta ieri - eravamo pronti a un sacrificio pur di poter partecipare a un piano di aggregazione a livello di settore. E, proprio per favorirlo, io stesso dissi che Exor era disposta a diventare un piccolo azionista di una realtà più grande. Quell’apertura, tuttavia, non è servita a stimolare alcun processo integrativo. D’altra parte, le case automobilistiche o sono controllate da stati o da famiglie, entrambi notoriamente fortemente legati al mantenimento del controllo. Ora il contesto è diverso e, volendo usare una metafora, il nuovo spirito è: se la torta è molto buona più pezzi si hanno meglio è». Per tenere ben stretti quei pezzi, a questo punto, va trovata la soluzione migliore. «Dobbiamo andare avanti», ha sottolineato Elkann. Su come ciò verrà fatto «è prematura» ogni ipotesi. Di certo, «Exor intende partecipare attivamente al processo, ha le risorse per farlo, se sarà necessario, e non servirà nemmeno chiedere capitali al mercato», ha precisato il numero uno ricordando che la holding ha liquidità disponibile per oltre 1,2 miliardi di euro. Come detto, però, allo stato non è prevedibile in che modo il riassetto verrà portato a termine. Complice il fatto, ha aggiunto Elkann, che la «prossima sentenza del Tribunale del Delaware darà indicazioni importanti su alcuni elementi per la determinazione del prezzo». Certo, non si può escludere a priori che si riesca a trovare un accordo prima che il giudice Donald Parsons faccia sentire la propria voce ma quell’appuntamento resta un tassello chiave della vicenda. Una vicenda a valle della quale il Lingotto intende continuare a pensare in grande: «Fiat e Chrysler sono una realtà globale: se ci saranno opportunità di fare di più, abbiamo l’ambizione di essere il più grande gruppo automobilistico, le valuteremo tutte con grande attenzione». Intanto «Marchionne è impegnatissimo» su Detroit. Proprio sul ruolo e sul futuro del manager, peraltro, si sono concentrate diverse domande tutte volte a chiarire se Marchionne, come dichiarato a suo tempo, uscirà dal perimetro del gruppo nel 2015. Un’eventualità che in casa Exor non intendono nemmeno considerare: «Sono convinto, avendo parlato con lui, che sarà ancora con noi per tanti anni a venire. Non ha nessuna intenzione di partire e noi non abbiamo alcuna intenzione di lasciarlo andare». Detto questo, la compagnia si sta comunque organizzando in vista di un futuro passaggio generazionale: «Una delle cose che abbiamo fatto con Sergio è stata assicurarci che ci sia un’adeguata successione, creando nel mondo Exor figure adatte ai compiti che il gruppo richiede. In questo la prossima ascesa di Rich Tobin al vertice Fiat Industrial/Cnh è un chiaro esempio». Tobin prenderà il timone non appena l’integrazione sarà operativa, probabilmente, come detto da Elkann, «entro il prossimo 1 settembre». L’erede di casa Agnelli ha poi cercato di sgomberare definitivamente il campo dalle polemiche legate alla residenza fiscale e alla sede legale della holding che nascerà dalla fusione: «Diamo poco peso ai significati simbolici, quello che ci guida è la sostanza. Sarà un gruppo forte, chi lavora in Italia avrà grandi opportunità». Il gruppo, allo stato, rappresenta più o meno il 35% degli attivi di Exor, è il primo investimento della holding, seguito a un passo da Sgs e quindi da Fiat che da sola pesa per il 20%. Insieme valgono, stando ai dati sul nav (net asset value) calcolati allo scorso 20 maggio, 8,9 miliardi. E sono l’esito di una profonda operazione di semplificazione che la holding ha compiuto nell’ultimo decennio. «Dieci anni fa eravamo un gruppo con cinque holding e diverse partecipazioni, oggi c’è una finanziaria sola, Exor, che ha partecipazioni di controllo in quattro grandi realtà. Abbiamo meno attività di un tempo ma siamo molto più globali e se si guarda il livello del debito un tempo era oltre il 50% degli attivi oggi è meno del 10%», ha spiegato Elkann. Quanto alle risorse disponibili saranno investite al meglio, soprattutto nei settori nei quali la holding già opera e che gli hanno fruttato nel 2012 150 milioni di utile, consentendo il pagamento di 78 milioni di dividendi. Anche perché nei piani del gruppo c’è il mantenimento di una remunerazione soddisfacente dei soci: «Vogliamo pagare un dividendo agli azionisti, vogliamo che il dividendo sia regolare. Però non vogliamo indebitarci o vendere partecipazioni per staccare cedole», ha assicurato Elkann che riguardo al recente buy back ha spiegato: «A volte il miglior investimento è investire su se stessi». Nessun programma di una prossima Ipo Ferrari e quanto a Mirafiori, le idee sono tante, ma oggi ogni discorso è prematuro. Ancora una volta molto dipenderà dall’esito del riassetto Fiat-Chrysler. tema che sarà all’ordine del giorno del vertice con il ministro dello Sviluppo Economico, Flavio Zanonato, previsto per oggi. Un summit durante il quale Elkann e Marchionne parleranno «della presenza in Italia, che è importante» e di quanto questa presenza potrà beneficiare «della dimensione mondiale del gruppo». *** LA SCALATA A DETROIT CON L’INCOGNITA DEL RATING– di L. G. «Fiat ha le risorse per affrontare l’acquisto di Chrysler». John Elkann è netto nell’assicurare che il Lingotto è dotato dei mezzi per portare a casa il controllo della casa di Detroit. Ed effettivamente, guardando la trimestrale del gruppo automobilistico, la liquidità abbonda nelle casse del gruppo: 21,3 miliardi di euro. Tuttavia, va chiarito quanti di questi denari possono essere impiegati nell’operazione Chrysler senza che il rating del gruppo automobilistico venga messo a rischio, allo stato attuale il BB- assegnato da Standard & Poor’s ha un outlook stabile, mentre il BB- di Fitch e il Ba3 di Moody’s sono sotto osservazione con implicazioni negative. Per definirlo, bisogna innanzitutto precisare che dei 21,3 miliardi 11 miliardi fanno capo direttamente a Fiat mentre 10,3 miliardi sono nelle casse di Chrysler e, stando a quanto si legge nel bilancio del Lingotto sono fondi non completamente utilizzabili ma accessibili solo in parte. Volendo essere prudenti, dunque, Torino può contare certamente su 11 miliardi di euro, ossia in 14,4 miliardi di dollari. Stando alle stime di Ubs, per acquistare il 41% di Chrysler Fiat potrebbe dover pagare a Veba fino a 3,5 miliardi di dollari. Il che ridurrebbe le disponibilità liquide a poco più di 11 miliardi di dollari. Sufficienti per soddisfare i fabbisogni del gruppo nel corso di un anno? Sempre stando al bilancio, nel corso del 2012 sono state generate disponibilità complessive tra Fiat e Chrysler di 6,44 miliardi di euro più altri 1,6 miliardi rinvenienti dalle attività finanziarie mentre ne sono state assorbiti 7,5 miliardi. Il conto va oltre il pareggio, complice però il contributo di Chrysler che ha visto ridursi il proprio debito di 1,6 miliardi in virtù di un flusso gestionale positivo superiore agli investimenti. Insomma, i soldi ci sono ma vanno sicuramente centellinati. Forse anche per questo Marchionne nell’ultima conference call con gli analisti non ha escluso che nel medio termine il gruppo avrà bisogno di una ricapitalizzazione. Nel breve, per le banche, l’ipotesi più plausibile è un maxi finanziamento da 10 miliardi di dollari che copra l’acquisto del pacchetto e il rimborso di quei finanziamenti (due obbligazioni e due linee di credito, di cui una revolving, per oltre 7 miliardi di dollari) che non permettono a Fiat di aver completo accesso ai denari di Detroit. ***