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 2013  giugno 03 Lunedì calendario

IL FLOP DELLA SCUOLA DIGITALE

La scuola hi-tech può attendere. Lo chiedono gli editori che contestano i tempi indicati dal ministero dell’Istruzione per l’adozione dei libri digitali. La nuova scadenza, il 2014, è respinta come troppo vicina. Ed è per questo che hanno annunciato ricorso al Tar, il tribunale amministrativo regionale. “Non ricorriamo contro i libri digitali – ci tiene a dire Giorgio Palumbo, vice presidente dell’Associazione italiana editori – ma contro i tempi e i modi”. Tempi e modi che secondo Palumbo “non tengono conto delle carenze infrastrutturali della scuola”.
Critica giusta, o sono gli editori che temono di veder ridimensionare il loro mercato? L’Italia della scuola ha voglia di tenere il passo delle tecnologie, ma la realtà è quella di una media nazionale di un computer non per studente, ma per classe. Il sistema misto dei libri di testo, cartaceo-digitale, sarebbe già dovuto entrare in vigore da settembre scorso, ma è slittato due volte. Prima al 2013, poi, con un emendamento del 6 dicembre scorso al dl Sviluppo, al 2014. E il decreto dell’allora ministro Francesco Profumo che aveva disciplinato i primi passaggi dal libro tradizionale a quello digitale, ha allarmato gli editori.
L’idea era, ed è: un tablet che permetta anche di aggiornare i testi in tempo reale e di sfruttare la didattica multimediale. La novità del decreto è che dal 2014 i Collegi dei docenti potranno adottare solo libri digitali o in forma mista (cioè anche di carta, ma che abbiano la versione informatizzata). E questo vale, tanto per cominciare, per le prime e quarte classi della scuola primaria, le prime della scuola media, le prime e terze classi delle superiori. Gli editori ribattono: le scuole non sono connesse in wi-fi, la maggioranza degli istituti sono alla preistoria dell’informatica, i docenti – specie quelli più anziani - sono spesso digiuni di tecnologie. Naturalmente, gli editori hanno ben chiaro il loro interesse nel settore. Il giro d’affari dei libri di testo è stato di 649 milioni di euro nel 2011, un quinto del mercato complessivo dei libri. E il parlamento, che ha fatto slittare l’avvio dei libri digitali, ha cancellato il divieto alle case editrici di cambiare il contenuto dei testi scolastici prima di cinque anni. Il che toglie ossigeno al mercato dell’usato, e una possibilità di risparmio alle famiglie: il costo medio dei libri al primo anno delle superiori si aggira attorno ai 700 euro a studente. Nell’Italia della crisi, un salasso. Secondo il ministero, se i libri fossero tutti in versione digitale il taglio alle spese arriverebbe al 30%.
IL RISPARMIO
Ma le famiglie dovrebbero comunque caricarsi anche la spesa del tablet. E’ in Danimarca che la scuola paga i libri, non in Italia. In Europa, secondo un rapporto di Eurydice, la tendenza è per un uso più sempre più frequente del digitale, ma senza un obbligo. Anzi, la maggioranza dei Paesi non obbliga neanche gli insegnanti ad adottare libri di testo, anche se questa poi è la prassi. Ma se il libro digitale non è ancora la regola in Europa, è sulla digitalizzazione delle scuole che l’Italia si rivela in ritardo. Il rapporto dell’Ocse sulla strategia per una scuola digitale in Italia sostiene che di questo passo per arrivare al livello della Gran Bretagna (che ha l’80% delle classi informatizzate) ci vorranno 15 anni. La fotografia attuale è: un computer ogni 15 bambini alle elementari, alle medie un pc ogni 11 alunni e alle superiori il rapporto sale solo a 1 a 8. Metà delle classi è connessa alla rete, le lavagne interattive multimediali sono presenti solo in una classe su 5. Il piano digitale ha in Italia un budget annuale che corrisponde all’uno per mille delle spese per l’istruzione. Le scuole 2.0 non si possono fare a costo zero.