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 2013  giugno 03 Lunedì calendario

FRANCESCO, A 50 ANNI DA GIOVANNI

«La mia persona conta niente: è un fratello che parla a voi, diventato padre per la volontà di Nostro Signore...». Parole di Papa Roncalli, scomparso cinquant’anni fa, che fotografano bene anche lo stile del suo quinto successore, Francesco, chiamato «dalla fine del mondo».

I paragoni sono prematuri, il nuovo Papa non ha ancora celebrato i primi cento giorni di pontificato, ma Francesco ha suscitato una grande ondata di simpatia. A poche settimane dalla sua elezione le immaginette con il suo volto sono diffuse nelle case, all’Angelus come alle udienze le presenze di fedeli sono imponenti, la Prefettura della Casa Pontificia è quotidianamente inondata di fax con richieste dei pellegrini che vogliono partecipare ai suoi incontri. Come il «Papa Buono», anche Bergoglio improvvisa e predica in modo semplice ed efficace.

Quelle frasi sulla sua «persona che conta niente», Giovanni XXIII le pronunciò nel famoso e imprevisto «discorso alla luna», la sera dell’inaugurazione del Concilio, frutto della più importante decisione presa dal Papa bergamasco. La versione realmente pronunciata di quel discorso è ora disponibile in calce al libro «Papa Giovanni XXIII» scritto da Domenico Agasso senior e junior (edizioni San Paolo).

Ad avvalorare il parallelo tra Giovanni e Francesco è innanzitutto l’ex segretario di Roncalli, Loris Capovilla. Qualche giorno fa, definendo «indimenticabili» la serenità, la semplicità e il modo con cui il «Papa Buono» guardava le persone, ha detto: «Accade ugualmente con Papa Francesco. Quando gira per piazza San Pietro dà l’impressione che vorrebbe dare la mano a tutti, vorrebbe fare una carezza a tutti. È questa umanità di Dio che viene mostrata... In Papa Francesco sono evidenti la bontà e l’umanità di Dio che si mostra alla gente comune». Don Primo Mazzolari, quando fu eletto Giovanni XXIII, disse: «Abbiamo un Papa di carne». «Non si tratta di una cosa banale - ha osservato Capovilla - perché Dio si è fatto carne. Papa Francesco lo manifesta in forma eloquente».

Nei giorni successivi all’elezione del nuovo Papa, il paragone RoncalliBergoglio è stato avanzato da più parti: il cardinale Angelo Bagnasco ha detto di vedere in Francesco «lo stile, la semplicità, la bontà, ma anche la capacità di governo di Giovanni XXIII». Il cardinale Robert Sarah, presidente del Pontificio Consiglio Cor Unum, ha definito Francesco «una figura buona» come Roncalli, mentre il porporato cinese Joseph Zen ha spiegato: «quando la gente conoscerà Francesco lo amerà come ha amato Giovanni XXIII». Una previsione che si sta avverando. E che dire di questa frase, «la mia gente è povera e io sono uno di loro», pronunciata dall’allora cardinale Bergoglio per spiegare la sua decisione di abitare in una sola stanza dell’arcivescovado di Buenos Aires preparandosi spesso da mangiare da solo? Parole che Roncalli, orgoglioso delle sue origini contadine, cresciuto povero nell’umile casale di Sotto il Monte, avrebbe prontamente sottoscritto.

Si può anche ricordare la novità della visita ai carcerati di Regina Coeli, nel Natale del 1958, con Giovanni che pronuncia un discorso a braccio parlando di un suo parente arrestato come bracconiere. Parole allora censurate da «L’Osservatore Romano». Più di mezzo secolo dopo, con il successore argentino che ha voluto celebrare il suo primo Giovedì Santo tra i ragazzi del carcere minorile di Casal de Marmo, c’è ancora chi storce il naso per questo modo diretto di esprimersi, senza tener troppo in conto il protocollo.

Ma è anche il messaggio chiave della misericordia ad accomunare i due pontefici. Giovanni XXIII insisteva sulla «medicina della misericordia», Francesco fin dai primi giorni del suo pontificato ha detto: «Il messaggio di Gesù è la misericordia. Per me, lo dico umilmente, è il messaggio più forte del Signore». Entrambi presentano un’immagine di Chiesa vicina e amica degli uomini che non si concepisce come il «tribunale» del mondo. Entrambi appaiono saldamente radicati a quella fede semplice e popolare, che in Roncalli aveva le sue radici nel cattolicesimo lombardo e in Bergoglio nel cattolicesimo latinoamericano. Entrambi lontani dall’intellettualismo di chi è abituato a partorire progetti e riforme a tavolino.

Il 3 settembre 2000, beatificando Roncalli, Papa Wojtyla disse: «Di Papa Giovanni rimane nel ricordo di tutti l’immagine di un volto sorridente e di due braccia spalancate in un abbraccio al mondo intero. Quante persone sono rimaste conquistate dalla semplicità del suo animo, congiunta a un’ampia esperienza di uomini e di cose! La ventata di novità da lui portata non riguardava certamente la dottrina, piuttosto il modo di esporla; nuovo era lo stile nel parlare e nell’agire, nuova la carica di simpatia con cui egli avvicinava le persone comuni e i potenti della terra». A sentire i racconti dei pellegrini che si radunano in piazza San Pietro, un’esperienza che si ripete.