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 2013  giugno 03 Lunedì calendario

CARA ITALIA TI SCRIVO. SONO EMIGRATO MA TORNO SE...

Un reddito dignitoso, certo. Il riconoscimento del proprio valore professionale, il riscatto dal destino di «bamboccione» attraverso l’autonomia economica ed emotiva da mamma e papà, la possibilità di fare un figlio. La lista dei motivi che spingono i ragazzi italiani a emigrare trabocca delle aspettative più e più volte frustrate prima della re s a . M a non sempre è sufficiente a mettere una pietra sul passato e a non pensarci più.Basta leggere le storie raccolte dal giornalista free lance Antonio Siragusa sul blog www.iotornose.it per capire quanti «cervelli in fuga» comprerebbero in realtà il biglietto di ritorno se solo l’orizzonte fosse un pochino meno cupo del giorno dell’addio.
Michela Pascucci, per esempio, 27 anni, laurea in scienze politiche e master in politica internazionale, si trova bene a Bruxelles, dove lavora come consulente finanziario con la prospettiva di essere assunta a tempo indeterminato. Eppure... Eppure ammette un retrogusto amaro: «Vorrei tornare in Italia perché la qualità della vita è migliore, per la mia famiglia, gli amici, il mare, il clima, ma qui ho uno stipendio che nel nostro Paese mi sognerei e il mio lavoro è apprezzato». Economicamente lasciare il Belgio sarebbe una follia a meno che...: «Io torno se in Italia sarò rispettata sul lavoro e se pagherò le tasse per ricevere dei servizi».

Anche il cardiochirurgo 39enne Ciro Mastroianni rinuncerebbe alla carriera prestigiosa avviata al Pitié-Salpêtrière di Parigi e lo farà, ipotizza, «se i baroni si faranno da parte per dare spazio ai giovani medici, se saranno applicate leggi che già esistono». Flora, 37 anni, docente di filosofia del diritto all’università di Hong Kong, pone una condizione a dir poco etica: «Io torno se i concorsi pubblici non saranno più fasulli». Facile, no? E l’imprenditore 28enne Alessandro De Filippo sogna la possibilità di avviare in patria una società di «interpretariato di lingua cinese in videoconferenza» come quella messa in piedi in Francia con il collega Longhao Zheng: «Io torno se sarà abbattuta la burocrazia, se l’Italia supererà il suo provincialismo economico, se comincerà ad attrarre personale qualificato».

«Io torno se...» suona come un mantra, malinconico, consolatorio, vagamente scaramantico. Antonio Siragusa ha aperto il sito una ventina di giorni fa con l’intenzione di dare voce a chi continua a guardarsi indietro e ha già pubblicato parecchie testimonianze.

«Ho una sensibilità particolare per questo tema che deriva dalla storia della mia famiglia» racconta. Il primo fu il nonno che, minacciato dalla mafia, abbandonò la natia Sicilia con la valigia e le foto color seppia. Ma era l’Italia del Dopoguerra, Paese di poveri emigranti che solo negli anni 70 si sarebbe trasformato in appetitoso polo d’immigrazione. Non a lungo, però: «Mio fratello Giovanni è un fisico, ha 33 anni e si è dovuto trasferire a Wurzburg, in Alta Baviera. Mio cugino Attilio, suo coetaneo e come lui specializzato sull’acceleratore di particelle, lavora al Cern di Ginevra. Un altro cugino, Dario, vive in Francia».

Antonio stesso è stato diverso tempo in Spagna, tirocinante all’Istituto di cultura Italiano, e in Romania con un progetto dell’Unione Europea per l’insegnamento dell’italiano. Poi, nel 2010. è stato ammesso alla scuola di giornalismo dell’università di Urbino e ha sperato di sfuggire alla statistica. Salvo ritrovarsi oggi, 29enne, giornalista freelance costretto a fare molto altro per campare, compresi corsi d’italiano per gli immigrati.

Quella dei cervelli in fuga è una realtà impossibile da ignorare. Secondo l’Aire, l’anagrafe degli italiani all’estero, nell’ultimo anno il n u m e ro d i espatriati è aumentato del 30% rispetto a quello precedente. Un’emorragia irreversibile? Non è detto. Molti esuli in fondo ci ripenserebbero, a patto che...
«Io torno se saranno aboliti contratti umilianti, se saranno investiti soldi per la cultura e se il Paese deciderà di modernizzarsi» scrive Laura Sabatino, 26 anni, traduttrice a Barcellona, nella Spagna che pur condividendo con l’Italia una crisi senza precedenti, mantiene l’allure di orizzonte dei pionieri. Natascia Musardo, 28 anni, ha scelto Mainz, Germania, perché, spiega, non vuole diventare mamma a 40 anni: «Io torno se in Italia le donne saranno messe nella condizione di scegliere liberamente se avere un figlio oppure no, senza dover dire non me lo posso permettere». E Antonio Siragusa, che farà? Resta se...? Per ora punta su internet, resiste al pessimismo, amplifica il mantra «io torno se» perché s’insinui nelle orecchie dei politici e poi chissà.