Marco Belpoliti, la Repubblica 3/6/2013, 3 giugno 2013
SPECCHIO DELLE MIE BRAME
Questo è un collaudo. Accompagno mia figlia a comprarsi un vestito. Entriamo in un negozio di moda del centro. Abiti, t-shirt e gonne sono appesi alle grucce. Sceglie un paio di cose, poi si cambia per la prova. Esce e cerca lo specchio. La commessa la porta davanti a un grande visore incastonato in un supporto grigio. Puro hi-tech. Con orgoglio lo presenta: Digital Mirror Fashion. Uno schermo da 42 pollici con videocamera Hd. L’accende. L’immagine di mia figlia è al centro del visore: la stanno riprendendo. La commessa sfiora il vetro e lo specchio scatta varie immagini. L’invita a mettersi di schiena, di tre quarti, di lato: altri scatti, toccando i pulsanti virtuali. La fa arretrare di un metro o due, quindi la invita ad avvicinarsi. Ha ripreso la sua immagine in movimento. Lei si cambia d’abito altre due volte, e ripete la medesima passerella davanti all’occhio magico. Toccando un altro punto dello specchio – “Specchio specchio delle mie brame, chi è la più bella del reame?” – compaiono tutte le immagini. Mia figlia può controllare le sue apparenze; è un album fotografico, una rivista di moda personalizzata. Lo specchio le restituisce la sua immagine esterna.
Meglio: il mondo esterno visto dall’esterno. Si guarda da fuori attraverso l’occhio elettronico. Si contempla, e può decidere quale capo d’abbigliamento le stia meglio tra quelli indossati. “Vuoi sapere il parere delle tue amiche?”, le chiede la commessa. Allora aprono insieme la posta elettronica. Le immagini prescelte sono inviate via email. E Facebook?. C’è anche quello. Basta toccare e appare la sua icona. Le foto si spediscono sulla propria pagina Fb; solo gli scatti migliori, o almeno quelli reputati tali. Si possono anche indossare virtualmente abiti che non sono nel negozio. Basta corrispondere alla silhouette ritagliata dentro il visore: il catalogo è virtuale e multimediale.
L’esperienza non è quella consueta dello shopping, bensì quella del set fotografico. Si è trasformata in una modella; non mentalmente, come prima, quando si guardava nello specchio, e immaginava d’essere una modella. Ora lo è davvero: potere della rappresentazione. Il processo di vetrinizzazione della società, come lo chiama il sociologo dei consumi Vanni Codeluppi (La vetrinizzazione sociale, Bollati Boringhieri), si è interamente compiuto. Tutti modelli, tutti divi. È bastato un “camerino virtuale”. Narciso for ever.