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 2013  maggio 31 Venerdì calendario

TELECOM SCORPORA LA RETE PER SALVARLA

"Bisogna vedere come viene fatto”. La scettica dichiarazione di Enrico Cucchiani, amministratore delegato di Intesa Sanpaolo (uno degli azionisti dominanti di Telecom Italia), è sufficiente a capire in quale clima difficile il gigante telefonico ha avviato ieri lo scorporo della rete. Detta così sembra un’oscura partita per addetti ai lavori, invece è in gioco il futuro della rete telefonica, che è anche la rete Internet, su cui si giocano molte delle possibilità di riscatto dell’economia italiana.
IL CONSIGLIO d’amministrazione di Telecom, presieduto da Franco Bernabè, ieri ha dunque approvato la delibera di scorporo della rete. Si è astenuta la spagnola Telefonica (maggiore azionista di Telecom), ha votato contro l’economista Luigi Zingales, consigliere indipendente. Ci vorranno almeno diciotto mesi per scorporare la rete, perché è una cosa complicatissima. Si tratta di costituire una nuova società dentro Telecom, cioè controllata con il 100 per cento delle azioni, e conferirle la proprietà fisica della rete di accesso, cioè tutti i cavi di rame o di fibra ottica che dalle centrali telefoniche raggiungono le case e gli uffici degli abbonati (circa 25 milioni). Poi c’è da dare in dote alla nuova azienda una giusta quantità di edifici e uffici. Poi da separare dentro ogni centrale telefonica apparato da apparato, e decidere quale fa parte della rete e quale è di competenza dei servizi di Telecom Italia. Infine andranno assegnati alla nuova società della rete i dipendenti, un po’ meno di metà dei 50 mila attuali lavoratori di Telecom: ci sono gli addetti alle centrali e alla manutenzione della rete che seguiranno ovviamente il destino del doppino di rame. Infine la cosa più delicata, dare alla nuova società il personale per le cosiddette funzioni di staff, quelle uguali per tutti: gestione del personale, commerciale, finanza, amministrazione e via dicendo.
Vent’anni fa l’Iri guidato da Romano Prodi fece il percorso inverso: Telecom Italia nasce nel 1994 dalla fusione della Sip, che gestiva fondamentalmente la rete d’accesso ma anche il servizio ai clienti (c’era ancora il monopolio), della Asst, che si occupava delle indimenticabili “interurbane”, della Italcable, che sovrintendeva al traffico e alla rete internazionale, e altri pezzi minori. L’idea del monoblocco ottimizzava tutto ma non teneva conto della liberalizzazione, che nei Paesi civili come la Gran Bretagna era già partita.
LA LIBERALIZZAZIONE implica che la rete sia neutrale tra diversi competitori. Dicono i concorrenti che, se un cliente è libero di scegliere tra Telecom e Wind o Teletu-Vodafone, non è giusto che la competizione avvenga su una rete su cui comanda il dominatore del mercato, Telecom appunto. Allo stesso modo la Ntv di Luca di Montezemolo e Diego Della Valle non sopportano che il loro treno Italo debba competere con i Frecciarossa di Trenitalia su una rete ferroviaria di proprietà di Fs.
La separazione societaria della rete è una mezza soluzione: garantirà maggiore trasparenza, perché la rete, sia pure controllata da Telecom, dovrà dare accesso al suo azionista di maggioranza alle stesse condizioni e con lo stesso trattamento riservato ai concorrenti, sotto la vigilanza dell’Authority e con una stretta regolamentazione. Ma non basterà, ovviamente, Telecom e i suoi concorrenti continueranno a litigare per anni come hanno fatto negli anni passati.
Ma c’è un’altra questione più interessante per tutti. Telecom Italia è talmente malmessa, con i debiti pari al fatturato, da non avere un euro disponibile per investire sulla rete (che sta cascando a pezzi, non è solo questione di innovazione). La nuova società della rete serve a farci entrare la Cassa Depositi e Prestiti, cioè lo Stato, con un paio di miliardi di euro da investire sulla rete. A quindici anni dalla privatizzazione il bel risultato è questo: tutti i privati che hanno partecipato al banchetto Telecom si sono arricchiti, mentre la rete è andata in malora. E metterci una pezza, come al solito, tocca a Pantalone. Con buona pace dei poeti del liberismo.