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 2013  maggio 31 Venerdì calendario

RCS SUPERA LO SCOGLIO DELL’AUMENTO

È andata come doveva anda­re, anche se con un po’ di suspence dovuta alla maratona assembleare di nove ore e mez­zo. L’assise di Rcs ha approvato l’aumento di capitale da 400 mi­lioni (più 100 milioni di even­tuali nuovi titoli di risparmio) grazie al voto favorevole dei so­ci del patto e, soprattutto, di Giuseppe Rotelli (rappresenta­to dalla commercialista Anna Strazzera), e alle astensioni di Francesco Merloni e di Gilber­to Benetton. L’unico voto contrario è stato quello di Diego Della Valle che ha ribadito il proprio sgradimento nei con­fronti dell’operazione. La delibera è stata approvata con l’82,142% dei voti a favore.
Si è così conclusa una batta­glia dopo oltre un mese di carteg­gi fra Mister Tod’s e il board di Via Solferino. «Respingiamo con fermezza l’addebito di aver compiuto irregolarità ingenti a favore delle banche creditrici» e contro l’interesse sociale. Si trat­ta di accuse «che non hanno al­cun fondamento». L’ad di Rcs, Pietro Scott Jovane, ha replicato duramente alle contestazioni dell’avvocato Sergio Erede che, in rappresentanza di Della Val­le, ha contestato la validità del piano industriale. Bollandolo come «un trasporto di valore di vecchi azionisti a nuovi credito­ri, le banche». E dire che l’assise dell’editore del Corriere si era aperta sotto tutt’altri auspici considerato che proprio l’im­prenditore marchigiano, assie­me a Rotelli, si era astenuto sia sul bilancio che sulla conferma del cda agli attuali 9 componen­ti. E, invece, quando la discussio­ne è en­trata nel merito della rica­pitalizzazione, Erede ha assesta­to un uno-due che ha suscitato emozione in platea. Il piano in­dustriale è «un pannicello cal­do» viziato da «irregolarità». In particolare, il legale ha nuova­mente denunciato i presunti conflitti di interessi fra soci e finanziatori (riferimento a Intesa e a Mediobanca che però si esporrà realmente solo con il nuovo finanziamento), ha liqui­dato come «irrealistico» il tra­guardo di un debito da 2013 positi­vo per 30-40 milioni giacché la società nel primo trimestre è già a-40 milioni di margine operati­vo lordo.
Erede, concludendo il pro­prio intervento, aveva però aperto a una «rivisitazione del piano e un ulteriore negoziato con le banche». Un tenue segnale di disponibilità che il presidente di Rcs e collega, Angelo Provasoli, non ha mancato di sottolineare: «Prenderemo in considerazio­ne i suggerimenti se saranno va­lidi». Effettivamente, è questa la vera sfida che si profila nei pros­simi mesi, dato per scontato che fino a metà luglio l’attenzione sa­rà concentrata sull’aumento. Sfi­da che sembra già raccolta: in se­rata, ospite di Servizio Pubblico su La 7, Della Valle ha smorzato i toni: «Oggi è finito un mondo: Debbo dire che l’establishment ha dato un segnale molto positi­vo. Un primo gesto forte verso un vero cambiamento. Anche del Paese». Un riferimento in contrasto con la posizione as­sembleare, che si spiega con la mediazione di questi giorni di Mediobanca per coinvolgere Della Valle e Rotelli nel dopo au­mento di capitale. Che, a questo punto, Mr Tod’s potrebbe an­che sottoscrivere.
Come ha sottolineato Scott Jo­vane, su richiesta della Consob, senza la ricapitalizzazione la so­ciet­à si sarebbe trovata nelle con­dizioni di dover dismettere an­che «gli asset strategici» (inclusi Corriere e Libri). Un piano «B» avrebbe dovuto seguire una stra­da strettissima. Con le nuove li­nee di credito da 600 milioni (dei quali 233 da Intesa, 150 da Ubi e 77 da Unicredit) lo stress sa­rà ridotto. L’ad ha inoltre defini­to realistica la prospettiva di un margine di ebitda del 10% al 2015 con un incidenza dei ricavi digitali al 21 per cento. Certo, ha aggiunto Provasoli, «un affina­mento è previsto» e qui potrà en­trare in gioco Della Valle.
Perché è chiaro che questo è stato l’ultimo giro di valzer per il Corriere così come finora è sta­to conosciuto. La riorganizza­zione e il successivo aumento di capitale da 200 milioni da ef­fettuare entro il 2015 apriranno la strada a un nuovo socio forte, che potrebbe anche essere uno degli attuali azionisti. Nel frat­tempo, il patto di sindacato non dovrebbe più rappresenta­re il centro di gravità degli asset­ti precostituiti.