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 2013  maggio 31 Venerdì calendario

ORA IL CILE RISCHIA IL CONTAGIO DEL SOCIALISMO ALLA CHAVEZ

La paura è che la rete si ri­componga, che il ciclo sociali­sta e nazionalista dell’America Latina, inaugurato da Chávez, non si sia ancora esaurito. I sol­chi tracciati dal caudillo sono profondi. Il leader bolivariano è morto, ma la sua politica conti­nua a vivere.
Mancano ancora diversi me­si alle presidenziali di novem­bre eppure il ritorno di Michel­le Bachelet ha già spaccato il Paese. I conservatori tornano a tre­mare, presto potrebbero dire addio a Sebastian Pinera, il Ber­lus­coni del Cile che aveva ripor­tato il Paese a destra, il primo go­ve­rno conservatore dopo la dit­tatura, una breve parentesi in effetti di governo di destra, e ritro­varsi con lei, la presidenta socia­lista che guidò il paese dal 2006 al 2010. Quella della Bachelet è una campagna per niente faci­le, deve far dimenticare al Pae­se la delusione per tante promesse non mantenute, dei gior­ni passati a protestare, della rab­bia dei minatori, degli studenti. E proprio uno di loro l’altro gior­no l’ha seguita durante uno dei suoi tanti comizi, l’ha avvicina­ta e ha gridato «È dal 2006 che continua a dire bugie alla gen­te» e le ha sputato in faccia. «Se pensate che un fatto come que­sto possa impaurirmi, allora è chiaro che non mi conoscete. Sono tornata in Cile per servire il paese», è stata la risposta del­l’ex presidenta mentre si puliva la faccia. Dopo aver lasciato l’in­carico quattro anni fa, con un al­to indice di popolarità, la Bachelet, 62 anni, parte come favorita per il voto. Ma il suo ritorno non era affatto scontato. Anzi, molti ormai la davano (o forse la vole­vano) fuori dai giochi, dopo il prestigioso incarico di respon­sabile dell’Agenzia per l’Uguaglianza di Genere e l’Empower­ment delle Donne alle Nazioni Unite. Al termine dello scorso mandato non aveva potuto ten­tare la rielezione immediata poiché la Costituzione del Cile vieta mandati consecutivi. «Combattere la disuguaglian­za» è il suo slogan politico, ma già a partire dagli ultimi anni del primo mandato, gli studen­ti avevano iniziato a protestare per avere un sistema di istruzio­ne gratuito. E le contestazioni sono continuate e cresciute du­ra­nte il mandato del suo succes­sore, il conservatore Sebastian Pinera, la cui popolarità è scesa ai livelli più bassi della storia ci­lena dalla fine della dittatura del generale Augusto Pinochet, nel 1990. Da parte conservatri­ce, a sfidare la candidata sociali­sta sarà Andres Allamand, o Laurence Golborne, che nel 2010 guidò le operazioni di soc­corso dei 33 mi­natori intrappo­lati per due mesi sotto terra. En­trambi però sembrano molto lontani dalla favorita nei son­daggi. Ecco da dove nasce la pa­ura di quella classe media, dal­la borghesia che invece si era sentita più protetta da un gover­no conservatore. Ma non sono i soli. È il fantasma di Chavez che ricompare, il paese sa che Ba­che­let ha dato il suo appoggio al­la politica dell’ex presidente ve­nezuelano. Pablo Longueira, candidato della UDI, Unione democratica Indipendente, ha esplicitato l’ansia di molti: «la decisione del partito comuni­sta di dare l’appoggio alla Ba­chelet - ha detto - è una profon­da retromarcia per il Cile. Il 50 per cento dei partiti che la appoggiano oggi sono partiti chavisti, partiti che hanno lasciato sul loro cammino solo dolore per la popolazione». Insomma, con la Bachelet l’asse tornereb­be a ricomporsi e il Cile smette­rebbe di essere quello spicchio di destra tra terre populiste. Amata dalle sinistre latino ame­ricane, dalla Kirchner in Argen­tina, da Dilma Rousseff in Brasi­le, da Daniel Ortega in Nicaragua, da Evo Morales in Bolivia, da Rafael Correa in Ecuador Mi­chelle è pronta a tornare a vince­re.