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 2013  maggio 30 Giovedì calendario

QUESTO FREDDO FUORI STAGIONE GELA I CATASTROFISTI DEL CLIMA

Come disse quello, per ca­dere in rovina il modo più veloce è coi cavalli, quello più piacevole con le don­ne, quello più sicuro con gli esperti. Alla larga da costoro. Con eccezione di quelli sul cli­ma: non ci fossero bisognereb­be inventarli. Per il sollazzo generale. Tra questi, accanto ad una ristrettis­sima mino­ranza ­di stima­ti professioni­sti, immancabilmente geo­logi o fisici­ - co­me Uberto Crescenti, ex-Retto­re dell’università di Chieti o Fa­bio Malaspina, fisico dell’atmo­sfera e colonnello dell’aeronau­tica - v’è una pletora di curiosi individui che indisturbati si mil­lantano esperti in climatologia.
E riscuotono pure credito. Ogni città ha il proprio esperto, co­me ogni villaggio ha il suo sce­mo. Nella mia, Modena, ce n’è uno che ha il diploma di scuola media ma viene chiamato pro­fessore, anche se in fatto di cli­ma e di meteo non ne azzecca una. A Milano ce n’è un altro che dice di essere anch’egli pro­fessore, al Politecnico niente­meno, ma non si capisce chi gli abbia conferito il titolo: se cer­cate tra i dati del ministero del­l’università la sua qualifica, non trovate neanche il suo no­me, cioè all’università è un nessuno. Che però si diverte indi­sturbato in un suo demenziale blog a insultare un giorno Fran­co Prodi, luminare italiano di fi­sica dell’atmosfera, un altro giorno Richard Lindzen, del­l’Accademia nazionale delle scienze americana, entrambi rei di mettere in cartesiano dub­bio la favola del riscaldamento globale causato dall’uomo. A Firenze hanno Maracchi, che pro­fessore lo è veramente, ed è an­che Accademico della Vite e del Vino. Che non è un titolo fuori posto, ché il professor Marac­chi s’è laureato in Agraria. Co­me l­aureato in Agraria è il massi­mo esperto di clima di Fabio Fa­zio, quello di Raitre.
Per qualche misteriosa ragio­ne, millantarsi ed essere accreditati esperti in scienza del cli­ma - disciplina peraltro compli­catissima di cui solo se sei fisico o geofisico riesci a venirne a ca­po - sembra essere un gioco da ragazzi. Come mai? È un miste­ro. Tutti costoro sono però acco­munati dalla circostanza di di­chiararsi asserviti al luogo co­mune che vuole le attività uma­ne causa dei capricci del clima. Ove per attività umana s’inten­de le emissioni di CO2. La cosa fa molto piacere ai tanti che cer­cano di vendere attività a zero­ emissioni- che è un poco come pretendere di vendere benzine che non bruciano o lozioni che fanno crescere i capelli. E sono proprio costoro che pompano i loro utili idioti e li chiamano professori. La cosa ha un lato tragico: hanno promesso per anni la green-economy e la cre­azione di milioni di posti di lavo­ro, ci hanno imposto di dar loro credito, ed eccoci qua, in piena recessione.
Per fortuna la cosa ha anche il suo lato esilarante, e ce ne com­piacciamo. Ad esempio, come dimenticare i fessi col botto che nel dicembre 2009, a Copenha­gen, imbacuccati come orsi po­lari e sommersi da metri di ne­ve, protestavano contro il riscal­damento globale? O La Stampa che scriveva il 3 gennaio del 1981, in prima pagina, a firma di un perito elettrotecnico rici­clatosi come esperto (e te pare­va) meteorologo (e sul cui no­me stendiamo il proverbiale ve­lo): «Nel 2000 non vedremo più la neve». O il Corsera che non ri­nuncia a pubblicare gli strali contro il riscaldamento globale del politologo, riciclatosi (e te pareva) climatologo, Giovanni Sartori; che almeno ha avuto l’accortezza di stramaledire il caldo ogni ferragosto di ogni an­no, cioè come facciamo tutti.
Per sconfessare gli esperti è troppo facile partire dal freddo di questi giorni con le relative grida sul «maggio più freddo della storia». Secondo il profes­sor Giampiero Maracchi, «non ha avuto uguali per almeno due secoli». In realtà, bruschi ritor­ni di freddo nella metà di mag­gio sono ben noti alla tradizio­ne popolare, che chiama di ghiaccio i santi Mamerto, Pan­crazio, Servazio, Bonifacio di Tarso e Sofia. Addirittura era l’8 giugno del 1956 quando il Giro d’Italia si concluse sotto una fit­ta nevicata e la stampa titolò «uragano sulle Dolomiti». E lo stop al Giro per maltempo che tanto ha fatto parlare in questi giorni si è ripetuto già nel 1984 e nell’88.Prendeteli a ridere, que­sti esperti. E leggete, piuttosto, Da Okeanos a El Niño (Bruno Mondadori editore) di Renzo Mosetti, fisico di prim’ordine e Direttore del Dipartimento di Bio-oceanografia dell’Istituto nazionale di Oceanografia e Ge­ofisica di Trieste. Scoprirete in modo fantastico come distin­guere la scienza dal mito.