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 2013  maggio 30 Giovedì calendario

L’UMBRIA TREMA DA MESI LO SCIAME SCATENA IL TERRORE

Certe equazioni levano il sonno. Sciame sismico uguale terremoto è tra le più inquietan­ti. Da noi la terra trema con rego­larità, lo sappiamo bene. L’ulti­ma scossa, magnitudo 2.3, è sta­ta registrata all’ 1,50 del 28 mag­gio in provincia di Perugia, epi­centro a Città di Castello. La zo­na è­ teatro di uno sciame sismi­co che dura ormai dal 20 aprile.
Un’insostenibile tortura psico­logica. Quattro giorni fa a Noce­ra Umbra scossa di magnitudo 3.6. Ad inizio maggio era stata la Sicilia a tremare, nella zona dell’Etna insiste uno sciame sismico. Il timore è che stia per ar­rivare quella grande di scossa. E poi c’è il caso de l’Aquila. Guarda caso, dopo un lungo sciame sismico arrivarono le scosse devastanti dell’aprile 2009. Lo scorso 13 aprile il giudi­ce del tribunale de l’Aquila ha sentenziato che «il terremoto non era affatto imprevedibile» e ha condannato quattro tecni­ci per la loro «diagnosi rassicu­rante».
Chiediamo lumi al presiden­te­ dell’Istituto Nazionale di Geofisica, Stefano Gresta (nella fo­to), a un anno esatto dal terribi­le terremoto in Emilia. Terre­moto che arrivò dopo un lungo sciame sismico. Ci si chiede se questo punto bisogna comin­ciare ad aver paura di tutte que­ste piccole scossette. Lui rassi­cura. «Evitiamo inutili allarmi­smi; non è affatto detto che a ogni sciame corrisponda una scossa devastante. Anzi. La sto­ria dei terremoti dice che sono tanti gli sciami che non evolvo­no in terremoto: sono la mag­gior parte». Il problema è che in Umbria la gente ha paura, lo sciame sismico, 57 scosse, sem­bra infinito e in molti hanno de­ciso di lasciare le case. «Stiamo monitorando attentamente la situazione ma purtroppo non è possibile prevedere quello che succederà, ripeto che nella maggior parte dei casi lo scia­me non evolve in un terremoto». Per Gresta non si tratta di un problema di tecnologie arre­trate. «È un discorso prettamen­te concettuale - dichiara lo scienziato - l’energia rilasciata dai terremoti non è misurabile e non lo sarà mai. Ma in Italia siamo fortunati perché abbia­mo una preziosa banca dati sul­la storia dei terremoti». Dunque più che di previsione si deve parlare di probabilità. «L’Ingv sta fornendo continue previsioni probabilistiche di lungo e breve termine -aggiunge-. Con le previsioni probabili­stiche di lungo termine si posso­no identificare le aree dove av­verranno i grandi terremoti del futuro. Di particolare rilevanza è la mappa di pericolosità elabo­rata da noi nel 2004 che fornisce lo scuotimento del terreno atteso nei prossimi 50 anni».
Tante, troppe scosse. Il no­stro Paese è piuttosto inguaiato da questo punto di vista. «Se non è il più colpito poco ci man­ca -conclude il presidente del centro nazionale di geofisica e vulcanologia-. Peggio di noi in Europa stanno solo la Grecia e la Turchia. E questo è bene che la gente lo sappia per regolarsi. Del resto l’area del Mediterra­neo è sempre stata a grande ri­schio idrogeologico. Diciamo però che le nostre scosse saran­no più ­frequenti ma fanno mol­to meno danni di quelle turche che raggiungono spesso la sca­la di magnitudo 7». Nel frattem­po, a un anno esatto dal terre­moto che ha colpito un’area di 33 comuni, Cna Emilia Roma­gna ha tracciato un bilancio del­la situazione. Ne risulta una ri­costruzione piuttosto avviata anche se complicata. Non è una situazione facile. L’area col­pita è un te­rritorio ad elevatissi­ma concentrazione demografi­ca e produttiva: 540mila abitan­ti, 51mila imprese e 190mila addetti. Sul fronte delle imprese, oltre alle aziende colpite, vi so­no quelle che hanno subito gli effetti del calo degli ordini. Il va­lore aggiunto perso a causa del sisma è di 3,1 miliardi di euro.