Lorella Beretta, Panorama 30/5/2013, 30 maggio 2013
IL PARADOSSO SUDAFRICANO: LE BIDONVILLE DEI BIANCHI
Almeno 600 mila bianchi sudafricani vivono sotto la soglia di povertà, altri 150 mila sono totalmente indigenti. Le stime, mai smentite, di Solidarity, il sindacato degli afrikander, sono le uniche a fotografare una situazione pressoché sconosciuta fuori dal Sud Africa. Ma rimossa anche entro i confini della nazione arcobaleno, a causa della passata discriminazione razziale, ferita ancora aperta, di cui ora è la popolazione bianca a dichiararsi vittima. Sotto accusa c’è soprattutto la Black economic empowerment (Bee), la legge che impone quote di assunzione in base al colore della pelle. L’affermative action, varata 19 anni fa al termine dell’apartheid per risarcire la popolazione nera dopo decenni di esclusione, è sempre più impopolare. «Basta usare l’apartheid come scusa» ha tuonato Trevor Manuel, ministro (bianco) per la programmazione economica. E anche l’imprenditore nigeriano Aliko Dangote, l’uomo più ricco d’Africa, ha accusato la Bee di bloccare gli investimenti stranieri in Sud Africa: «Dovete dare spazio al merito». Anche per effetto della legge, il numero di disoccupati bianchi è raddoppiato: dal 3 per cento del 1994 al 6 per cento nel 2012.
E se ai semafori le mani bianche tese a chiedere l’elemosina sono quelle dei più disperati, aumentano pure i bianchi della classe media che ripiegano su mestieri mai praticati, come il parcheggiatore informale. E affollano anche le baracche senza luce e acqua delle township, una volta nere. Destino al quale sono scampati gli 800 mila protagonisti dell’«esodo bianco», che hanno lasciato il paese dal 1991.
(Lorella Beretta – da Città del Capo)