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 2013  maggio 26 Domenica calendario

SE L’AMORE MINORENNE PIACE SOLO QUANDO E’ GAY

Fosse vivo, Jonathan Swift scriverebbe un saggetto gustoso e protervo sui grandi quo­tidiani di sinistra e la minore età. Repubbli­ca ha inneggiato a suo tempo al Palasharp degli intellettuali neopuritani, quando un tredicenne diede del maiale a Berlusconi, allora presidente del Consiglio, come si faceva negli stadi di Kabul prima dell’arrivo dei nostri. Da anni quel giorna­le danna le feste con giovani, donne e vecchi ami­ci, e rappresenta la Sodoma e Gomorra della sua fantasia con l’icona ormai celebre, grazie al processo Ruby che mette l’acquolina in bocca alla si­nistra morbosa e guardona, di una madre di famiglia, la signora Karima El Marough, che fu una minorenne in un anno fatale per la morale e la giustizia italiane (non senza aggiun­gere, come ha detto in tribunale il pm, che spesso in certe case vengo­no invitate a cena donne «appena maggiorenni»: e ho detto tutto).
Ieri nuova svolta giornalistico-cul­turale. Ma gay, stavolta. E qui scatta tutta la differenza di stile, di contenu­to e di sostanza.
Repubblica ospita in prima pagina, sotto la solita e non proprio freschissima idea di una «drammatica testimonianza», un di­ciassettenne che si dichiara gay (il suo nome è Davide Tancredi), che soffre per la sua condizione e la con­sidera una sfortuna, che intende rivendicare l’accettazione sociale pie­na e matrimoniale del suo legittimo amore, che dice di scrivere per evita­re di suicidarsi e commenta il suici­dio di un intellettuale e scrittore francese, Dominique Venner, il quale si è ucciso, fatto tristemente noto, nel­la ca­ttedrale di Notre Dame con mo­tivazioni esemplari e provocatorie ri­guardanti quella che ha percepito come la fine di una civiltà (prevalen­za dell’islam e nozze gay).
La prima pagina dedicata da Re­pubblica alla ricreazione con giova­ni donne serve da anni per trasferire il concetto di colpa su un uomo pub­blico, con l’aiuto di una bizzotica ac­cusa penale fondata sulla mi­nore età del soggetto coinvolto nell’invito a cena. La minore età di un testimone gay e ma­schio diventa invece il segna­colo in vessillo di un amore ne­gato, di una colpa che il testo trasferisce sulla società e in particolare su quella parte del­la società che ha obiezioni più o meno serie, ma tutte da dele­gi­ttimare come perfidia mora­lista, all’idea di un matrimo­nio il cui significato tradiziona­le sia superesteso per legge al­l’amore che una volta non osa­va pronunciare il suo nome. So distinguere tra fatti, circostanze e significati diversi di testi, avvenimen­ti, cose e persone, ma mi permetto di osservare che in fatto di costume e di visione della vita e di rispetto delle forme e delle proporzioni la confusio­ne da quelle parti è massima. Lo dico senza problemi perché avevo già avu­to modo di osservare, nella mia or­mai annosa e noiosa specializzazio­ne di commentatore di fatti inerenti il ciclo sesso&origliamento&morale pubblica, che se Berlusconi fosse gay il processo contro di lui e la campa­gna aspra, calunniosa e insultante contro di lui non sarebbero mai nati.
Il ragazzo gay che scrive a Repubbli­ca ed è esibito come un trofeo in pri­ma pagina ha diritto a una compren­sione non paternalistica e non equi­voca. Le sue intenzioni, nate da una esperienza personale, possono esse­re le più autentiche, e vanno rispetta­te. Come andrebbe rispettato il gioco galante delle giovani donne che vivo­no liberamente la loro vita, in ogni circostanza. Cosa che, al netto delle risibili presunzioni di reato ammesse in tribunale, sulla stampa e nel modo un po’ laido di trattare la questione di Ruby non è mai avvenuto. Quando l’amore e l’eros si fanno e basta, è o dovrebbe esser privacy. Quando si fanno discorso di legge, peccato pub­blico negli occhi dei sospettosi (omnia munda mundis), questione di società, ecco che biso­gna fare molta attenzione a ri­spettare esperienze, personali­tà, storie individuali, specie e con un accento ancora più rigo­roso se si tratti di minori (naturalmente). L’invenzione retori­ca di santi dell’eros gay e putta­ne della seduzione femminile non ha niente di decente e di ra­zionale, per non dire di laico.
Con tutto il rispetto, il ragaz­zo che scrive di amore e matrimonio fa confusione, e non c’entra la sua minore età di ban­diera. Non sono, come lui afferma, l’omofobia né la dottrina cattolica il motore della rivolta francese contro le nozze gay e degli argomenti usati da tanti non-omofobi, compresa la psicoanalista della rive gauche Syl­viane Agacinski e molti tra noi laici. Il complesso itinerario che porta a rati­ficare la fine del matrimonio come lo abbiamo fino a ora conosciuto, l’unione di un uomo e di una donna in tutta la sua imperfezione ma an­che in tutta la sua promessa, implica molte faccende di rilievo e di interes­se sociale e pubblico, a partire dal­l’adozione, dalla fabbricazione e dal­l’educazione dei figli, e questi argo­menti non sono una cenciata violen­ta in faccia a chi ama persone dello stesso sesso. Tra parentesi, andreb­be ricordato che una delle figure più genuinamente «di destra» della recente storia mondiale, il già vicepre­sidente degli Stati Uniti Dick Che­ney, padre felice di una figlia che ha contratto un matrimonio lesbico, la pensa come il giovane Davide Tan­credi.
La prossima volta che il grande quotidiano nazionale di sinistra vor­rà farci la lezione puritana, ed esibire questa strana e impudica doppia mo­rale in materia di vite di minori e di scelte personali, faccia almeno atten­zione alla selezione degli argomenti che sono messi in pagina, che è perfi­no più importante del rispetto che in ogni caso sarebbe dovuto all’età acer­ba delle persone, una volta da relega­re in comunità o da processare come sgualdrina e un’altra volta da schiaf­fare in prima pagina per agitare il ves­sillo dell’amore senza colpa.