Francesco Specchia, Libero 26/5/2013, 26 maggio 2013
«PRIMA SPARANO SUI LIBRI A 0,99 E POI CI COPIANO»
Sostengono che ci vorrebbe la garrota letteraria, l’oblio, l’inferno delle attese di Sartre, per questi maledetti “stocchisti” del libro. Sostengono, gli altri editori, dopo i fasti del Salone di Torino, che i colleghi di Newton Compton, con la loro iniziativa Live - classici a 0,99 euro - stiano alterando il mercato; che la Avanzini family, pioniera dal 1969 nel settore del libro economico, con i suoi 28mila volumetti bruciati in quattro giorni, stia avvelenando i pozzi di un’editoria già assetata; che stia offuscando il futuro. Eccetera.
Raffaello Avanzini, la polemica è vecchia. Le leggo alcune accuse, pesantine, di colleghi: «Avanzini fa ottimo marketing, ma economicamente non è un vantaggio per nessuno» (Riccardo Cavallero, Mondadori); «un’operazione dannosa, regalare libri è facile» (Stefano Mauri, Gems); «come si fa a produrre qualità a 0,99 euro?» (Carmine Donzelli). Come si difende?
«Non ci difendiamo, semmai siamo all’attacco. E, a dirla tutta, mi critica chi negli ultimi tre anni mi sta copiando. Mauri è perfino il mio distributore, con una mano prende e con l’altra dà; ora esce con un nuovo marchio, “Tre60”, che fa libri uguali, ma proprio uguali, ai miei: stesse copertine, titoli simili; leggo su Il Libraio roba tipo: La cattedrale del mistero, Il segreto della reliquia maledetta...».
Oddio, è vero: copertine «chiassose e titoli pop», le vostre...
«Qual è il problema dei titoli e delle copertine, scusi? Bisogna avere tutte le copertine bianche o marroni come Einaudi o Adelphi? Sono pubblici diversi, come il cinema d’essai e il cinema di genere; se uno vuole leggere alta letteratura, si rivolge altrove».
Non era una critica. Era un fatto. Però, mi perdoni, questa cosa del low budget mica è roba vostra. Negli Usa c’erano i dime novelsei pulp magazines negli anni ’20- ’30. In Francia Eugene Sue e il feuilleton.
«Appunto. In Italia c’erano i super- economici del dopoguerra, Marcello Baraghini negli anni ’90, e noi stessi che pubblicavamo Dumas, Freud e la Austen. Solo che Baraghini vendeva la Lettera sulla felicità di Epicuro in opuscolo grappettato, noi i grandi titoli in brossura. Ieri come oggi erano vendite aggiuntive che non drogano affatto il mercato; anzi, chi va alla cassa con un libro che costa poco, è probabile che ne prenda, per curiosità, anche un altro. E il mercato si allarga».
Non è che s’allarga male: traduzioni pessime, carta scarsa, grafica ridondante?
«Ma cosa sta dicendo? Sperling & Kupfer fa lo stesso: uguale a me, specie nella grafica; mentre di Donzelli e degli altri è inutile parlare, dato che non sono mai riusciti ad arrivare a quel tipo di lettore. Ci sarà un motivo».
Cioè, intende il tipo di lettore “non alto”, il middlebrow contrapposto all’hightbrow, come direbbe il critico Mark C. Henrie?
«L’ho detto, ma poi non è neanche vero. Se si considera che l’Ulisse di Joyce non veniva tradotto da trent’anni, dai tempi di De Angelis; e la nostra traduzione di Enrico Terrinoni, nuova versione leggibilissima di un’opera osticissima più che una traduzione, è stata super- “ . premiata. Oltre 20mila copie vendute».
Un numero enorme. Se si considera che è un mattone micidiale...
«Sì, anch’io l’ho sempre trovato faticoso. Però parlo di Joyce. Non di Saviano che, come fenomeno mediatico, avrebbe venduto comunque. Stesso boom a intervalli, con Marx (60mila copie del Capitale), Fitzgerald, Kafka...».
«L’indignazione morale è in molti casi al 2% morale, al 48% indignazione, e al 50% invidia». Non è Joyce, è Vittorio De Sica, ogni volta che un critico o un collega massacrava un suo film. Non farò, con lei, quell’errore.
«Ecco, bravo...».
Però che cosa risponde a chi fa notare che col libro low budget il costo industriale è superiore al margine operativo netto?
«Rispondo coi fatti. Noi siamo il sesto editore italiano per mercato e il secondo come numero di pezzi venduti. L’anno scorso -col mercato in retrazione -abbiamo guadagnato il 15%; siamo una quarantina, due uffici discouting a Londra e New York ed editor pronti sempre a lanciare autori. Del Mercante di libri maledetti, premio Bancarella 2012, abbiamo venduto 400mila copie e i diritti in 16 paesi; e se 16 editori l’hanno preso vuol dire che scemi non sono. Tutto questo avviene senza distribuzione o librerie nostre. Noi non abbiamo “la filiera”, spesso ci basiamo sul passaparola».
Dicono che abusiate dei classici perché svincolati da diritti.
«Ho grande rispetto dei classici. Ogni volta che abbiamo riproposto Il sogno di Freud, Ariosto, Wilde, tutta la fantascienza o tutto il giallo sono botte di vendita. Andiamo benissimo anche nella saggistica nostra. Il giudice Imposimato con il suo ultimo saggio I 55 giorni che hanno cambiato l’Italia, con rivelazioni esclusive sul caso Moro, ora è primo nella saggistica e tra i primi dieci in classifica generale. Siamo già alla terza edizione».
Cioè: mi sta dicendo che non c’è crisi nel mercato librario; che la carta non è minacciata dall’ebook e da tutte le altre cose terribili che si sentono?
«La crisi c’è. Il cartaceo non morirà, sarà un mercato parallelo, la resa media oggi è del 35% e fa male a tutti. Non è l’e-book che fa chiudere le librerie, ma la crisi. Noi prima ci lamentavamo che lo zoccolo duro dei lettori era sempre lo stesso; ora stiamo perdendo anche quello. Domanda: ogni lettore perso potrà tornare da noi o abbandonerà per sempre? Quelli che vanno via finiscono sull’elettronico, e quindi bisogna investire su quello?».
Forse le risposte ce l’ha chi,come Feltrinelli, sta puntando sulle sinergie di marketing. L’offerta cibo/ libri o musica/libri non fa entrare in libreria i non-lettori?
«Ben vengano tutte le iniziative che portano gente in libreria. Come anche i libri-fenomeno, tipo Le sfumature , che fanno reggere il mercato. E viva la Meyer o Harry Potter, che conquistano i non lettori. Specie giovani con pochi soldi e molta curiosità. Bisogna poi tenere d’occhio il web. Per esempio, noi avevamo notato Ti prego lasciati odiare di Anna Premoli, autopubblicata su Amazon, che continuava a vendere, l’abbiamo presa e ha fatto 70mila copie».
Amazon minaccia il mercato?
«Amazon è in Italia da un solo anno e mezzo e nei primi sette mesi ha conquistato il digitale, e sta diventando il secondo editore su carta. La cosa buona è che qui c’è una legge che blocca lo sconto di copertina al massimo al 15%. Certo, vale solo sul cartaceo, ma sul digitale, pur essendoci la possibilità di sconti illimitati, l’ultima parola spetta sempre all’editore (anche se Amazon può fare pressione).
De Michelis di Marsilio afferma che ora come ora i soldi dello Stato fanno male alla cultura.
«Ha ragione: i soldi in Italia si sprecano malamente e non si promuove la cultura con marketing strategico e iniziative come la festa del Libro. Il 20% di sconto solo una volta l’anno non basta. Ma il concetto di far da sé mi è chiaro. Noi siamo fuori giochi, campiamo grazie ai lettori...»