Morya Longo, Il Sole 24 Ore 29/5/2013, 29 maggio 2013
L’ARMA A DOPPIO TAGLIO DI TOKYO
Non è più l’Europa con tutti i suoi problemi irrisolti. Non sono più Cipro o la Grecia. Il maggior pericolo per i mercati finanziari, nei prossimi mesi, potrebbe arrivare dal Paese più insospettabile: il Giappone. Sempre più economisti – seppur in netta minoranza – lo temono: la politica monetaria ultra-espansiva della Banca centrale, e soprattutto le speculazioni finanziarie che ha generato, rischiano di diventare un boomerang mondiale.
«Il Giappone – afferma Patrick Artus, capo economista di Natixis e membro del consiglio degli esperti del governo francese – rappresenta oggi una grande fonte di instabilità globale». «Il maggior rischio si materializzerebbe se i movimenti di capitali attesi dal Giappone, dopo la politica monetaria ultra-espansiva, non si verificassero», commenta su Bloomberg Adam Cole di Royal Bank of Canada. E non sono gli unici a pensarla così. La grande speculazione Per capire il motivo bisogna tornare al 4 aprile, quando la Banca del Giappone annuncia una politica ultra-espansiva senza precedenti: di fatto avvia una massiccia operazione di acquisto di titoli (non solo di Stato), che serve per tenere bassi i tassi d’interesse, per iniettare liquidità e per svalutare lo yen. Questo dovrebbe spingere gli investitori nipponici a diversificare all’estero il proprio portafoglio: se in patria non si trovano più rendimenti superiori allo 0%, proprio per effetto della politica monetaria, i grandi investitori non possono far altro che cercare tassi d’interesse appetibili all’estero. Hsbc quei giorni stimava che gli investimenti nipponici all’estero sarebbero aumentati di mille miliardi di dollari. Manna dal cielo per i mercati globali. L’attesa di questo fiume di soldi in arrivo dal Giappone e l’aspettativa del ribasso dello yen hanno dunque scatenato la speculazione internazionale. In attesa dei giapponesi, gli investitori di tutto il mondo hanno da un lato iniziato a comprare obbligazioni ad alto rendimento, bond emergenti, azioni, titoli di Stato in tutti gli angoli del mondo: questo ha spedito le Borse sui massimi e i rendimenti dei bond, inclusi quelli «spazzatura», sui minimi storici. Anche i BTp ne hanno beneficiato. Dall’altro gli investitori internazionali hanno continuato a speculare al ribasso sullo yen: ormai le posizioni "ribassiste" sulla valuta sono al livello massimo dal 2007. Il rischio boomerang Il problema è che qualcosa non sta andando come previsto. Perché i giapponesi, che nel 2012 avevano effettivamente aumentato gli investimenti all’estero, da aprile non l’hanno fatto come ci si aspettava. Anche l’ultimo dato del Ministero delle Finanze, relativo alla settimana finita il 17 maggio, dimostra che gli investitori nipponici hanno venduto titoli esteri per 804 miliardi di yen (7,9 miliardi di dollari). Non solo: nonostante gli acquisti della Banca centrale, i rendimenti dei titoli di Stato giapponesi decennali e trentennali non sono scesi, ma saliti: stavano rispettivamente allo 0,4% e all’1% il 3 aprile, mentre ora viaggiano sullo 0,89% e sull’1,82%. Questo ha spiazzato tutti. Se i tassi dei titoli di Stato nipponici salgono, infatti, gli investitori del Paese non hanno più bisogno di cercare all’estero rendimenti appetibili: questo rischia di ridurre o di bloccare la svalutazione dello yen e di sgonfiare le quotazioni su tutti i mercati internazionali. Perché viene meno l’appeal speculativo. Insomma: i mille miliardi che tutti attendono in arrivo dal Giappone, rischiano di non arrivare mai. O di arrivare solo in minima parte. Questo elimina, o mitiga, uno dei presupposti che hanno guidato il grande rally di Borsa degli ultimi mesi. Non è un caso che settimana scorsa, appena lo yen è rimbalzato e i rendimenti dei bond giapponesi sono saliti, su tutti i mercati internazionali sia scattato il panico. Anche se ieri la valuta nipponica è tornata a scendere, l’apprensione resta alta: perché le posizioni speculative "ribassiste" sullo yen sono ai massimi, per cui basta poco per invertire la rotta. Creando vero panico internazionale. Ma i problemi sono ancora più strutturali. Se i rendimenti dei titoli di Stato decennali salissero ulteriormente, le banche giapponesi rischierebbero grosso: «Gli istituti di credito hanno in portafoglio titoli di Stato nazionali pari al 160% del Pil nazionale – osserva Artus –: se il tasso dei decennali salisse al 2,5%, le loro perdite sarebbero così ingenti da farle collassare». Queste posizioni, tra gli economisti, sono minoritarie. Ma basta guardare quanto lo yen, nel bene e nel male, stia influenzando i mercati (anche ieri) per capire che i rischi non sono così remoti.