Domenico Palmiotti, Il Sole 24 Ore 29/5/2013, 29 maggio 2013
ALL’ILVA VA IN SCENA LA RIVOLTA DEI CAPI
TARANTO «Noi non ce la sentiamo di andare avanti così». Dirigenti di area, capi area e capi reparto dell’Ilva, la catena di comando della fabbrica, una cinquantina di persone in tutto, affidano ad una lettera, «con dolore», il racconto del loro stato d’animo dopo che il gip Patrizia Todisco li ha accusati di danni ambientali e di omissioni nelle misure di sicurezza. Il loro è un disimpegno dalla funzione, anche se qualcuno ieri voleva anche dimettersi e andar via dall’Ilva. L’hanno trattenuto ma sfiducia e tensione restano comunque elevati.
E se ne è avuta prova proprio ieri quando, nel primo giorno della seconda visita dei tecnici dell’Ispra e dell’Arpa all’interno del siderurgico allo scopo di controllare il rispetto delle prescrizioni dell’Autorizzazione integrata ambientale, gli «ispettori» sono stati accompagnati sugli impianti dell’area a caldo solo da due esponenti dell’Ilva. «L’altra volta - spiegano in fabbrica - non fu così. In ogni area c’erano gli uomini dell’Ilva che spiegavano ai tecnici dell’Ispra e dell’Arpa cosa si stava facendo. Stavolta, invece, l’aria è ben diversa. E non perchè gli interventi non si stiano facendo, ma perchè chi qui ha una responsabilità, una funzione di comando, adesso si sente nel mirino. Accusato. E non è possibile perchè questo toglie tranquillità».
I «responsabili di produzione e di manutenzione dello stabilimento Ilva di Taranto», è detto nella lettera inviata al presidente Bruno Ferrante, all’ad Enrico Bondi (entrambi dimissionari) e al direttore del siderurgico, Antonio Lupoli, sono «una generazione di dirigenti, quadri e capi che ha portato lo stabilimento a risultati operativi riconosciuti a livello internazionale. Ci siamo assunti coscientemente e volontariamente la responsabilità di evitare la chiusura dello stabilimento dopo gli avvenimenti di luglio 2012. Abbiamo deciso di metterci al servizio delle tante persone che lavorano nello e per lo stabilimento, portando avanti gli impianti con difficoltà che solo i veri esperti del settore possono facilmente descrivere. Abbiamo deciso di metterci al servizio della città di Taranto e dei suoi abitanti, accettando la sfida dell’Aia e garantendone l’applicazione. Una sfida unica al mondo - si legge nella lettera - tanto per i capitali investiti, quanto per la quantità enorme di attività contemporanee da portare avanti, mantenendo nel frattempo gli impianti in marcia per assicurare ai dipendenti la continuità lavorativa».
Ma venerdì scorso, scrivono dirigenti di area, capi area e capi reparto, «abbiamo appreso del provvedimento giudiziario che, malgrado tutte le attività e i nostri sforzi siano protesi all’esecuzione puntuale dell’Aia e ai miglioramenti impiantistici, staremmo ancora commettendo dei reati orribili derivanti dalla marcia stessa degli impianti. Questo è insopportabile. Non ce la sentiamo di andare avanti così. Noi - scrivono - non vogliamo commettere reati, non vogliamo fare del male a nessuno, non vogliamo infrangere le leggi». Però «evidentemente le nostre valutazioni tecniche - aggiungono - sono diverse da quelle di chi ci giudica e noi non ci sentiamo tutelati, in nessun modo e da nessuno». Ed è qui che arriva l’annuncio del disimpegno: «Da tecnici, da ingegneri, da capi, da dirigenti, comunichiamo la volontà di dimetterci dai nostri incarichi rimanendo, con spirito di servizio, a disposizione di chiunque verrà indicato per la messa in sicurezza degli impianti fino al loro spegnimento come conseguenza delle disposizioni del decreto». Lo spegnimento, ovviamente, è quello che prelude alla fermata degli impianti per poter poi fare i lavori di risanamento previsti dall’Aia.
«Non è uno sfogo, la realtà è che la gente non ce la fa più perchè dieci mesi di bufera hanno segnato tutti» dicono nella fabbrica. Pesa, per chi conduce altiforni e acciaierie, quel passaggio di pagina 13 dell’ordinanza laddove il gip dice che «dirigenti, capi area, responsabili dell’esercizio dello stabilimento» insieme a «legali rappresentanti, gestori e datori di lavoro... agendo nell’interesse ed a vantaggio» delle società Ilva e Riva Fire (i cui beni sono finiti sotto sequestro) «cagionavano danni ambientali anche associandosi tra loro, non provvedendo all’attuazione delle necessarie misure di sicurezza, prevenzione e protezione dell’ambiente». «Non accettiamo che ci siano rivolte queste accuse» è il commento dei capi. E il loro disimpegno provoca un altro smottamento in una fabbrica sempre più alle corde.
Ieri, intanto, si è vissuta un’altra giornata difficile e carica di incertezza. Nessuna protesta, nessun picchetto davanti ai cancelli del siderurgico mentre la delegazione di Ispra e Arpa, guidata da Alfio Pini, che è anche commissario alla bonifica di Taranto, ha ispezionato fra l’altro i parchi minerali, dove sono stati installati i primi «fog cannon» (le macchine finalizzate a ridurre le polveri dei parchi minerali), e i nastri trasportatori già coperti. Il controllo sull’attuazione dell’Aia proseguirà anche oggi e forse domani. All’Ilva per il momento non si sciopera perchè gli operai vogliono prima vedere come va a finire la vicenda. La loro preoccupazione si chiama stipendi e la scadenza è prossima: 10 giugno. «Già - si chiedono in molti - ma ce li pagano?»