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 2013  maggio 30 Giovedì calendario

I MERCATI GLOBALIZZATI HANNO ELIMINATO IL RISCHIO DELL’INFLAZIONE

La Abenomics varata dal Giappone, basata su un intervento di eccezionale stimolo monetario, che, secondo la strategia messa a punto dal nuovo governatore della BoJ, Haruhiko Kuroda, porterà avanti il quantitative easing, cioè l’acquisto di titoli pubblici da parte della banca centrale, fino a quando l’inflazione nipponica non raggiungerà quota 2%, è solo l’ultimo tassello di cinque anni di politiche monetarie totalmente non convenzionali. Nel prossimo biennio Tokyo raddoppierà la sua base monetaria e tutto questa iniezione di potere di acquisto al massimo genererà un’inflazione soltanto del 2%.

Negli Stati Uniti e nel Regno Unito, che hanno iniziato a monetizzare l’economia subito dopo il crack di Lehman Brothers, il rialzo del costo della vita rimane contenuto. A dispetto di quanto solitamente creduto, nell’economia globale contemporanea la produzione di nuova base monetaria non innesca tendenze di inflazione a doppia cifra, come accadde, ad esempio, negli anni 70 con la crisi petrolifera e la conseguente impennata del costo delle materie prime. Perché? Parte della spiegazione va ricercata negli originali meccanismi che correlano oggi moneta e inflazione. Nel caso di una grande economia, una appartenente ai cosiddetti Bric come quella russa, l’elasticità dell’inflazione alla espansione monetaria è particolarmente bassa. Secondo uno studio della ARB, Associazione delle banche russe, è pari soltanto allo 0,009. Significa che un raddoppio di M2, come quello deciso a Tokyo, avrebbe una ricaduta sull’inflazione pari allo 0,9% annuo di crescita dei prezzi medi al consumo. Una inezia se confrontata con il valore del 30% innescato dagli incrementi della bolletta energetica e delle tariffe dei servizi erogati in contesti di monopolio naturale od oligopolistici.

Questi numeri e queste elasticità, altrettanto contenute, anche se con valori diversi, valgono nelle stesse economie occidentali e aiutano a capire perché l’oceano di nuova moneta messo a disposizione dalle banche centrali per evitare politiche troppo pro cicliche, quindi soltanto in grado di amplificare la recessione, non debba far perdere il sonno. In questo contesto la Bce potrebbe, eccezionalmente, stimolare monetariamente l’economia dell’eurozona senza preoccuparsi troppo degli incubi tedeschi sull’inflazione a doppia cifra. Anche perché la disoccupazione europea è ben più alta di quella dei Bric, un fatto che dovrebbe fungere da ulteriore sterilizzatore di possibili pressioni inflazionistiche di un QE di Francoforte.

La recente strategia monetaria di Tokyo conferma quanto la stagione del QE globale sia ancora in piena fioritura.