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 2013  maggio 30 Giovedì calendario

MOLTO FUMO (ELETTRONICO), POCHE REGOLE

Le sigarette elettroniche, anche quelle senza nicotina, non sono sicure e quindi «vanno sottoposte alle regole e ai controlli di sicurezza dei farmaci». A far tremare i polsi dei circa duemila negozietti di fumo elettronico e al milione e mezzo di svaporatori italiani è il parere espresso dall’Aifa, l’Agenzia ministeriale del farmaco. L’equazione e-sigaretta uguale medicinale significherebbe infatti vendita esclusiva nelle farmacie e controlli molto più severi. Ma anche quel 10, 15% di fumatori convertito oramai ai vapori dai più svariati aromi dormirà sonni meno tranquilli sapendo che l’Aifa, proprio alla vigilia della giornata mondiale contro il tabacco, ha detto a chiare lettere che dai controlli effettuati la quantità di nicotina presente nelle ricariche è spesso diversa da quella dichiarata e che la combustione può liberare sostanze nocive anche per chi svapa facendo a meno della stessa nicotina.

Per ora il Ministro della salute, Beatrice Lorenzin, non si sbilancia. «Aspettiamo il parere del Consiglio superiore di sanità che per noi è come la Cassazione», dice. Aggiungendo però che «il valore principale è la tutela della salute, poi si tratterà di controbilanciare da un lato la migliore disciplina di mercato in base alle percentuali di nicotina e dall’altro la libertà delle persone».

Solo in farmacia?

Applicando il parere dell’Aifa sì, le sigarette elettroniche si potrebbero vendere solo in farmacie e parafarmacie, mandando a gambe all’aria un settore commerciale che tira e fa occupazione. Le parole della Lorenzin sembrano però far riferimento alla direttiva europea che dovrebbe a breve concludere il suo iter e che indica nel limite di 2 milligrammi di nicotina lo spartiacque: sotto vendita libera, sopra solo in farmacia.

Nicotina non conforme L’Aifa rivela che dai controlli effettuati la nicotina non risulta conforme «alla farmacopea internazionale», che per dispositivi medici tipo cerotti o chewinggum indica il limite tra lo 0,9 e l’1,8%. Significa che svaporando si rischia di assumere più nicotina di quel che si crede. Anche se, è bene ricordarlo, la nicotina non fa bene a cuore e polmoni ma non è cancerogena come il catrame e le altre quattromila sostanze tossiche che si inalano con le tradizionali «bionde».

Pericolose senza nicotina?

Stabilito che occorre fare chiarezza sulla quantità di nicotina che inaliamo, l’Aifa lancia però l’allarme anche sulla qualità delle e-sigarette. Questo perché «le sostanze inalate variano non solo in base al liquido inserito ma anche alla composizione del materiale plastico e alla temperatura raggiunta dal dispositivo». Con temperature troppo elevate infatti «penetrano negli alveoli polmonari raggiungendo diversi livelli di profondità» i ftalati. Parola che sembra uscita dal vocabolario dysneiano di Eta-Beta ma che indica dei prodotti chimici contenuti nella plastica, che possono avere effetti tossici nell’apparato genitale maschile oltre che in fegato, reni e polmoni.

Tassa sì o no?

Se il parere dell’Aifa fosse tradotto in atti di legge addio accise sulle e-sigarette come da tempo sognano alle Finanze per fare cassa con il nuovo business. Equiparare il fumo elettronico a dispositivi medici come cerotti, pillole o chewingum significherebbe tassare le esigarette come i medicinali da banco, ossia accontentarsi dell’Iva ridotta del 10% anziché del 21 come avviene oggi. Insomma lo Stato incasserebbe ancora meno.

Comunque meglio virtuale Le conclusioni dell’Agenzia lanciano una freccia a favore del fumo virtuale: «Rispetto alle sigarette classiche – è scritto - quelle elettroniche, se opportunamente regolamentate, possiedono un minor rischio per la salute qualora utilizzate per la disassuefazione medica del fumo».

Ferma restando – chiariscono gli esperti - la necessità di mantenere divieto ai minori di 18 anni.
Paolo Russo

CHI “SVAPA” SPENDE 450 EURO ALL’ANNO –
Nel nostro Paese i negozi specializzati in sigarette elettroniche continuano a spuntare come funghi. Si stima che i punti vendita abbiamo sforato la soglia dei dumila e, considerato il successo commerciale del prodotto, non è escluso che la cifra possa ancora moltiplicarsi per la fine di quest’anno. Specialmente nelle città di Milano, Torino e Roma, dove si registra la maggior concentrazione di negozi specializzati. Secondo i dati dell’Associazione Nazionale Fumo Elettronico (ANaFe), che riunisce l’80 per cento delle aziende operanti in Italia nella produzione e nella distribuzione delle sigarette elettroniche e degli aromi che vengono utilizzati per modificarne il sapore (dei quali il nostro Paese è il principale produttore in Europa), il giro d’affari è altrettanto vertiginoso: si parla di circa 350 milioni di euro all’anno. L’intero comparto dà lavoro a circa quattromila addetti (indotto escluso).

Il business non deve stupirci più di tanto se lo si confronta con il numero degli «svapatori» venduti. Secondo l’ANaFe sarebbero circa un milione e mezzo. Come dire che circa il 10 per cento del totale dei fumatori si è convertito alla sigaretta elettronica. Per ogni italiano che «svapa» la spesa totale - comprensiva dell’acquisto del kit iniziale, delle ricariche e degli accessori sarebbe di circa 450 euro all’anno, con un evidente risparmio rispetto alle «bionde» tradizionali (il cui costo medio è di circa 1.460 euro annui).

Se l’Italia dovesse seguire altri Paesi europei, è possibile ipotizzare che siamo solo all’inizio di questo boom. In Germania gli «svapatori» sono già 2 milioni.
Valentina Arcovio