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 2013  maggio 30 Giovedì calendario

CRESCONO LE LISTE CIVICHE COSÌ I SINDACI RESISTONO AL VENTO DELL’ANTIPOLITICA

Consensi dei partiti in picchiata libera e candidati sindaco soccorsi dalle liste civiche. Potrebbe essere questa, al di là della matematica vittoria del centrosinistra sul centrodestra e del trionfo dell’astensionismo sulla politica tutta (Movimento 5 Stelle compreso), un’ulteriore chiave di lettura per interpretare il risultato delle amministrative di domenica e lunedì scorso. Se infatti è vero che da almeno vent’anni le liste «espressione della società civile» ottengono risultati lusinghieri nelle consultazioni locali, nel voto dei giorni scorsi questo fenomeno ha assunto proporzioni decisamente più significative.

L’esempio più eclatante, come ha ammesso candidamente su La Stampa di ieri il segretario della Liga Veneta Flavio Tosi - «È in crisi il voto ideologico per la Lega» -, è proprio quello del Carroccio. L’unico partito, val la pena ricordarlo, figlio proprio della grande crisi politica degli anni Novanta da cui sono nate le prime liste civiche. Nell’ormai ex roccaforte di Treviso la Lega è passata dal 15,4 all’8,3% (quattromila voti netti in meno rispetto al 2008, ) e, se il sindaco sceriffo Giancarlo Gentilini ha agguantato il ballottaggio, è solo grazie alla lista targata con il suo cognome che ha ottenuto più o meno gli stessi voti di cinque anni fa. È accaduta la stessa cosa nei centri più piccoli: a Villafranca e a Sona (entrambe in provincia di Verona) la lista Tosi ha preso rispettivamente il 16 e il 12,4%, mentre la Lega si è fermata al 3 e al 7,4%. Non sono solo i nomi dei big a fare da traino. A Piove di Sacco (Padova) la lista propria del candidato leghista Recaldin ha preso il 12,4, due punti percentuali in più di quella «ortodossa» del Carroccio.

Il fenomeno delle liste civiche «volano» riguarda anche centrosinistra e centrodestra. Un po’ in tutta Italia. A Roma quelle che sostenevano il candidato del Pd Ignazio Marino hanno preso il 9,5 contro il 4,8% di cinque anni fa, mentre negli altri quindici comuni capoluogo in cui si è votato la percentuale di consensi è cresciuta in media del 5,4%. Sul fronte opposto le liste pro-Alemanno hanno ottenuto il 2,3% dei consensi in più, mentre a livello nazionale si è passati dal 6,5 al 10,4%.

Come spiega Federico De Lucia, collaboratore del Centro italiano di studi elettorali della Luiss guidato da Roberto D’Alimonte «le liste civiche, per la prima volta, sembrano contribuire per qualcosa di ulteriore rispetto alle potenzialità elettorali dei partiti: sembrano cioè colmare, con il radicamento territoriale che indubbiamente hanno, quel crollo di legittimazione che aveva colpito le dirigenze nazionali dei partiti lo scorso febbraio».

Ma se le liste civiche hanno salvato l’autostima dei candidati sindaco, di certo non hanno fatto lo stesso con quella dei partiti. Il pugno in faccia che ha colpito lunedì pomeriggio Pd, Pdl e Lega Nord, già barcollanti per la sberla subita alle politiche di febbraio, li ha mandati a stendere come mai prima d’ora. Il confronto dei voti «assoluti» effettuato dall’Istituto Cattaneo è inclemente: nei sedici comuni capoluogo in cui si è votato il Pd ha preso 384 mila voti, 243 mila (il 38,8%) in meno rispetto al voto per la Camera, mentre il Pdl si è fermato a 247 mila, 163 mila (il 39,7%) in meno. Ancora peggio hanno fatto il Movimento 5 Stelle, da 581 mila è calato a 165 mila voti (il 71,5%) e la Lega Nord, da 31 mila a 14 mila e 800 voti (il 52,3%).

I numeri vanno nella stessa direzione anche paragonando i risultati di lunedì con quelli delle ultime amministrative. A Roma il Pd è passato dai 521.880 voti del 2008 ai 267.505 di oggi (in percentuale dal 34 al 26,3%) mentre il Pdl da 560.648 a 256.124 voti (dal 36,5% al 25,1%). Idem in altre due roccaforti come Siena, per il Pd, e Brescia, per il Pdl. Nella città toscana travolta dallo scandalo Montepaschi il Pd è passato da 11.723 a 6.483 voti (dal 38,5 al 25,3%), mentre nel capoluogo del Nord in cui Berlusconi ha tenuto uno dei pochissimi comizi di questa campagna il suo partito ha perso il 60% degli elettori, da 29.060 a 11.180 (dal 28,3% al 14,4%).