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 2013  maggio 30 Giovedì calendario

LA CORTE DEI CONTI AI PARTITI: RESTITUIRE I RIMBORSI NON SPESI

Prima del governo, in anticipo di molto rispetto al Parlamento, arriva la Corte dei Conti a piazzare solidi paletti intorno al concetto di denaro pubblico a proposito di rimborsi elettorali. Il pretesto è citazione a giudizio contabile per Luigi Lusi, l’ex cassiere della Margherita accusato di aver sottratto decine di milioni di euro dalle casse del partito. Nel documento, reso noto ieri sera dal tg de La7,la procura regionale della Corte dei Conti stabilisce per la prima volta un principio che appare inedito. E che limita quel connotato «privatistico» che il rimborso elettorale assumerebbe una volta che viene trasferito dalle casse dello Stato in quella del partito. Spiegano i giudici contabili che pur diventando, quei denaro, pienamente disponibili da parte dei responsabili amministrativi dei movimenti politici, il loro utilizzo deve essere sempre destinato a garantire l’esercizio dell’attività politica da parte dei rappresentanti eletti dai cittadini. La quale attività può anche essere esercitata dopo aver saldato tutte le spese per le campagne elettorali, giustificando la permanenza nelle casse dei partiti di eventuali saldi attivi. Ma certamente non c’è ragione di trattenere quei denari da parte dei movimenti politici che chiudono i battenti, come era il caso della Margherita. E il concetto è ovviamente estensibile a tutti i partiti che hanno interrotto la loro attività politica.
Intanto domani al Consiglio dei ministri il governo è deciso a varare proprio il ddl suo finanziamento pubblico. Ma nessuno nasconde «i grossi problemi tecnici». In realtà è in corso un braccio di ferro tra Enrico Letta e Pd e Pdl. Il premier vorrebbe cancellare del tutto i rimborsi elettorali. In cambio, promette il sostegno dello Stato attraverso la concessione di immobili pubblici e spazi gratuiti in tv. E la Ragioneria sta studiando di raddoppiare la quota che i cittadini possono versare a favore delle forze politiche al momento della dichiarazione dei redditi: non l’1 per mille, ma il 2 per mille.
Pd e Pdl, che già minacciano il licenziamento dei propri dipendenti, chiedono invece che vengano introdotte solo delle limitazioni ai rimborsi elettorali. Attualmente i partiti percepiscono 2 euro per ogni voto, per ogni anno di legislatura e l’idea è quella di abbassare questa cifra a 50 centesimi e di far scattare l’erogazione dei contributi pubblici solo a fronte di spese «ben documentate e certificate». «In questa maniera, considerando anche il minor gettito per lo Stato derivante dalle detrazioni fiscali applicate ai cittadini che intendono sostenere i partiti con libere donazioni, la spesa dovrebbe essere di 50 milioni all’anno, contro i 91 attuali», dice uno sherpa.
Da definire soltanto sul piano tecnico, con l’aiuto della Ragioneria, è invece la questione delle detrazioni e delle deduzioni per i cittadini che decidono di effettuare donazioni ai partiti. Per evitare il collasso di Pd, Pdl e degli altri partiti strutturati, a palazzo Chigi stanno scrivendo delle norme transitorie «in modo da ottenere un impatto graduale della riforma». Il che vuol dire che il taglio dei fondi dovrebbe essere del 50% nel 2014, del 75% nel 2015, per arrivare all’azzeramento dal primo gennaio 2016. «Ma se il sistema delle contribuzioni private dovesse essere in grado da subito di finanziare i partiti, da subito scatterebbe l’azzeramento». Oggi nuovo vertice.