Gian Antonio Stella, Corriere della Sera 29/05/2013, 29 maggio 2013
SEI COMUNI IN UNO PER VIVERE MEGLIO
Non cercate su Google map Civitanova Polesine: non esiste. Pochi mesi, però, e anche il motore di ricerca dovrà adeguarsi. Quel comune dal nome antico ma nuovo di zecca, infatti, sta nascendo. E rappresenterà un salutare ceffone al campanilismo. Al fanatismo localistico. Alla pigrizia culturale di chi si chiude a riccio nello spirito della contrada. Civitanova Polesine nasce dall’unione di sei comuni: Arquà Polesine, Costa di Rovigo, Frassinelle Polesine, Pincara, Villamarzana, Villanova del Ghebbo. Il più minuscolo, Villamarzana, ha 1.225 abitanti. Il più popoloso, Arquà Polesine, 2.850. Per capirci: sono tutti così piccoli da non essere politicamente in grado di avere un peso non dico a livello nazionale, non dico a livello regionale ma neppure a livello provinciale. Quanto alle faccende amministrative, immaginate il costo di ogni servizio moltiplicato per sei. Con questi chiari di luna, poi. Come spiegano i sei municipi in un volantino distribuito a tutta la popolazione per convincere gli scettici, «anche le amministrazioni comunali devono fare i conti con le difficoltà di tagli sempre maggiori ai trasferimenti statali e Regionali». Di più: «Le ultime normative entrate in vigore di recente come la spending review e il rispetto del patto di Stabilità ingessano e riducono l’operatività dei nostri piccoli comuni rendendo problematico per il futuro ogni intervento e ogni erogazione di servizi importanti».
Da qui l’idea di chiedere all’Anci cosa succederebbe unendo i sei comuni. Risposta: «1) Un drastico ridimensionamento delle cariche politiche e dei relativi "costi della politica". 2) Un significativo risparmio economico annuale dovuto al taglio dei costi fissi per un totale di 300 mila euro. 3) La possibilità di ricevere contributi statali e regionali opportunamente destinati alle fusioni e ipotizzabili in almeno 400 mila euro annui...». E poi il raggiungimento di una dimensione territoriale e demografica in grado finalmente di pesare. E ancora «la possibilità di derogare per alcuni anni al patto di Stabilità» e «il mantenimento e, dove possibile, un miglioramento di tutti i servizi erogati» perché, messi insieme, costeranno molto meno.
E i cari, vecchi, amati municipi che alimentavano l’amore per la propria contrada? Resteranno, come semplici sportelli «per continuare a erogare localmente i servizi di base rivolti in particolare alle fasce più deboli» e mantenere le specifiche vitalità locali. Per intenderci: ogni cittadino conserverà il diritto a riconoscersi nel suo campanile come ci si riconosce nella propria parrocchia. Ma dentro un contenitore più grande, più forte e si spera, grazie a investimenti oggi impossibili, più agile ed efficiente.
Un progetto ambizioso che però non può essere imposto senza il consenso dei cittadini. E va dato atto ai sei sindaci, Claudio Rosa e Antonio Bombonato, Ennio Pasqualin e Renzo Visentin, Valerio Galvan e Fabio Giacometti, di avere avviato una discussione piazza su piazza per spiegare, spiegare, spiegare. Un percorso che porterà infine, a ottobre, a un referendum. Sperando che qualcuno, per bassi motivi elettorali, non cerchi di titillare i peggiori egoismi campanilistici... Sarebbe un peccato: Civitanova Polesine potrebbe essere d’esempio per tanti altri.
Gian Antonio Stella