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 2013  maggio 29 Mercoledì calendario

TURISMO FUNEBRE. TRA LE TOMBE A LEZIONE DI VITA

Sono giudizi personali. Il più bel cimitero del mondo, con la più tenera tomba del mondo, è lungo oltre mille chilometri e sta nella Baja (Bassa, pronunciare «baca») California, Messico, una lingua di sabbia bianca e roccia rossastra che va dalla bieca Tijuana slombata dai narcos giù sino ai Cabos, San Lucas e San José, che sfoggiano faraglioni e leoni marini.
Mille e passa chilometri nella «foresta senz’ombra», fatta di cactus gloriosi, spinosi e minacciosi alti sino a 20 metri e presidiati in cima dagli avvoltoi, di bassi cespugli di legno aromatico, di milioni di lucenti bottiglie di plastica gettate dagli automobilisti assetati che solcano la Carretera numero 1, nel senso di unica via dal Nord al Sud. Ai lati della strada, dove cominciano bottiglie e cespugli e cactus, sorgono croci bianche, di legno, piantate in memoria dei moltissimi morti spesso sepolti sotto, vittime delle auto «volteadas», capottate, che rimangono lì, scheletri di ruggine sotto il gran sole. Appiccicate alle croci le fotografie dei morti, anche intere famiglie, le piccoline belline che non arriveranno mai a farsi bruttocce come la madre, panciuta e talora pure baffuta. Non c’è cimitero che ti avvolga così, ti penetri, ti predichi vita calma. Ti trapassi, anche: croci a destra e croci a sinistra.
La più bella tomba nel mondo si trova lasciando di poco la strada-cimitero per andare in una parallela infinita spiaggia sul Mar di Cortez, fra Loreto, «antigua capital de todas la Californias», e Mulegé della più antica «mission» spagnola della Baja. Sembra una sdraio su cui riposano rose (di plastica), c’è la foto del sepolto, un bellissimo giovane biondo, tipo figlio dei fiori, con nome anglosassone, e quella del gruppo delle donne che lo amarono e che si sono ritrovate per l’immagine ufficiale del loro sereno dolore, e una scritta in inglese dice che lui così potrà riamarle tutte e tuffarsi nel suo carissimo mare lì a pochi metri.
Fuori di questa esoticissima eppur facile magia del Messico, terra dove il culto dei morti porta anche i bambini a celebrarli con dolci e oggettini, il cimitero secondo (quelli della Baja sono insieme considerati uno, e primo) è per noi Ramatuelle, Provenza più che Costa Azzurra anche se il paese sta appena sopra Saint Tropez.Bisognafaticare per trovare nel cimiterino senza custodi la tomba di Gérard Philippe, attore prodigio del cinema francese («Fanfan la Tulipe», «Belles de nuit» con la Lollo), ucciso giovane da un’ameba figlia del servizio militare in Algeria. Aveva l’espressione buona e stupita e curiosa che vorremmo avesse un nostro fratello minore. C’è soltanto il nome suo e quello di sua moglie, lettere di bronzo su un rettangolo di granito, c’è una scritta che avverte: «Non lasciate fiori o fotografie o ricordi personali». Una scritta, ecco, che ti fa sentire gemiti di femmine innamorate, bramiti di donne cerbiatte che se lo contesero.
Mentre sempre in Provenza con vista sulla Costa Azzurra, a SaintPauldeVencevillaggiodi pittori rovistatissimo da troppi turisti, geme la dolente storia russa sulla seminascosta tomba di Marc Chagall, che prima degli innamorati della Tour Eiffel dipinse gli ebrei perseguitati del suo villaggio natale. La scritta del nome è celata, per avvistare la tomba dell’artista si devono cercare le pietre che, tante, sono messe sulla tomba, alla maniera appunto ebrea. Pietre che nel kafkianissimo famosissimo cimitero ebreo di Praga stanno fra le lapidi infitte verticalmente nel terreno, per risparmiare spazio.
C’è da perdersi per incantamenti assortiti, per cimiteri. Da quelli facili come il centralissimo Père Lachaise a Parigi, dove sta tanta umanità celebre, ai vasti giardini di croci e fiori che nelle città statunitensi contendono le periferie alle esposizioni di auto usate.
Valeria Paniccia ha fatto dei documentari televisivi bellissimi sul bellissimo dei cimiteri, ora sta per uscire presso Mursia il suo libro «Passeggiate nei prati dell’eternità», turismo funebre ma per niente funereo, anzi. Milano, Genova, Torino e Venezia hanno per lei i cimiteri più belli, sublime al Monumentale ambrosiano la tomba di Isabella Casati Airoldi scolpita a seni nudi. Quanto a Torino, che era per noi bambini la tomba di Tamagno, il grande cantante lirico, alta più di tutte come erano le sue note, c’è da dire che trattiene la salma di Valentino Mazzola, il capitano di quelli di Superga. Il Toro diede 150 mila lire del 1949 ai famigliari lombardi perché la lasciassero lì, doveva dar vita a un mausoleo, ma dopo anni e anni è sorto un monumentino.
E stando nel calcio, a Venezia Helenio Herrera riposa, come voleva, nel cimitero degli inglesi, padri del football che lui amò, ma per la lapide è nato dieci anni dopo la data vera: in vita si diceva sempre più giovane dell’anagrafe, la vedova Fiora ha marmorizzato il suo dire.