Maurizio Molinari, La Stampa 29/5/2013, 29 maggio 2013
COLORADO ALL’ASCIUTTO. INDIANI E COWBOY SI ALLEANO PER SALVARLO
Siccità record e sfruttamento in eccesso rischiano di far morire il fiume del West ma per salvarlo si riunisce a San Diego un insolito summit a cui partecipano governo federale, Stati, gruppi ecologisti e tribù indiane, con l’imperativo di «fare presto».
I 2334 km del corso del Colorado, dalla sorgente sulle Montagne Rocciose al Golfo di California, sono la spina dorsale del West sin da quando, circa duemila anni fa, le prime tribù indiane si insediarono lungo i suoi argini. Dalla nazione Navajo ai cercatori d’oro, dagli agricoltori degli altopiani alle dighe della California, l’insediamento dell’America sulle coste del Pacifico è avvenuto grazie ai rifornimenti d’acqua del Colorado. Ma il rapporto «American Rivers» di quest’anno lo definisce «il fiume a maggior rischio di scomparsa» a causa dell’impatto della siccità record in arrivo, combinata con quella del 2012 e il massiccio sfruttamento delle acque che alimentano il 15 per cento dei raccolti agricoli nazionali, sette Stati e 40 milioni di abitanti, inclusa l’acqua potabile per metropoli come Denver, Los Angeles, Las Vegas e Phoenix. Il previsto abbassamento in settembre delle riserve idriche di Lake Mead e Lake Powell al 45 per cento della capacità è il superamento della «linea rossa» che ha spinto il ministero dell’Interno a convocare a San Diego, in California, un summit fra i rappresentanti di tutte le comunità dipendenti dal fiume per chiedere di raggiungere in fretta un nuovo accordo sulla distribuzione delle acque, pena la necessità di razionarle a partire da gennaio.
«Il fiume Colorado è il più sfruttato e regolato del mondo ma fra 50 anni non sarà più in grado di sostenere nessuno - ha ammonito Michael Connor, inviato del governo federale a San Diego - se non lo aiutiamo a sopravvivere». Per California, Arizona, Colorado, Nevada, Utah, New Mexico e Wyoming significa fare i conti con le conseguenze di una siccità estrema - attesa per il secondo anno consecutivo - che li obbliga e ripensare in fretta reti idriche, distribuzione elettrica ed anche il tempo libero degli abitanti, per l’importanza che il fiume ha per molti sport.
Attorno al tavolo del summit, nella sede del Geological Survey, siedono anche associazioni ecologiste, rappresentanti sindacali e inviati di dieci tribù indiane a conferma della pluralità di esigenze connesse ad un corso d’acqua che attraversa, fra l’altro, 11 dei maggiori parchi nazionali degli Stati Uniti. «Quello di oggi è solo il primo passo ha detto Anne Castle, viceministro per l’Acqua e le Scienze - ne servono molti altri per trovare soluzioni pratiche alla carenza d’acqua che si verrà a verificare dalla fine di dicembre a causa della nuova stagione di siccità estrema».
Residenti, aziende, ranch, agricoltori e tribù di indiani sono chiamati a formare tre gruppi di lavoro per definire in tempi rapidi i «rimedi da adottare» ovvero come far risparmiare acqua a città, agricoltori e parchi. Si tratta di riorganizzare in pochi mesi le attività umane ed economiche in un’area di oltre 637 mila kmq che, solo pensando al turismo, alimenta un giro d’affari di oltre 26 miliardi di dollari annui. «Non c’è tempo da perdere, dobbiamo salvare il fiume del West» afferma Jennifer Pitt, capo della coalizione ecologista Colorado River. È una battaglia a cui guarda interessato il confinante Messico, attraversato dall’ultimo tratto del fiume, anche se i suoi rappresentanti non sono stati inviati.