Guido Ruotolo, La Stampa 29/5/2013, 29 maggio 2013
«UNA TALPA DICEVA ALLA LEGA SE C’ERANO INDAGINI»
Si fa commiserare quando racconta di essere finito dalle stelle alle stalle. È vero, aveva iniziato come autista dell’avvocato Alfredo Biondi, Forza Italia, a Genova. Ma dopo essere stato sottosegretario di governo, vicepresidente di Fincantieri, tesoriere della Lega Nord, con tre figli piccoli da sfamare, lui, Francesco Belsito, finito nella polvere per aver investito il finanziamento pubblico della Lega in operazioni speculative all’estero, in Tanzania, e per aver foraggiato la famiglia Bossi allargata è stato costretto a non andare per il sottile.
«La mia mansione (attuale, ndr) è cassiere, responsabile amministrativo-contabile di una discoteca. Naturalmente - spiega al pm Lombardo che lo interroga - ci sono le serate danzanti... io mi occupo sia della parte diciamo artistica, quindi organizzazione di eventi, sia della parte amministrativa».
Sono le 16,26 del 14 marzo scorso e Francesco Belsito, che sarà arrestato il 24 aprile dalla Procura di Milano, ha deciso di difendersi rispondendo alle domande del pm antimafia di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo.
Un interrogatorio sconvolgente, perché l’ex uomo potente della Lega rivela la compromissione non solo del «cerchio magico» bossiano ma anche dello stesso Roberto Maroni (e Roberto Castelli) nella gestione degli «affari di famiglia».
Sembra ormai archeologia giudiziaria. Appena un anno fa le perquisizioni delle Procure di Reggio Calabria e Napoli, le carte trasmesse a Milano. I figli di Bossi, la moglie, la corte del fondatore del Carroccio finanziata dal fedele Belsito.
E adesso le rivelazioni dell’ex tesoriere che rischiano di far affondare la Lega. Il governatore della Lombardia, Roberto Maroni, è «sospettato» da Belsito di aver intascato una stecca di 54 milioni di euro per gli affari Finmeccanica in Libia. Umberto Bossi e Roberto Castelli sanno, l’8 febbraio del 2012, che «tre procure» indagano sulla Lega e che stanno per scattare delle perquisizioni (che avverranno il 4 aprile). Belsito racconta anche che la Lega Nord finanziava il Mpa del governatore della Sicilia, Raffaele Lombardo.
La Lega è ricca «Nella mia gestione (di cassiere della Lega,ndr) soldi non se ne sono mai persi. Tanto è vero che sono uscito dalla Lega e ho lasciato 40 milioni di euro». Belsito vuole convincere il pm Lombardo della sua... professionalità: «Avrà visto la storiella dell’oro, dei brillanti?». Sembrava che alla Lega rigenerata quegli investimenti poco ortodossi e molto speculativi facessero ribrezzo. Ribrezzo al punto tale da disconoscerli. Sembrava. «Quando i miei avvocati allora hanno risposto a Milano e hanno detto benissimo, allora se questi investimenti non sono della Lega dateceli indietro. E sono andati a prenderseli di corsa. Con un risultato economico. Ho comprato l’oro a 38, 39 euro e passati due mesi eravamo già a 52, 53, 54 euro. Ho comprato un milione di corone norvegesi nel mese di dicembre, vendute a gennaio con 57.000 euro di interessi attivi».
Francesco Belsito affronta il tema del complotto nei suoi confronti: «È stato qualcuno all’interno del movimento (Lega, ndr) che ha deciso di attaccare me, perché l’attacco maggiore non derivava tanto dall’investimento all’estero, perché poi quello non solo è rientrato ma ha dato tutto un resto di investimenti in più. Ma l’attacco alla famiglia, cioè il mantenimento della famiglia, che è una cosa che io avevo ereditato». Il pm invita l’indagato a collaborare all’inchiesta: «Chi è il regista di questa manovra?».
L’ex tesoriere punta il dito contro Roberto Maroni: «Quello che ho saputo, da fonti del partito, è che cercavano informazioni su di me, che c’era un dossierfattodaMaroni,cheMaronilodiceva pubblicamente». Controreplica il pmGiuseppeLombardo:«Perchéleidice che non c’è nessun dossieraggio contro Maroni?» «Perché non c’è niente».
Libia generosa Ne aveva fatta di strada l’autista dell’avvocato Biondi. Vicepresidente della Fincantieri, con il pallino di «promuovere all’estero l’azienda di Stato». Racconta al pm antimafia di Reggio Calabria: «Seguivo la trattativa Libia, per la Fincantieri. Prima la Finmeccanica era andata giù in Libia e aveva ottenuto grandi risultati. Successivamente avevo intrapreso questa trattativa con Fincantieri per la costruzione di 10 fregate. Avevo scoperto in Libia voci vere o no, io non lo so, che uomini del ministero della Difesa avevano detto che qualcuno della Lega, e non io, aveva preso sugli apparati radar, sulle apparecchiature legate al mondo Finmeccanica, aveva preso dei soldi».
Tangenti, precisa il pm. La storia è nota. Belsito l’aveva raccontata a «Panorama» e Maroni aveva querelato. Siamo alla vigilia del conflitto in Libia che porterà al crollo del regime di Gheddafi. Il pm chiede a Belsito se la vicenda delle tangenti libiche «le sembra un buon motivo per fare fuori Francesco Belsito, delegittimarlo». «Non saprei dirvi se questa notizia, che sicuramente a lui era arrivata alle orecchie, sia stato un altro motivo di odio». Belsito a un certo punto esplicita la dimensione della tangente che sarebbe finita in tasca a Maroni : «Si parlava di 54 milioni di euro».
La cassaforte in Africa Ricordate l’investimento dello scandalo in Tanzania? Belsito spiega al pm che quei fondi dovevano costituire il
«tesoretto» di Umberto Bossi, in caso di scissione nella Lega, per finanziare così la propria campagna elettorale. «Avvisai Bossi che c’era una raccolta fondi, sempre voci di partito, lettere riciclatori della potente organizzazione mafiosa, la ’ndrangheta. Il 14 marzo scorso, Belsito ha deciso di iniziare a collaborare rispondendo alle domande del pm Giuseppe Lombardo. Ma poi, il 24 aprile, Belsito è stato arrestato dalla Procura di Milano per
anonime, dove determinati esponenti, importanti imprenditori, stavano foraggiando l’iniziativa nel Nord. Roberto Cota, Luca Zaia e Roberto Maroni incontrarono soggetti … ma non imprenditori improvvisati, gente di livello nazionale e dove stavano facendo una raccolta fondi. Ma il partito non c’entrava nulla, e non c’entrava niente . Si parlava di quello del … come si chiama? Quello della Luxottica, Del Vecchio».
Ragiona il Pm: «E quindi diciamo, all’interno della Lega si stava creando già una fronda, che in qualche modo avrebbe portato alla fine del partito o avrebbe creato sostanzialmente un soggetto autonomo?».
Belsito: «Certo. Un soggetto autonomo.Tantoèverochelapreoccupazione di Bossi era quella … se rompiamo dobbiamo essere in grado di fare campaassociazione a delinquere, truffa aggravata, riciclaggio e appropriazione indebita. «Da tesoriere – per i pm milanesi – ha tentato di depredare il patrimonio della Lega e ha interpretato il ruolo di uomo politico con l’unica finalità di approfittare delle opportunità».
gna elettorale. Ed ecco lì il motivo del Fondo». Pm: «La ragione dei soldi in Tanzania?». «Lo spostamento del Fondo viene costituito perché lui voleva». Pm: «Voleva un tesoretto disponibile».
Targhette ladrone L’argomento l’introduce Belsito: «Vorrei che qualcuno mi spiegasse qualcosa. Sapevano che arrivavano le perquisizioni prima e hanno cambiato le targhe delle stanze dove c’era la contabilità con i nomi dei deputati e senatori. Quelle stanze dove lei (continua rivolgendosi al pm, ndr) leggeva onorevole Tizio o Caio, non c’era nessun onorevole, erano le stanze della contabilità».
Pm: «E lì c’erano i documenti?». Certo che c’erano i documenti: «Io prendevo la carta, la consegnavo alla Dagrada che faceva tutto...».
Non è stata l’unica volta. Belsito: «Quando c’è stata poi la perquisizione delle quote latte … idem! Stesso giochetto, targhe dei deputati e non hanno trovato niente. Siamo sempre alle solite! O qualcuno lo fa apposta».
Talpe dispettose Ma chi li aveva avvertiti delle imminenti perquisizioni? «Questo non lo so, ma sapevanobenissimo,perchèiohoavutoun bisticcio con Castelli, davanti a Bossi, e lui mi ha detto “Ci sono tre procure che indagano”eioglihorispostoconsemplicità:” ma sei un cartomante? O anche tu (riferendosi sempre a Castelli, ndr) fai parte del sistema? Come fai a sapere? Perché tre e non una o due Procure?».
Il pm Lombardo è fortemente interessato a stabilire la data dell’incontro con Bossi e Castelli. Agli atti dell’indagine c’è una intercettazione dell’8 febbraio 2012 nella quale Bossi convoca con urgenza Belsito a Roma.
Ricorda Belsito: «C’è una intercettazione. Mi chiama di notte Bossi, la Rosy Mauro... io ero in albergo e mi dice “domani mattina il capo ti vuole parlare”». Nei brogliacci della Dia di Reggio Calabria, il tesoriere parla con Bossi che lo convoca per l’indomani mattina, «dopo essere stato da Monti e lo vuole da lui a mezzogiorno. Poi di nuovo Belsito parla con la Mauro che dice che la vede brutta... Belsito dice di essere tranquillo. Si salutano»
In quella riunione a tre, Castelli chiede a Belsito il sacrificio: «Voleva le dimissioni, perché c’erano tre Procure che indagavano. “Se tu vuoi bene al partito...”. Gli ho detto, ma perché mi devo dimettere?».
Pm: «Ma lei ha capito Castelli attraverso chi l’aveva saputo?» Risposta: «So che era un periodo che si vedevano tutti di nascosto. Poi io e lui... perché io andavo sempre da Bossi a dirgli, capo..». Pm: «Tutti chi?». «I vari dirigenti del partito, che potevano essere Calderoli, che poteva essere Maroni, Castelli. Lo stesso Stiffoni. Io sono andato a cena con Stiffoni, una sera dove lui mi pregava di dare le dimissioni. Io le posso giurare, lo chieda a Bossi. Io andavo da lui, a casa sua o in ufficio da lui, e gli dicevo “se vuoi le mie dimissioni, io non ho problemi a dartele. Però ricordati che tutti questi soggetti che sono qua, sono tutte delle persone veramente scorrette. Perché davanti ti fanno un gioco e dietro ne fanno un altro...».
Allora, torniamo all’incontro a tre. Castelli comunica le imminenti perquisizioni, le indagini di tre procure. «Io rimango con Bossi e Bossi che gli dice vaffanc... a Castelli». Pm: «Quindi Bossi non lo sapeva?». «No...».
I fratelli del Sud Domanda il pm Giuseppe Lombardo: «Al Sud spinte separatiste c’è ne erano? «Loro erano alleati con Lombardo. Io, ad esempio, con Lombardo, mandavo ogni anno un bonifico. Perché il Mpa era in coalizione, così mi era stato detto, con la Lega, una parte del finanziamento, del rimborso elettorale». Quindi c’erano queste spinte, insiste il pm. «C’erano e i rapporti con loro li aveva Calderoli». Dunque la Lega finanziava il Mpa? «Finanziava....».