Franco Bechis, Libero 28/5/2013, 28 maggio 2013
IL PD: MENO SOLDI ALLA CASTA È UNA BALLA, ECCO PERCHÉ
Gentile Direttore,
ho letto la conclusione del suo editoriale di ieri che fa riferimento a una mia proposta di legge. Le scrivo per confermarle che tra le quattro affermazioni ivi contenute due effettivamente trovano riscontro nella realtà. Per le altre invece devo segnalarle che un grave errore di valutazione e di analisi l’ha indotta a fornire due notizie sbagliate in due righe.
Partiamo da ciò che è correttamente riportato nell’articolo. È vero che ho presentato una proposta di legge per rivedere il sistema di indennità dei parlamentari nazionali. È altresì vero che propongo di farlo convergere verso il sistema in uso presso il Parlamento Europeo. Sbagliate – quando si parla di cifre occorre talvolta usare parole chiare –sono al contrario le conclusioni cui lei giunge dicendo «che l’indennità netta passerebbe da 5.000 a 6.200 euro netti », così come sbagliate sono le previsioni per cui, a suo dire, «anche i gettoni di presenza si adeguerebbero a parametri più elevati». Vediamo perché è così.
La proposta, come riporta il testo di presentazione anch’esso depositato alla Camera, «si pone l’obiettivo di perseguire una politica di razionalizzazione del meccanismo indennitario vigente, inducendo un generale ripensamento del complessivo sistema di indennità, rimborsi spese e diarie di cui godono attualmente i parlamentari italiani. Tale sistema, mai come oggi, appare bisognevole di un cambiamento ragionato, soprattutto in considerazione della complessa situazione economica e finanziaria italiana».
Prima di entrare nel merito, mi consenta una considerazione di buon senso. Ma le pare che, a partire da questa premessa, avrei potuto poi proseguire elaborando una norma che aumentava le indennità? Ovviamente no.
Ed ecco cosa ho scritto nell’articolo sulle indennità: «L’indennità spettante, a norma dell’articolo 69 della Costituzione, ai membri del Parlamento per garantire il libero svolgimento del mandato è regolata dalla presente legge ed è di importo pari all’indennità spettante ai membri del Parlamento europeo, aggiornata in base al relativo meccanismo di indicizzazione».
Dunque, l’indennità del Parlamentare Europeo è di 7.956,87 euro. Quella del parlamentare italiano è di 10.435 euro. Ne deriva che se l’indennità passa da 10.435 a 7.965,87 diminuisce e non aumenta. Aggiunga poi che mentre sul lordo europeo gravano imposte ridotte per statuto comunitario, su quella italiana l’imposizione resterebbe, naturalmente, quella del nostro Stato sovrano. Conclusione? L’indennità netta che oggi è di circa 5.000 euro scenderebbe a circa 3.900 euro. Non è azzardato a questo punto affermare che la proposta conduce a una diminuzione significativa della indennità attualmente vigente.
Ma perché lei così attento ha commentato dando numeri sbagliati? Per almeno due motivi:
- forse non ha letto la premessa alla mia proposta di legge;
- forse non ha letto con l’ausilio di un esperto l’articolo 1 che parla dell’indennità (chiunque le avrebbe rapidamente segnalato che il rinvio da norma a norma non poteva che riferirsi al lordo percepito dai parlamentari europei). Può capitare.
Ovviamente, caduto il capo d’accusa principale, cade anche la sua seconda affermazione «di conseguenza anche i gettoni di presenza si adeguerebbero a parametri più elevati». Non è così perché l’attuale diaria di 3.503,11 euro nella mia proposta sarebbe sostituita da una diaria di 304 euro per giornata di lavoro in Parlamento.
Ciò implicherebbe che, nell’ipotesi di quattro giorni di lavoro di aula e commissione, al netto dei periodi di ferie e di stop elettorale (ipotesi per di più mai realizzata e non ulteriormente espansibile visti gli impegni nei collegi), si andrebbe a compensare solo parzialmente il taglio fatto sulle indennità peraltro a tutto vantaggio della produttività senza aggravio di costo per la spesa pubblica.
Una sola cosa della mia proposta farebbe spendere in più allo Stato. Mi riferisco alle risorse destinate a favore del personale e dei collaboratori che nella previsione europea godono di ampie garanzie economiche e tutele piene, mentre, purtroppo, in Italia sono vittime di un rapporto non sempre chiaro per via di una normativa assolutamente datata. Dai miei calcoli questo aumento di costo, peraltro comprimibile, sarebbe comunque inferiore alla somma dei tagli che la mia proposta suggerisce, incidendo difatti su tante altre voci e rimborsi che in Europa non sono riconosciuti. Madi questo si è occupato (con una tabella in cui le somme sono esatte ma i numeri sono sbagliati) sempre sulle pagine di «Libero» Franco Bechis al quale va un affettuoso invito a leggere meglio le proposte di legge e a sviluppare un’attenta valutazione dei concetti di lordo e di netto in relazione a differenti sistemi fiscali. Ma queste son cose che possono capire al volo solo i dottori commercialisti. Categoria alla quale, mio malgrado, io appartengo e Bechis no.
Cordialmente,
Guglielmo Vaccaro
Caro onorevole, lascio al vicedirettore Franco Bechis, che più di me si è occupato della faccenda, l’onere della risposta (m.b.)
Cominciamo dalla fine. Sono felice che Guglielmo Vaccaro si senta un bravo commercialista. Non suo malgrado, però. Malgrado questo non risulti all’ordine dei commercialisti, dove di Vaccaro ce ne sono ben 23. Ci sono Angele, Ettori, Franceschi, Gaetani, Giovanni, Ketty, Riccardi, Rosalinde e perfino Valentine, ma nessuno purtroppo che si chiami Guglielmo.
Sgombrato il campo da questa impar condicio (è vero, non sono commercialista), andiamo semplicemente ai numeri. Prendo il bilancio del parlamento europeo, quello della Camera dei deputati, la proposta di legge Vaccaro e li confronto. Spesa per i parlamentari europei (indennità + rimborsi): 194.302.841 euro nel 2012. Spesa per assistenti parlamentari Ue: 279.415.175 euro. In tutto fanno 473.718.016 euro.
Vaccaro propone: trattiamo i deputati italiani come i parlamentari europei, però diamo loro solo il 50% del rimborso spese generali e il 50% della spesa per assistenti parlamentari. La prima voce ammonta a 39.275.428 euro per i parlamentari europei, Vaccaro la dimezza e la porta quindi a 19.637.714 euro. La seconda voce ammonta appunto a 279,4 milioni di euro e dimezzata fa 139.707.587 euro. Rifacciamo il costo dei parlamentari europei secondo la proposta Vaccaro: passa da 473,7 milioni citati sopra a 314.372.714 euro. I parlamentari europei sono però 754, i deputati italiani sono 630. Parifichiamo: quei 314,3 milioni di euro diventano 262.672.161 euro, che è la cifra esatta all’euro che Vaccaro propone di spendere per i 630 deputati italiani per renderli quasi simili (con quelle due voci dimezzate) ai parlamentari europei. A questo punto andiamo a prendere il bilancio della Camera 2012. Quanto si è speso in indennità, rimborsi spese e assistenti parlamentari per i deputati italiani? Ecco la cifra esatta: 161.170.000 euro. La proposta dell’aspirante commercialista Vaccaro dunque costa 101,5 milioni di euro più di oggi. Ci vuole davvero tanta fantasia per definirla una legge che taglia i costi della politica.
Visto che il totale non lascia ombra di dubbio, andiamo nel dettaglio. Indennità base: quella dei parlamentari italiani ha questa finzione fra lordo e netto, perché lo Stato fa finta di mettere un lordo e poi si trattiene le tasse che deputati e senatori non pagano in realtà. È una semplice partita di giro, non un costo della politica. L’indennità dei parlamentari europei è l’esatto contrario: la paga lo Stato italiano e ci aggiunge un contributo alla Ue. Il netto è di 6.200 euro mensili, il contributo alla Ue è di circa 1.757 euro mensili. Lo statuto dei deputati Ue (art. 12, comma 3) dice che gli stati membri hanno facoltà di tassare quei 6.200 mensili dei loro deputati, con il solo divieto di doppia imposizione. Quasi tutti gli stati membri lo fanno, l’Italia no. Quindi ha deciso che l’indennità parlamentare degli eurodeputati italiani non possa essere inferiore ai 6.200 euro netti al mese. Per questo ho usato il netto e non il lordo (che non c’è) per applicare la proposta Vaccaro al Parlamento italiano.
Secondo punto: la diaria. Oggi per ciascun deputato italiano ammonta a 42.037,32 euro l’anno. Vaccaro propone 304 euro al giorno, a patto che uno sia presente in commissione o in aula. Bene. Lui ora dice: si lavora 4 giorni alla settimana, e poi c’è un mese di ferie, in cui non viene pagata. Facciamo i calcoli: 304euro per 4 giorni fanno 1.216 euro a settimana. In un anno ci sono 52 settimane. Quattro sono di ferie, ne restano 48. Si moltiplica per 1.216 euro ed ecco per la diaria 58.368 euro all’anno, e cioè 16.330,68 euro più di oggi.
Nell’articolo avevo calcolato 5 giorni lavorativi alla settimana. Non perché pensassi che perfino deputati e senatori possano lavorare come tutti gli altri italiani. Ma perché sono stati fin dal primo giorno della nuova legislatura Laura Boldrini e Piero Grasso ad assicurare che i parlamentari d’ora in avanti avrebbero lavorato dal lunedì al venerdì compreso o in aula o in commissione. Con 5 giorni di lavoro la diaria proposta da Vaccaro diventa di 1.520 euro a settimana, e in 48 settimane di 72.960 euro all’anno: 30.922,68 euro più di ora. Se la capacità di tagliare i costi di uno degli uomini più vicini a Enrico Letta è questa, c’è da preoccuparsi seriamente per i conti pubblici italiani…
Franco Bechis