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 2013  maggio 29 Mercoledì calendario

SONO POCHI I TEDESCHI CHE VOTANO

Lo confesso, non sono andato a votare per le comunali a Roma. Ho una scusa: avrei dovuto prendere un aereo, due ore di volo da Berlino al Tevere. Ma se per caso fossi già stato a casa mia, al Gianicolo? Sinceramente, non lo so. Nessuno dei candidati, a quanto ho letto, ha spiegato che cosa avrebbe fatto, e come, per la strada in cui abito.

A Berlino, voto anche se ho il passaporto italiano, perché ogni partito ha un programma chiaro, su scuole, parchi, mezzi di trasporto, insomma spiega come vuole migliorare la mia vita quotidiana. A Roma, ogni sindaco negli ultimi tempi la lasciato che la situazione precipitasse. Era difficile per Alemanno fare di peggio, e ci è riuscito. Capisco quelli che hanno disertato le urne.

Anche in Germania l´astensionismo cresce. Alle ultime elezioni nazionali, nel 2009, la partecipazione è scesa al 70,78%, ancora non drammatica, eppure è stata la più bassa di tutti i tempi. Prima della riunificazione, si restava sempre sopra l’80%. Nel ’72, si raggiunse il 91%, ma fu un voto storico, le prime elezioni anticipate nella storia della Repubblica Federale, con Willy Brandt impegnato a difendere la sua Ostpolitik, che 17 anni dopo avrebbe portato alla caduta del Muro, e alla fine della guerra fredda. Domenica si sono tenute le elezioni comunali nel piccolo e nordico Schleswig-Holstein. I votanti erano circa 2,5 milioni, oltre la metà è restata a casa: la partecipazione è stata del 46,7 %, ancor meno del 49 di quattro anni fa.

E non è un record, a livello locale: in Sachsen-Anhalt, nella ex Ddr, si era scesi al 37,8%, in Assia, all´ovest, si aveva già toccato il 47,7%. Come reagiscono i politici? All’italiana, danno la colpa ai cittadini. Il premier del Land, il socialdemocratico Torsten Albig ammonisce: «Come volete che la politica funzioni, se restate a casa»? Oppure danno la colpa al tempo: questo è il maggio più piovoso degli ultimi quarant´anni. Sarà?

Se i cittadini non si sentono motivati nel loro paese o città, come può funzionare la politica nazionale? «Abbiamo un problema alla base», ammette il leader cristianodemocratico Reiner Böge, che pure ha vinto le elezioni. Nel suo paese natale, a Hasenmoor, la Cdu è stata l´unica a presentarsi. Gli altri partiti non hanno neanche trovato candidati. Un sondaggio nazionale rivela che il 70% dei cittadini non ha interesse a impegnarsi nella loro comunità. Il motivo? Vedono che i partiti sono troppo rigidi, più interessati alle lotte interne, che a risolvere i problemi. Oggi il 44% dei sindaci non ha alcuna tessera. Meglio i movimenti, che da noi vengono accusati di fare dell´antipolitica.

Bisogna però avvertire che la situazione in Germania è diversa che in Italia. In Italia, se manca Grillo, gli elettori disertano per disgusto verso tutti i partiti, delusi dall’inefficienza dei loro leader. Qui, restano a casa per noia: vinca l’uno o l’altro, niente cambierà, perché le differenze nei programmi sono minime. Prevale il candidato professionalmente migliore, al di là delle ideologie. Per questo, la signora Merkel ha un gradimento del 68%, cioè è approvata anche da quanti non votano il suo partito (la Cdc/Csu nel 2009 raggiunse il 33%).

Nell’ultimo Spiegel, uscito domenica, quindi prima dei risultati nello Schleswig-Holstein, Harald Welzer, professore di psicologia sociale a Flensburg, spiega perché «io non vado più a votare». Perché votare per il partito meno peggio? Già l´astensionismo è un modo di esprimere la propria opinione. «Uno studio dell’Università di Zurigo, spiega il professore, rivela che il 40 % dell’economia mondiale è riconducibile a 147 grandi imprese, cosa che rimane poco visibile. I manager influenzano la politica delle nazioni e conducono gli Stati al fallimento». Attraverso l’astensione si possono motivare i partiti a ritrovare l´anima. Che si faccia in tempo per salvare Roma, è un altro discorso.