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 2013  maggio 28 Martedì calendario

“QUEL LASER CHE MI HA ROVINATO GLI OCCHI”

Benedicta Boccoli, attrice di teatro, definita da Giorgio Albertazzi “artistissima”, oggi ha la vista compromessa per un’operazione che le ha cambiato la vita: “Per me il mondo è appannato da ormai due anni”.
Signora Boccoli lei è sempre stata ipermetrope e astigmatica, come ha vissuto il suo difetto visivo?
Sì, fin da piccola ho avuto questo problema che è andato peggiorando con l’età. Non ho mai avuto grandi complessi, quindi il mio rapporto con gli altri ragazzi era normale. Crescendo gli occhiali mi sembravano un vezzo.
Il suo difetto, l’obbligo di portare occhiali, le ha creato limitazioni nella sua attività di attrice?
Con l’età sono peggiorata molto e la mia difficoltà erano le lenti a contatto. Ho sempre avuto un occhio secco e la lente mi ha sempre creato fastidi. Le luci e la polvere del palcoscenico creano secchezza all’occhio, avendo un occhio già molto secco era faticoso.
Usava molto le lenti corneali?
Le lenti a contatto aiutano molto esteticamente, io però spesso non le mettevo. Ho fatto molti provini senza e la cosa divertente è che senza vedere mi veniva la scena benissimo. Guardavo il regista negli occhi intensamente, senza nessun imbarazzo. Non ero consapevole di ciò che mi succedeva intorno e sembravo molto sicura, un’attrice navigata.
Lei a settembre 2010 decide di farsi operare di chirurgia refrattiva, perché?
In realtà io non ci pensavo, andai ad accompagnare mia madre per un problema grave (una degenerazione maculare) e il medico che la visitò mi parlò di questo nuovo laser miracoloso per gli occhi. Mi disse che portare ancora oggi gli occhiali è una cosa dell’800! Che se mi fossi operata mi avrebbe cambiato la vita. Io gli risposi che molti medici mi avevano consigliato di non farlo. Il problema dell’ipermetropia è diverso dalla miopia. Lui rispose che i tempi erano cambiati con la lasik. Che in America la lasik stava rivoluzionando tutto (questa mania dell’America che abbiamo è insopportabile).
Cosa successe ai suoi occhi dopo il trattamento laser?
Due giorni dopo l’operazione mi crollò la vista, ero nel totale panico, avevo la sensazione netta di aver fatto un grave sbaglio a operarmi. Andai dal professore e mi disse di stare calma che dopo qualche giorno sarebbe passato. Io gli dissi che dovevo affrontare una tournée. E lui mi assicurò che sarebbe passato tutto dopo 20 giorni: mi dia 20 giorni e lei sarà come nuova! Sono stati mesi terribili, non vedevo, avevo dolore agli occhi, cheratiti continue, non potevo guidare, ero in tournée, lavorare su un palcoscenico per mesi senza vedere e con dolori è stata molto dura. Questa operazione mi ha reciso la nervatura corneale e peggiorato la lacrimazione e io vedo appannato da due anni. Vivo con tre tipi di lacrime artificiali nella borsa, la mia vista fluttua continuamente, non posso avere degli occhiali con lenti precise perché la mia vista cambia. Ho tre paia di occhiali nella borsa: a seconda della necessità. Metto la ciclosporina negli occhi mattina e sera (non vi dico i problemi in aeroporto perché questo galenico necessita di ghiaccio e mi fermano sempre)... viva l’ipermetropia e l’astigmatismo! Ho sempre avuto un occhio secco, molto secco, ed era vietato operare un soggetto come me. Avrebbe dovuto dirmelo.
Cosa vorrebbe dire, da paziente, al chirurgo che l’ha operata?
Io vorrei dire a quest’uomo che i pazienti sono creature debolissime. Siamo come bambini di fronte a un medico. Anche l’uomo più potente del mondo non è niente in una sala operatoria. Io vorrei guardarlo negli occhi e chiedergli: lei, sua figlia l’avrebbe operata?
Cosa vorrebbe dire ai pazienti affetti da ipermetropia e astigmatismo che stessero pensando di sottoporsi al trattamento di correzione estetica di un difetto visivo?
Se mi chiedessero un consiglio direi: mettiti gli occhiali e guarda questo meraviglioso panorama. Dal giorno che ti opererai sappi che potrai vederlo appannato per il resto della tua vita. Ma per concludere vorrei chiedere alle Istituzioni di accentuare i controlli sulle attività sanitarie, sui rischi delle complicanze “nascoste” e, nel ricordo dell’articolo 32 della nostra Costituzione, citare una frase di Gino Strada: la salute è un diritto non un profitto.