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 2013  maggio 28 Martedì calendario

USA, STUDENTI IPERINDEBITATI

Indebitati fino al collo. È il triste identikit degli studenti universitari americani, il cui debito ha ormai raggiunto la soglia dei mille miliardi di dollari (773 mld euro). Una cifra che rappresenta ormai un quinto del totale del debito immobiliare rispetto al 10% di un decennio fa. Una famiglia su cinque ha dovuto ricorrere a prestiti per finanziare l’educazione superiore dei figli.

La situazione è talmente delicata che anche la filantropia rischia di uscire dai binari. È quanto sta accadendo alla Cooper Union, un istituto universitario di New York che ha sfornato generazioni di ingegneri di prim’ordine e che, grazie alla volontà del fondatore, un industriale figlio di operai che lo creò a metà dell’800, era pressoché gratuito.

Il costo annuale della retta ammontava nel 2012 a 38.550 dollari (29.793 euro), ma a ciascun studente era offerta una borsa di studio dell’importo equivalente, a fronte di condizioni d’ingresso molto selettive. D’ora in avanti, però, non sarà più così: si concorrerà in media al 50% delle spese, mente un quinto degli iscritti continuerà a beneficiare della gratuità.

Si tratta pur sempre di rette vantaggiose, visto che, per rimanere alla Grande Mela, la New York University costa 40.878 dollari (31.592 euro) e la Columbia ben 45.028 dollari (34.800 euro). Cifre da capogiro. E così, riassume Peter Buckley, docente di storia alla Cooper Union, anche gli studenti dell’ateneo finora gratuito dovranno chiedere soldi in prestito per pagare le rette: una tragedia che riflette lo stato generale dell’educazione superiore americana, con i costi ormai fuori controllo. Le rette hanno subìto una brusca impennata, con un +7,45% medio annuo a partire dal 1980, quando tuttavia il tasso di inflazione era sotto il 4%. Il risultato è che, nel momento in cui un ex studente entra nel mondo del lavoro, si ritrova già oberato dai debiti, spesso pari a decine di migliaia di dollari. L’impatto psicologico, secondo gli addetti ai lavori, non è indifferente per un giovane. Se bisogna far fronte a questo passivo, è impensabile che si pensi pure all’acquisto di una casa o a metter su famiglia. Le conseguenze sono soprattutto di ordine sociale. Nella maggior parte dei casi gli studenti indebitati possiedono soltanto un diploma di primo livello, perché l’accesso ai master successivi dipende spesso dalle borse. Negli Usa, per consuetudine, chi entra nel mondo del lavoro e vuole raggiungere il livello più alto, viene finanziato in tutto o in parte dalla stessa azienda in cui lavora, anch’essa interessata a disporre di competenze maggiori.

Ma ora, a causa della crisi, al termine degli studi universitari i laureati si ritrovano appesantiti dal debito e privi di un impiego.

La politica si sta interessando alla questione. La senatrice Elizabeth Warren propone che il tasso di prestito agli studenti equivalga al tasso di sconto al quale le banche americane ricevono denaro dalla Federal Reserve, l’istituto centrale. Esso ammonta allo 0,75% rispetto al 3,4%-6,8% applicato agli studenti. Inoltre il presidente Barack Obama ha chiesto al Congresso di adottare un piano decennale di rimborso agevolato: gli ex studenti restituirebbero non più del 10% del loro reddito netto per una durata fino a vent’anni, mentre la quota restante verrebbe annullata. In questo modo i rimborsi mensili si ridurrebbero di una quota compresa tra il 40 e il 90% e ci sarebbe più spazio, almeno sulla carta, per rilanciare i consumi.