Andrea Malaguti, La Stampa 28/5/2013, 28 maggio 2013
ZACCAGNINI: “NE’ GRILLO NE’ CASALEGGIO NE’ CRIMI POSSONO PARLARE PER NOI”
Poi, verso sera, in questo mare in tempesta che è diventato all’improvviso il Movimento 5 Stelle, interviene il deputato Adriano Zaccagnini - dissidente? eretico? libero pensatore? dialogante? -, che tenta di aggrapparsi alla vita prima che questa si trasformi in letteratura. Esce dall’Aula mentre il dibattito sulla condizione femminile è agli sgoccioli. Solo. Come gli capita spesso. Non gli dispiace. Ha voglia di un caffè. E’ un giovane-uomo piuttosto alto e piuttosto ribelle. Barbuto. Un viso cinematografico. E anche se le sue parole hanno un suono cullante e il timbro della conversazione è sommesso, la sua visione sull’insuccesso elettorale è durissima. Mette in discussione un intero mondo. Il suo.
Onorevole Zaccagnini, perché avete perso?
«Direi che a Roma le logiche dei palazzi contano ancora molto. E parlando dell’Italia in generale mi pare che abbia pesato il fatto di non avere inciso sul governo. La possibilità c’è stata, la maggioranza di noi ha deciso di non sfruttarla».
Vi sareste dovuti alleare con il Pd?
«Avremmo dovuto indicare i nostri nomi al Presidente della Repubblica. Rodotà, Settis, Montanari, persone di questo livello. Invece ci siamo tagliati fuori da soli. Forse dovremmo ricominciare a parlare di strategia politica».
Curioso, il vostro capogruppo al Senato, Vito Crimi, ha sostenuto sul «Corriere del Sera» che non spetta a voi parlamentari pensare alla strategia.
«Non siamo qui per questo? Di certo né Crimi, né un blog, né un’azienda di comunicazione, né uno tsunami tour, possono parlare al nostro posto. Gli unici che possono darci indicazioni sono i cittadini. Come succede, ad esempio, con il partito dei Pirati in Germania».
Non è così anche per voi?
«No».
Parla come l’apostata Mastrangeli.
«Io sono affezionato a Marino».
La strategia del Movimento la fanno Grillo e Casaleggio?
«Sì».
E funziona?
«Non lo so. Noi Cinque Stelle abbiamo portato in Parlamento un’aria nuova, una freschezza evidente. Ma se crediamo di essere perfetti è finita. Il nodo cruciale resta quello della democrazia interna».
Manca?
«Secondo voi?».
Il crollo nasce da questo?
«Mi pare ovvio che una parte dell’elettorato non ha apprezzato le nostre scelte. Lo ripeto, torniamo a interpellare la gente. Solo lì si trova la nostra ragione di esistere. La democrazia orizzontale della rete».
A Roma avete pagato più che altrove.
«Io sono di Roma, ma vivevo in campagna prima di entrare in Parlamento. Conosco poco le dinamiche del Movimento nella Capitale. Non voglio enfatizzare le ragioni della sconfitta».
Un contadino. Anche la sua capogruppo, Roberta Lombardi, l’ha definita così. Non sembrava un complimento.
«E’ vero, sono un contadino. Ho una fattoria. Ma sono anche laureato in Scienze Politiche. Tra di noi sono uno dei pochi. Penso a Marta Grande. Non mi vengono in mente tanti altri nomi».
Chi è Grillo per lei?
«Un uomo che ha speso un sacco di energie e di tempo per un progetto splendido, ma che ora dovrebbe preoccuparsi di capire quali sono le sensibilità all’interno del Movimento e recepire le esigenze di tutti».
E Casaleggio?
«Non lo conosco».
Non ha paura che la caccino dopo questa intervista?
«Mi rifaccio ai padri costituenti. Per me la libertà di pensiero è sacra».