Dario Pappalardo, la Repubblica 28/5/2013, 28 maggio 2013
IL PARADISO PUO’ ATTENDERE
Oaolo Nori è tornato. Dopo “un incidente”, come lo chiama lui. Il 23 marzo scorso, a Bologna, era stato investito da un motorino e ricoverato in ospedale per un trauma cranico. Qualcuno ha scritto che era in fin di vita. E a lui questa cosa non è piaciuta molto, anche se adesso ci ride sopra. A due mesi esatti di distanza, è uscito il suo nuovo libro: La banda del formaggio (Marcos y Marcos, pagg. 224, euro 15), dove protagonista non è più Learco Ferrari, alter ego dell’autore (in Si chiama Francesca, questo romanzo e Grandi ustionati, ora anche in audiolibro, per esempio), ma Ermanno Baistrocchi, un editore indipendente che non ha più tanta fiducia in quello che fa e che diffida dei giornalisti (ecco). Lo scrittore, che ha appena compiuto cinquant’anni, presentando in anteprima il romanzo al Salone di Torino, ha ironizzato dicendo: «È bellissimo essere morto. I giornali mi hanno dato tra la vita e la morte, così quando sono uscito tutti mi guardavano stupiti come un fantasma». A Bologna, innanzitutto, dove chi lo incontrava sgranava tanto di occhi.
Nori, come si sente allora?
«Guardi, il primo maggio mi hanno invitato a parlare, per due minuti, sul palco del concerto in piazza San Giovanni, a Roma, e io ho accettato anche perché era un modo per fare vedere che non ero morto e che stavo abbastanza bene».
In che modo ha interrogato la letteratura, dopo l’“incidente”? Nel suo blog, si leggono lunghe citazioni da Thomas Bernhard, tra gli altri...
«In ospedale ho riletto due romanzi dello scrittore austriaco, Il freddo e Il respiro, e ci ho trovato un sacco di cose che mi han dato da pensare, come la definizione di “trapassatoio” che Bernhard dà del sanatorio nel quale era ricoverato e che, per certi versi, si poteva adattare anche al reparto dov’ero ricoverato io».
Quelle che nel suo nuovo romanzo sembrano coincidenze con quanto le è successo sono, appunto, coincidenze?
«Alcune sì. Per esempio, in riferimento all’incidente, sono rimasto colpito da un’agenzia che mi ha girato un amico. Diceva che avevo fratture ed ematomi in diverse parti del corpo e lottavo fra la vita e la morte e che lo schianto era stato causato dallo scontro tra un’auto e una motocicletta. Bene, io non ho mai lottato tra la vita e la morte, non ho mai avuto nessuna frattura, nessuna auto è stata implicata nell’incidente. Allora, qualcuno potrebbe pensare che l’incipit del romanzo («Ma quelli che scrivono sopra ai giornali, non gli capita mai che gli viene il dubbio che quello che scrivono son delle cagate? ») è stato scritto per commentare questa piccola vicenda autobiografica. In realtà no, è stato scritto due anni fa».
Come le è venuto in mente un editorelibraio come nuovo protagonista?
«Non mi ricordo bene».
Ermanno, il protagonista, in qualche modo, è “antipolitico”, ma diffida anche di tutto quello che si presenta come ’nuovo’. Si sente “governato” solo dalla letteratura. La letteratura può essere una guida per la politica?
«Per come capisco io Ermanno, lui pensa che la politica non consista nell’andare a votare, ma nello stare attenti a quel che si fa, tutti i giorni, non solo i giorni che ci sono le elezioni, non solo quando c’è da prendere partito. E, come dice, il fatto che una cosa sia nuova, secondo Ermanno, non è una garanzia della bontà di quella cosa. Per via della letteratura come guida della politica, credo che la letteratura sia una guida per chi legge i libri».
A pagina 130 Ermanno, intervistato alla radio, non riesce a rispondere alla domanda sul “pericolo degli e-book”. Se non fosse caduta la linea, cosa avrebbe risposto?
«Credo avrebbe detto che la crisi dei libri di carta, secondo lui non dipendeva dalla presenza dei libri elettronici ma era legata alla crisi più generale che c’era nel momento in cui lui scriveva il romanzo (2012), e avrebbe provato a dimostrare questa sua tesi sostenendo che il mercato immobiliare, che pure era in crisi, era in crisi senza che fosse comparsa, a causarla, la concorrenza di (auspicabili, pure) appartamenti elettronici».
C’è una pagina intera del romanzo dedicata a “dove sta la letteratura”. Nei festival e nei saloni del libro, c’è davvero la letteratura? Al suo protagonista non va troppo bene la presentazione a cui partecipa: finisce per insultare il giornalista-moderatore.
«Non so se gli è andata male, quella presentazione; lui lì dice delle cose che pensa e che a me sembrano anche sensate. Per esempio che, su certi giornali, se uno è ricco, è sempre sfondato, se ha la barba, è sempre folta, se c’è un fuggi fuggi, è generale, se si parla di acne, è giovanile, se si parla di tecnologie, sono nuove, se c’è un nucleo, è familiare, se c’è un’attesa, è dolce, se c’è una marcia, è funebre, oppure nuziale, se c’era un andirivieni, è continuo, se ci son delle chiacchiere, sono oziose, se c’è un errore, è fatale e se c’è un suicida, è un galantuomo. Anche sui posti dove si trova la letteratura, devo dire, sono d’accordo con Ermanno: più che nei festival letterari è più facile trovarla nella spazzatura, nei cassonetti, negli ospedali, sui filobus, nelle sale d’attesa degli ambulatori veterinari, nei bagni dei cinema, nei sottopassaggi abbandonati, sotto i cavalcavia, nei prati dopo che hanno smontato i tendoni dei circhi, nelle tabaccherie, nelle collezioni di francobolli, negli espositori delle cartoline, nei pavimenti dei bar quando sono cosparsi di segatura, nelle file alle casse dei supermercati, sui marciapiedi delle stazioni, negli uffici di oggetti smarriti, nella paura di chi faceva una cosa per la prima volta, un farmacista, o un medico di guardia, o uno scrutatore, o una bambina delle medie, nel passo di quelli che danno le dimissioni, nel respiro che si prende prima di aprire l’esito di una lastra ai polmoni, nel toccare i muri quando era saltata la luce e in tutte le occasioni e in tutti i posti di questo tipo».
Nelle note finali il destino del personaggio si intreccia alla vita del suo autore («23 marzo 2013: Ermanno viene investito...»). Quanto ha ritoccato il romanzo nell’ultimissimo periodo prima dell’uscita?
«Una combinazione».