Arturo Zampaglione, Affari & Finanza, la Repubblica 27/5/2013, 27 maggio 2013
MARISSA MAYER LA MAMMA MANAGER CHE RIDARÀ A YAHOO! IL PUNTO ESCLAMATIVO
New York Non fatevi ingannare dal viso acqua-e-sapone, né dai bei capelli biondi che tradiscono le origini scandinave della mamma, né dai toni sempre cordiali con cui si rivolge agli interlocutori, né dal bebè di otto mesi, Macallister, che spesso trascina in un mini-asilo nido creato negli uffici di Sunnyvale, in California. No, Marissa Mayer, 38 anni questa settimana, da meno di un anno chief executive di Yahoo!, è in realtà una donna-manager impetuosa, ambiziosa, pronta a ogni sfida. E lo ha dimostrato la settimana scorsa mettendo sul piatto un miliardo e cento milioni di dollari in contanti per comprare Tumblr, piattaforma per microblog e nuovo fenomeno dell’universo dei social media. “Così facendo, Marissa ha ridato il punto esclamativo a Yahoo!”, ha scritto Jeffrey Goldfarb, columnist della Reuters, riferendosi al nome ufficiale del motore di ricerca: che ha proprio un punto esclamativo, anche se negli ultimi anni sembrava diventato un punto interrogativo. Fondata nel 1995 da Jerry Yang e David Flo, due studenti di ingegneria di Stanford, Yahoo! è stata una delle protagoniste di quella fase turbolenta e creativa del mondo imprenditoriale californiano che veniva definita “new economy”. Yang e Flo lanciavano nuovi prodotti, rilevavano altre società, espandevano il numero di utenti del portale e vedevano al tempo stesso lievitare le loro quotazioni a Wall Street. Il 3 gennaio 2000 il titolo raggiunse i 118 dollari: poco dopo scoppiò la bolla dei dot-com, cioè
del comparto tecnologico, e Yahoo! non tornò mai più a quei livelli. Non solo. Il crescente peso di Google le toglieva spazi e introiti pubblicitari. Sembrava quasi allo sbando, senza più una identità, né una strategia. Nel febbraio 2008 la Microsoft offrì 44,6 miliardi di dollari per comprare Yahoo! in funzione anti-Google. “Troppo pochi, non è una proposta che interessa i nostri azionisti”, rispose il board di Sunnyvale, senza quasi rendersi conto della crisi aziendale che, da lì a tre anni, avrebbe ridotto la capitalizzazione del gruppo a 22,2 miliardi, metà della cifra ipotizzata da Microsoft. Nel frattempo il rapido avvicendarsi di amministratori delegati confermava lo stato di malessere: nel gennaio 2009 Carol Bartz sostituì il co-fondatore Yang, nel settembre 2011 arrivò ad interim Tim Morse, a sua volta rimpiazzato all’inizio del 2012 da Scott Thompson, poi defenestrato per aver mentito sui suoi titoli di studio. Infine il 16 luglio 2012 il board nominò al vertice Marissa Mayer, che, senza perdere neanche un minuto, assunse l’incarico il giorno dopo e contemporaneamente annunciò che lei e il marito avvocato, Zacahry Bogue, aspettavano un bebè. Poco nota fuori dai confini degli Stati Uniti, la Mayer era già stimata nel mondo del hi-tech. Nata il 30 marzo 1975 a Wausau, nel Wisconsin, da un padre ingegnere e una madre insegnante, si era specializzata nell’intelligenza artificiale laureandosi a Stanford, dove ha preso il Master in informatica. Nel 1999, giovanissima, era stata assunta come dipendente numero 20 da Sergey Brin e Larry Page, i fondatori di Google, e nella sede di Mountain View ha lavorato per 13 anni occupandosi di attività centrali del motore di ricerca, dal lancio di nuovi prodotti alle mappe, ed emergendo come una delle executive più capaci della Silicon Valley. Nel 2008, a 33 anni la Mayer divenne la più giovane manager dell’elenco annuale di Fortunedelle 50 donne più potenti nell’imprenditoria americana. Da allora è sempre rimasta nell’albo d’oro, in compagnia di altre donne che occupano posizioni-chiave nell’industria tecnologica, tanto che si parla di un vero “club”. Ne fanno parte Virginia Rometty, chiamata Ginni, chief executivedella Ibm (e un compenso nel 2012 di 15,4 milioni), Meg Whitman della Hewlett Packard, Ursula Burns della Xerox, Sheryl Sandberg, numero due di Facebook dopo Marc Zuckerberg. Tra tutte queste Marissa è la più piccola come età e al tempo stesso quella cui è stata affidata una missione quasi impossibile: risuscitare Yahoo!, bloccare la spirale involutiva, aumentare il fatturato (che l’anno scorso si è ridotto a 4,98 miliardi), colmare i buchi, ridare entusiasmo ai 14mila dipendenti e soprattutto perseguire un business modelcoerente e proiettato al futuro. Senza perdersi d’animo la Mayer si è messa al lavoro, cambiando la cultura del gruppo (rendendola più simile a quella di Google, ad esempio con la distribuzione di pasti gratis), vendendo una parte del pacchetto di Alibaba (il gigante cinese del web in cui Yahoo! ha ancora il 24%), puntando ad arricchire di contenuti i siti della società. Ha suscitato qualche polemica la sua decisione di scoraggiare il telelavoro tra i dipendenti, ma i risultati non sono tardati. Da quando Marissa è arrivata a Sunnyvale, le quotazioni al Nasdaq sono salite del 70%. E la scommessa della settimana scorsa su Tumblr ha fatto capire che la rivoluzione della Mayer è solo all’inizio. Fondata nel 2008 nella “Silicon Alley” newyorkese da David Karp, enfant prodigedell’informatica che non ha finito gli studi ma a 26 anni ha già centinaia di milioni, Tumblr ha 300 milioni di visitatori al mese. Il nome è una contrazione di “tumblelogs”, quella variante dei blog che sono più corti, creativi e corredati da materiali multimediali. Il sito ha migliorato le piattaforme di WordPress e Blogger, e soprattutto, spiega Karp, “ha offerto una alternativa a chi non vuole passare mezz’ora ogni sera a scrivere un blog, ma intende comunque raccontare quel che fa ed esprimere la sua identità Internet”. L’obiettivo della Mayer è chiaro. Arricchire l’offerta di Yahoo! con contenuti elaborati dagli stessi utenti, allargando il numero di visitatori complessivi, attirando gli inserzionisti, disponendo di una piattaforma nei social media capace di attrarre i giovani e in concorrenza quindi con Google e Facebook. Rispetto all’impero di Zuckerberg, Tumblr ha persino un piccolo vantaggio: è meno “passivo” di Facebook e fa più leva sulla creatività collettiva, che è secondo gli esperti la trasformazione inevitabile dei social network. L’acquisto di Tumblr per un quinto di tutto il cash di cui dispone Yahoo! non è stato a buon mercato. Gli ottimisti, capitanati dalla stessa Mayer, ricordano che Google pagò caro YouTube (1,6 miliardi), rivelatosi poi essenziale per la crescita di Mountain View, e che Facebook sborsò 700 milioni per Instagram. Come dire: a volte è necessario un atto temerario per fare un salto di qualità. Ma i pessimisti, che pure non mancano, puntano il dito su altre operazioni finite male, come il passaggio per 700 milioni di MySpace alla News Corp, la holding di Rupert Murdoch, dove il sito di social network si è poi spento. Ci sono stati vari flop anche nella storia di Yahoo!. Yang e Filo spesero 3,5 miliardi nel 1999 per mettere le mani su GeoCities, ma l’attività di web-hosting fu poi chiusa nel 2009. Nel 2005 comprarono Flickr (photo- sharing), ma c’è voluto l’arrivo della Mayer perché il sito venisse rilanciato in funzione anti-Instagram. “Con Tumblr non rifaremo gli errori del passato”, promette la donna-manager, ricordando, da un lato che l’operazione porterà a un immediato aumento del traffico, dall’altro che Karp rimarrà alla guida del sito di micro-bloggers. Ma a dispetto delle assicurazioni, l’integrazione nell’universo Yahoo! comporterà due problemi. Il primo è semi-serio: tra i micro-blog ce n’è un buon numero a sfondo pornografico, che potrebbero rivelarsi invisi agli inserzionisti. Il secondo è più complesso: Tumblr non ha finora generato profitti, il fatturato 2012 è stato di appena 13 milioni di dollari. Di qui la domanda degli analisti: permetterà di far lievitare i conti del gruppo? Marissa non si scompone: l’acquisto rientra in una strategia precisa e apprezzata dagli investitori. “Datemi qualche mese dice - e vi mostrerò i nuovi punti esclamativi di Yahoo!”.