Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  maggio 26 Domenica calendario

UN’EUROPA DIVISA DALLA DISOCCUPAZIONE

Stiamo andando verso gli Stati Uniti d’Europa, o almeno verso un’Europa più unita, più omogenea? Se si guardano i tassi di disoccupazione — dati in grado di raccontare molto — si deve rispondere di no. Sulla base dei numeri disaggregati da Eurostat, nel 2012 il tasso di disoccupazione più basso nell’Unione europea è stato registrato nelle regioni austriache di Salisburgo e del Tirolo, ambedue al 2,5%. Seguite da Tubinga, Alta Baviera e Treviri in Germania, tutte e tre al 2,7%. Sul versante opposto, la disoccupazione più alta è stata nelle regioni spagnole di Ceuta, 38,5%, Andalusia, 34,6%, Estremadura e Canarie, ambedue al 33%. Seguite dalla greca Dytiki Makedonia, al 29,9%, regione nella quale in aprile si è raggiunto anche il livello più alto di disoccupazione giovanile, al 72%.
Le differenze parlano da sole di un continente nel quale esiste una frattura profonda tra — detto un po’ grossolanamente — Nord e Sud: dal punto di vista sociale, dell’economia e di conseguenza delle diverse politiche che servirebbero in contesti così distanti. Una faglia tettonica che si allarga nonostante 14 anni di unione monetaria che avrebbe dovuto fare convergere le economie. Per cogliere la portata enorme delle differenze intra-europee, e per vederne il senso politico, sono utili due paragoni.
In Italia, Paese con una lunga storia di divergenze tra Nord e Sud, l’area con il tasso di disoccupazione più basso è la provincia di Bolzano, al 4,1% nel 2012 (è un’eccezione, l’unica in tutto il Paese sotto al 6%). Le regioni con la disoccupazione più alta sono la Calabria e la Campania, al 19,3%. Un Paese bipolare come l’Italia ha cioè un differenziale interno di disoccupazione del 15,2%, alto ma meno della metà di quello europeo, al 36%. Ancora più chiaro il confronto con gli Stati Uniti d’America, Paese al quale alcuni paragonano la futura Eurozona. Lì, lo Stato con la disoccupazione maggiore (dati del Bureau of Labor Statistics riferiti all’aprile 2013) è il Nevada, al 9,6%. Quello con il minor numero di senza lavoro è il North Dakota, al 3,3%. Una differenza tra i due estremi del 6,3%.
In America, funzionano meccanismi automatici di aggiustamento tra le diverse aree — trasferimenti dal centro, movimenti migratori, investimenti mobili, salari variabili — che tendono a fare convergere le economie regionali. Anche se in misura minore, lo stesso vale per l’Italia. Non però per la Ue (e nemmeno per l’Eurozona): nel 2012, 53 delle 270 regioni hanno registrato un tasso di disoccupazione inferiore al 5,2%, cioè alla metà della media dei 27 Paesi. E altre 25 regioni hanno avuto un tasso superiore al 20,8%, cioè doppio della media. È un continente che si sta dividendo in due. Al momento non si vede la forza erculea capace di fermarlo.
Danilo Taino