Marco Ascione, Corriere della Sera 26/05/2013, 26 maggio 2013
I «PIZZINI» RITROVATI: COSI’ A BOLOGNA IL PCI CORTEGGIAVA LA CURIA —
Era il 1966: «Caro compagno Longo, dobbiamo dare avvio a un nuovo corso nei rapporti tra cattolici e comunisti che farebbe assumere a Bologna la funzione di città pilota...». Cinquant’anni dopo c’è ancora chi si stupisce della realpolitik all’emiliana: il Comune rosso e la Curia schierati come una falange macedone in difesa dei fondi pubblici alle scuole paritarie (in stragrande maggioranza cattoliche). Con una sinistra «più a sinistra» che, come in altri tempi e sotto lo stesso cielo fece con il Pci, intima ora ai capi del partitone di «risalire a bordo». Al di là degli aspetti contingenti, dei torti e delle ragioni, il referendum che ancora una volta spacca il fronte degli ex compagni è in qualche modo anche il frutto del rapporto tutto particolare, alimentato da contrapposizioni guareschiane e incredibili aperture, tra il partito comunista e la chiesa bolognese. Storia antica. Per capire, basta entrare all’Istituto Gramsci che proprio in questi mesi sta rimettendo in ordine con lodevole cura (grazie alla regia di Siriana Suprani) i documenti ricevuti dalla famiglia di Guido Fanti, segretario emiliano del Pci dal 1960, poi sindaco di Bologna dal 1966 e quindi primo presidente della Regione nel 1970. Si tratta di un cospicuo epistolario (ma anche relazioni e appunti in brutta copia), di fatto il resoconto di una lunga e appassionata trattativa diplomatica che ha attraversato tutta la guerra fredda. Diversi gli attori: il Pci di Bologna, Botteghe Oscure, Giorgio La Pira, la Curia di Giacomo Lercaro e Giuseppe Dossetti, l’Istituto di scienze religiose di Giuseppe Alberigo, l’Avvenire d’Italia. Sottesa, la ricerca di un terreno di dialogo, e in embrione di governo, tra comunisti e cattolici. In qualche modo un Ulivo ante litteram, anche se non tutti sarebbero d’accordo con questa lettura. Operazione Bologna, la chiamavano. Un «ponte» sui cui tanto si è detto. E che ora queste carte mettono nuovamente sotto i riflettori con dettagli in parte inediti.
Vangelo e Capitale, quindi. Gli anni Sessanta appena sbocciati, l’Unione Sovietica un dogma per i compagni italiani, in Emilia guidati da Giuseppe Dozza e Guido Fanti. Nella Curia di via Altabella, a Bologna, dal 1952 a vestire la porpora era Giacomo Lercaro, il cardinale dei «frati volanti» che interrompevano i comizi dei «rossi», il cardinale che contro l’istituzione Dozza, il comunista dall’aria bonaria, per i bolognesi semplicemente il Sindaco, aveva schierato alle elezioni del 1956 Giuseppe Dossetti, l’avversario più temibile. L’ex vicesegretario della Dc che già nel 1951 aveva scelto di ritirarsi dalla vita politica in dissenso con De Gasperi e che al sindaco rosso lascerà in eredità il suo «Libro bianco», la suddivisione in quartieri della città che il Pci tradusse in un fatto.
È su questo terreno che prende forma la nouvelle vague di un partito certo potentissimo in Emilia, ma condannato all’isolamento lontano dalla via Emilia. La svolta arriva con il Concilio Vaticano II. Data chiave: l’8 dicembre 1965. Dozza è in stazione a Bologna, con il gonfalone, per accogliere Lercaro, di ritorno da Roma. Il cardinale, agli occhi dei comunisti, non è più lo stesso Don Camillo che dopo l’invasione sovietica a Budapest aveva fatto suonare a morto le campane per tre giorni. Dozza porta la pace. È il Pci a cambiare passo. Lercaro, in tutti i suoi aspetti resta, per chi ha studiato a fondo la sua figura come Alberto Melloni, fedele a se stesso: anticomunista e strenuo combattente per la pace nel mondo. È ora che Fanti avvia la fitta corrispondenza con Dossetti. Al quale il leader bolognese del Pci chiede in più occasioni un incontro. Dossetti appare combattuto. Si evoca anche un mancato appuntamento con Giorgio Amendola, uno dei più importanti dirigenti del Pci, un riformista in anticipo sui tempi, perfetto per la tradizione del socialismo padano. Scrive Dossetti a Fanti, dall’eremo di Monteveglio, l’11 gennaio 1966 a proposito dell’incontro saltato con Amendola: «Quando ero laico pensavo che non conviene al sacerdote mescolarsi con le cose politiche. Ora ne sono ancora più convinto e tanto più nel caso mio: per me, proprio per il mio impegno di un tempo, il taglio è stato e deve restare ancora più netto, per non rischiare di mettere il vino nuovo negli otri vecchi». Nel dibattito epistolare si inserisce, da Firenze, un altro cattolico riformista, Giorgio La Pira, che nell’ottobre del 1966 scrive a Fanti evocando Dossetti: «Egli vede il "piano provvidenziale": la sua stessa storia personale ha in un certo senso come porto l’operazione Bologna. (...) Sta fermo, perciò, su questa posizione ideale e su questa prospettiva storica ideale».
Nello stesso anno in una relazione inviata da Bologna al nuovo segretario del Pci Luigi Longo, si dettaglia l’apertura diplomatica alla Curia con l’insediamento del nuovo sindaco Fanti, rimarcando la necessità di «una differenziazione netta tra Chiesa e Dc»; di «possibilità di dare avvio a un nuovo corso nei rapporti tra cattolici e comunisti che farebbe assumere a Bologna la funzione di città pilota; della «necessità di costruire con pazienza e tenacia questa prospettiva perché nessuna forza da sola può pensare di risolvere i grandi problemi».
Nel 1968 il nuovo tornante: Lercaro, autore di una vibrante omelia per la pace in Vietnam, viene pensionato dal Vaticano. «La sua cacciata — scrive Fanti a Botteghe Oscure — appare sempre più come un fatto molto grave. Ne ho discusso a lungo con Dossetti e con lo stesso Lercaro. La necessità di un intervento così drastico e inconsueto è stata determinata (...) soprattutto dalla convinzione che sulle posizioni di condanna dell’imperialismo americano, in Asia, in America Latina e in Europa si era venuta a creare a Bologna una unità sostanziale tra comunisti e cattolici». Un asse che comunque a Bologna, pur a fronte di nuove contrapposizioni con i successori di Lercaro, e di un rapporto vissuto come tra diversi poteri (finché il partito è stato molto forte), troverà una sua realizzazione pratica, con la Dc, nell’amministrazione della città. L’operazione politica del Pci bolognese era destinata al limbo. Cadrà il Muro, insieme con la falce e il martello. E arriverà anche un’altra stagione di «cattolici adulti».
Marco Ascione