Adriano Sofri, la Repubblica 26/5/2013, 26 maggio 2013
MODESTA PROPOSTA PER NON FINIRE IN CINA
Senza la siderurgia, l’Italia smette di proclamarsi secondo paese manifatturiero d’Europa.
Tolti gli acciai speciali, e la situazione peculiare di Terni, produzione e lavorazione di acciaio sono concentrate in due gruppi: Ilva, e ex Lucchini. Lucchini è già in mano a un commissario straordinario, Piero Nardi, che a giorni presenterà un suo piano industriale. L’Ilva è di fatto già sottratta alla proprietà dei Riva, e il passaggio all’amministrazione straordinaria è tenuto per inevitabile. Tutto ciò chiama in causa il governo, il quale può risparmiarsi di auspicare «di proseguire sulla strada intrapresa dell’Aia», all’indomani di un decreto della magistratura che dimostra che quella strada non è stata intrapresa. Al punto cui siamo, non è assurdo che la siderurgia venga trattata come se esistessero ancora due gruppi rivali, quando le proprietà di ambedue sono travolte, e in Europa c’è un forte eccesso di produzione? Non è viceversa logico che Taranto, Genova, Piombino e le altre sedi siano guidate da una regia che ne armonizzi le vocazioni produttive e logistiche? L’Ilva a Taranto deve mirare a una produzione ridotta, ben al di sotto degli 8 milioni di tonnellate, combinata con una effettiva bonifica. Piombino lega il futuro a una mutazione che può sostituire il carbone col gas, o l’altoforno col forno elettrico. L’adeguamento del fondale del porto per lo smaltimento della Concordia, affidato al presidente della Toscana, può aprire la strada a una lavorazione tecnologicamente avanzata e complementare. (Si smantella ogni anno un migliaio di navi, dove costa meno e non si bada all’inquinamento: una decisione del parlamento europeo obbliga dallo scorso aprile a demolire in sicurezza e riciclare “pulito” in cantieri della Ue). Ci sono siti che vecchiezza di impianti e nocività hanno condannato alla chiusura, come la Ferriera di Trieste, dove le dilazioni non fanno che eludere la conversione. Tutto questo vuol dire che occorre un piano siderurgico complessivo, e dunque un complessivo piano industriale. E un legame con un piano siderurgico europeo, senza di che le aziende e perfino le singole città vanno in Europa a mendicare in ordine sparso. Il 5 giugno, data in cui è convocata l’assemblea dei soci Ilva, sarà anche presentato il piano siderurgico della commissione europea: in realtà ancora una cornice generica. A una ridistribuzione sensata si oppongono in molti, e specialmente la Germania, prima produttrice in Europa. L’Italia, che è finora la seconda, può avere un suo ruolo: ma dopo aver instaurato una ragionevolezza responsabile in casa, e prima che i suoi stabilimenti diventino altrettante Bagnoli, impianti esportati in qualche Cina, veleni restati sui suoli di loppa asfaltata.