C.C., Libero 24/5/2013, 24 maggio 2013
LETTA STUDIA LA NAZIONALIZZAZIONE IL SALVATAGGIO ARRIVA CON LE POSTE
«Antò, che chiedi, sono soldi che pigli, stecche». È la miccia che ha fatto deflagrare la bomba Monte dei Paschi. Sono le parole smozzicate di un video diffuso ieri in esclusiva da Repubblica.it che rivela l’esistenza della banda del 5% e che dentro Mps c’era una corruzione diffusa guidata dall’ex capo dell’area finanziaria Gianluca Baldassarri, al gabbio da tempo (si veda l’articolo nella pagina accanto).
Un altro filone marginale delle indagini, collegato al suicidio di David Rossi, il capo area comunicazione, ha portato uno dei consiglieri di Mps nell’«era Profumo» a vedersi recapitare un’ordinanza d’interdizione per due mesi perché su di lui pende l’accusa di «insider trading». Sarebbe stato Michele Briamonte a confermare ai giornalisti l’intenzione del Monte di avviare azione di responsabilità contro Vigni, Mussari, Nomura e Deutsche Bank per la faccenda dei derivati. Nelle scorse settimane si era ipotizzato che Rossi si fosse ucciso a causa di questa fuga di notizie che rischiava di compromettere proprio l’azione di responsabilità intrapresa da Mps, ma gli inquirenti lo hanno smentito così come i difensori di Briamonte negano ogni sua responsabilità.
Resta il fatto che attorno al Monte, che pure giorni fa aveva presentato conti migliori del previsto, le acque restano agitate (ieri in Borsa è scivolato pesantemente di quasi il 4%)e il futuro è sempre più incerto. Alessandro Profumo all’assemblea di bilancio aveva detto chiaro: «I nostri sforzi vanno in direzione di rimborsare i 3,9 miliardi di Monti bond, ma nulla è scontato». Profumo aveva anche ipotizzato di andare alla ricerca di un partner di capitale non bancario. Ed ecco cominciare ad affacciarsi le ipotesi sul futuro di Mps. La prima passa dal fatto che probabilmente sarà abolita la clausola del limite del 4% al possesso di azioni, clausola a difesa della quale è arroccata la Fondazione, il che è prodromico all’ingresso di un socio forte. Chi sarà? La prima ipotesi è che sia il Tesoro stesso. I Monti bond sono di fatto dei convertibili, se Mps non li rimborsa si trasformano in azioni. Ma il Tesoro vuole detenere quelle azioni? Probabilmente no. Ed ecco pronta ad intervenire la Cassa Depositi e Prestiti che diventerebbe il socio forte di Mps. Ma a completare questo intervento pubblico nella banca c’è un altro scenario. Lo avanza l’Espresso nel numero oggi in edicola ed è un intervento di Bancoposte. In tre fasi. Sulla scrivania di Enrico Letta ci sarebbe un’ipotesi di accordo Mps-Bancoposte per cui da prima Bancoposte venderebbe prodotti di Mps attraverso la sua rete di 14 mila sportelli, in una seconda fase si costituirebbe una società ad hoc tra Mps e Poste per gestire gli uffici (il piano industriale di Mps prevede un drastico ridimensionamento delle filiali proprie) e in terza istanza si potrebbe pensare ad una partnership finanziaria di Poste in Mps. Ipotesi di lavoro che - sostiene Massimo Sarmi, ad di Poste Italiane . È circolata già da tempo ma di cui «noi non abbiamo mai parlato. È un’idea ma non è nostra». Eppure è un’ipotesi molto compatibile ed integrata all’altra di far intervenire direttamente nel capitale di Mps la Cdp, attraverso il Fondo strategico finanziario, lo strumento operativo della cassaforte del Tesoro. In questo modo si tratterebbe sì di un intervento pubblico, ma non direttamente imputabile al Tesoro. È un disegno già studiato da una banca d’affari e molto bene avviato. Che si potrebbe realizzare sia che Mps rimborsi i Monti bond sia, e a maggior ragione, che la banca senese debba alzare bandiera bianca. In ogni caso il Monte sarebbe sempre dei Paschi ma non più di Siena.