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 2013  maggio 24 Venerdì calendario

ANDREOTTI BATTE CASSA (DA MORTO)

Gli eredi di Giulio Andreotti (la vedova e i quattro figli) hanno presentato al Senato domanda per avere la liquidazione del Senatore a vita, che dovrebbe aggirarsi su circa un milione di euro. Cifra consistente, che ovviamente ha fatto scandalo in tempi di grande crisi e di tagli ai costi della politica. Secondo il quotidiano Il Mattino la morte di Andreotti era così imprevista che il Senato farebbe fatica a pagare quel milione di euro, non sapendo dove trovarlo. Certo un milione è cifra grande, ma fra le tante prebende cui hanno diritto deputati e senatori, quel tfr che tecnicamente si chiama «assegno di fine mandato» è sicuramente il meno scandaloso. Perché viene da un trattamento dei parlamentari italiani che non è grande privilegio rispetto a quello di tutti gli altri lavoratori. Per avere quel milione Andreotti ha fatto innanzitutto il parlamentare per 65 anni, che non sono certo pochi: 43 anni perché eletto con una preferenza dagli italiani, e 22 anni grazie al fatto che è stato nominato senatore a vita. Certo, in tutti questi anni lo stipendio lordo di Andreotti come di tutti i parlamentari è stato assai più alto di quello della grande maggioranza degli italiani: attualmente è di poco superiore ai 10 mila euro. Ogni mese Andreotti ha versato il 6,7% di quello stipendio lordo in un conto corrente intestato al fondo di solidarietà dei deputati o dei senatori. In un anno accantonano così l’80,4% del proprio stipendio lordo mensile. E come i tutti i parlamentari alla fine del lavoro (nel caso di Andreotti non lui, perché è deceduto, ma i suoi legittimi eredi), ricevono un assegno pari all’80% dello stipendio (indennità) lordo mensile moltiplicato per il numero di anni lavorati. Naturalmente, come avviene per i normali lavoratori, la somma viene rivalutata ogni anno attraverso coefficienti simili a quelli usati per calcolare il Tfr, in modo da tenere conto della rivalutazione della moneta e dell’inflazione corrente. Per capire quel milione, bisogna anche aggiungere che gli attuali 10 mila euro lordi sono - tenendo conto del valore della moneta - una delle cifre più basse prese dai parlamentari negli ultimi 40 anni. Di fatto però l’assegno di fine mandato non è altro che la restituzione di quanto versato dai parlamentari negli anni. Per questo motivo non è possibile che il Senato oggi non abbia accantonato quanto dovuto agli eredi Andreotti: sono esattamente i soldi che il senatore in vita ha depositato su quello speciale conto corrente. Se non ci fossero più - e non è così come ci ha confermato ufficialmente palazzo Madama - significherebbe che sarebbero stati gestiti investendo in titoli tossici e non con la sana e prudente gestione che di solito dovrebbe caratterizzare questo tipo di fondi.
Tutti i senatori a vita hanno regolarmente ricevuto dagli anni ’50 ad oggi quell’assegno di fine mandato: ne sono stati erogati 34, regolarmente incassati alla loro morte dai legittimi eredi (32 volte) o da associazioni di beneficienza a cui preventivamente erano stati finalizzati (2). Solo quattro senatori a vita non hanno ricevuto quell’assegno, semplicemente per il tempo troppo breve della loro esperienza. È stato il caso di Vittorio Valletta, il manager che ha fatto grande la Fiat (9 mesi di laticlavio), del poeta Mario Luzi (4 mesi), di Arturo Toscanini, che rifiutò la nomina ormai avvenuta, costretto quindi alle regolari dimissioni dopo un solo giorno. Il quarto caso fu quello del poeta romano Carlo Alberto Salustri, più noto come Trilussa (che era l’anagramma del cognome): morì 20 giorni dopo la nomina a senatore a vita, ed era ben cosciente di essere alla fine secondo le biografie, perché il giorno della nomina ironizzò: «Mi hanno nominato senatore a morte».
Con i suoi 22 anni da senatore a vita Andreotti non è stato il più longevo nell’incarico: nella classifica generale lo battono Cesare Merzagora (28 anni), Amintore Fanfani (27 anni) e Giovanni Leone (23 anni). Al sesto posto assoluto ci fu Francesco Cossiga, con 18 anni da senatore a vita dopo avere lasciato la presidenza della Repubblica. Il suo è l’unico caso in cui l’assegno di fine mandato è stato inserito nel bilancio pubblico del Senato. Nel conto del fondo di solidarietà per i senatori dell’anno 2010 è indicato il «pagamento agli eredi di persona deceduta» della cifra di 901.818,23 euro. Cossiga è il solo senatore in carica deceduto nel 2010, quindi si tratta sicuramente dei suoi eredi. In bilancio erano stati versati e rivalutati esattamente 901.818,23 euro: quindi è stato restituito agli eredi esattamente la cifra versata da Cossiga. La liquidazione della somma è avvenuta due mesi dopo la sua morte. Nel caso di Andreotti ci vorrà un po’ più di tempo. L’amministrazione del fondo di solidarietà è infatti impegnata in queste settimane nei calcoli per la liquidazione dell’assegno a tutti i senatori non più rieletti, essendo stato rinnovato il Parlamento a fine febbraio. Questa volta sono tanti, assai più che nelle ultime elezioni, quando fra Camera e Senato si liquidarono 27,6 milioni di euro (2001), 35,1 milioni (2006) e 24,9 milioni (2008). Questa volta si arriverà sopra i 40 milioni, e le pratiche sono molte. Gli eredi Andreotti dovranno mettersi in fila, e secondo le stime quel milione arriverà poco prima della chiusura agostana degli uffici.