Cesare Peruzzi, Il Sole 24 ore 26/5/2013, 26 maggio 2013
CARTA E TECNOLOGIE SONO INSEPARABILI
Ricerca della qualità e conti da far quadrare. Il mondo dell’editoria prova a evitare il rischio dello strabismo, che le nuove tecnologie multimediali da sole ancora non riescono a curare con sufficiente efficacia.
È uno scenario in movimento e non privo d’insidie, quello disegnato da alcuni dei principali attori italiani e stranieri del settore dell’informazione e dell’economia presenti al convegno "Crescere tra le righe" che si è concluso ieri nel borgo di Bagnaia, in provincia di Siena, ottava edizione della manifestazione organizzata dall’Osservatorio permanente Giovani-Editori, presieduto da Andrea Ceccherini.
Le preoccupazioni per le imprese espresse dal leader di Confindustria Giorgio Squinzi (vedere servizio in altra pagina); i richiami dell’amministratore delegato di Intesa Sanpaolo, Enrico Cucchiani, alla necessità di rendere il mercato del lavoro italiano attrattivo per i giovani; quelli del presidente dell’Acri, Giuseppe Guzzetti, per un nuovo welfare, e del numero uno del gruppo Sole 24 Ore, Benito Benedini in favore della meritocrazia; hanno dato il quadro di riferimento e indicato alcune delle strade da seguire.
La situazione richiede «coraggio e visione chiara da parte degli editori», «capacità di rimettersi in gioco» e disponibilità a «togliersi un po’ di polvere di dosso» per quanto riguarda i giornalisti, ha più volte sollecitato lo stesso Ceccherini: condizioni alle quali è opportuno aggiungere il fattore equilibrio, al secondo posto (dopo l’obbligo di raccontare sempre la verità) nel decalogo del buon giornalismo che Peter Kann, premio Pulitzer 1972, ha elencato ai ragazzi (250 su oltre 2 milioni) del progetto "Quotidiano in classe" presenti a Bagnaia.
«Per fare informazione di qualità - spiega Kann citando una grande firma italiana come Tiziano Terzani - bisogna scrivere cose vere, in maniera equilibrata, tenendo separate le opinioni, senza essere di parte, evitando di indulgere all’intrattenimento. E poi - aggiunge - è importante ammettere i propri errori, quando si commettono».
Sul terreno della qualità dell’informazione (e dell’interesse dei lettori), la domanda più irriverente ma ben contestualizzata è stata di Fiorenza Marzocchi, studentessa del liceo Enrico Fermi di Salò, che dopo aver ascoltato dalla direttrice del New York Times, Jill Abramson, il modo in cui il prestigioso giornale americano ha raccontato in presa diretta con i mezzi della tecnologia multimediale (video, audio ecc.) la storia di una strage sulla neve provocata da una valanga killer, ha chiesto se «quella che era una vera tragedia non fosse stata trasformata in semplice intrattenimento».
Abramson, prima donna a dirigere il New York Times, ha dato la sua ricetta: utilizzo delle nuove tecnologie, contaminazione tra generi (letteratura, cinema, giornalismo), interattività, importanza dei dettagli nel raccontare la cronaca, capacità di analisi e di approfondimento dei fatti, notizie a pagamento anche sul web. «L’iniziale diffidenza dei giornalisti nei confronti della mutimedialità è ormai superarata e in futuro nel mestiere non ci sarà più la "media", ma solo la qualità o le cose scadenti - aggiunge -. Il progetto del Quotidiano in classe, simile a ciò che noi facciamo a New York, è un’esperienza ottima per avvicinare i giovani alla lettura e aiutarli nella loro crescita come cittadini».
Per Cucchiani, le nuove generazioni «è bene che si abituino a prendere le opportunità di lavoro e di vita là dove ci sono, in Italia come all’estero», ha spiegato ricordando che mentre l’Europa arranca, alcune aree del mondo crescono in maniera importante. «La mia preoccupazione riguarda soprattutto chi, pur volendo, non riesce a fare esperienze fuori d’Italia - sottolinea il manager di Intesa Sanpaolo - e penso che la cosa importante sia rendere attrattivo il nostro Paese, perchè anche chi va possa tornare: in questa ottica, come gruppo, abbiamo lanciato un programma di supporto alle startup tecnologiche».
Guzzetti, numero uno dell’Acri, l’Associazione delle Fondazioni di origine bancaria, 30 delle quali sono sponsor dell’Osservatorio Giovani-Editori, sostiene l’esigenza di «rilanciare un modello di welfare locale, o di comunità, attraverso il volontariato soprattutto giovanile, come risposta al progressivo disimpegno dello Stato e a garanzia della coesione sociale. Sono convinto - dice - che i soldi pubblici che sono finiti non torneranno più: al loro posto vedo l’impegno delle imprese e dei cittadini, che vanno educati fin dalla scuola, anche attraverso la lettura dei quotidiani». Giornalismo come formazione civile, dunque. Lo ha ricordato il direttore del Corriere della Sera, Ferruccio de Bortoli, citando tra gli altri esempi quello di Walter Tobagi, ucciso dai terroristi nel 1980. Ma per avvicinare i giovani «servono giornali meno lenti e più rock, meno giurassici e più cool», dice Ceccherini, che «non lascino soli i ragazzi nel mare magnum della rete» e offrano loro dei «porti sicuri dove capire i fatti». A loro volta, per il presidente dell’Osservatorio, «i giovani devono impegnarsi a essere spine nel fianco del conformismo che, come disse John Fitzgerald Kennedy, è il nemico della libertà e il carceriere della crescita».
Agli editori, Ceccherini chiede «di rimboccarsi le maniche e giocare in attacco»; ai direttori dei grandi quotidiani «di avere più coraggio, puntando alla qualità». L’unica che può portare al successo. «I contenuti sono per un giornale come il cibo per un ristorante», è il commento del premio Pulitzer Kann. Difficile dargli torto.